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Rassegna Stampa
28.10.2009 Una visione irreale della donna musulmana
L'articolo di Igiaba Scego

Testata:
Autore: Igiaba Scego
Titolo: «Quando ride una donna islamica»

Riportiamo dall'UNITA' di oggi, 25/10/2009, a pag. 48, l'articolo di Igiaba Scego dal titolo " Quando ride una donna islamica ".

La tesi di Igiaba Scego è che le donne musulmane non sono sottomesse e discriminate. Per dimostrarlo, descrive la vita di due donne musulmane, le quali conducono una esistenza normale, non sono obbligate a portare il burqa (una delle due dichiara di portare il velo, ma per propria scelta). Un idillio. Da dove provengono queste due donne? La prima, Maysoon Zayid, è un'immigrata di seconda generazione degli Stati Uniti, nata e residente in New Jersey, la seconda, Sumaya Abdel Qader, è un'immigrata di seconda generazione nata e residente a Perugia. Sono, a tutti gli effetti, due donne musulmane e integrate nella socità occidentale. Non vediamo il nesso logico tra la libertà di due donne perfettamente integrate e il resto delle donne musulmane oppresse da mariti e famiglie, religione-ideologia integraliste, costrette a nascondersi sotto ad un burqa, discriminate e umiliate. Igiaba Scego, che vede tanta libertà fra le donne islamiche, ha fatto un viaggio in Afghanistan, in Arabia Saudita, in Malaysia, a Gaza...? Probabilmente no, scrive dalla sua casa in Italia, libera di esprimere la propria opinione e di vestirsi all'occidentale, ben distante dalla degradazione e dall'umiliazione delle donne islamiche dei paesi arabi, alle quali non è concesso di guidare un'automobile, di ridere, di andare in motocicletta, di portare un paio di pantaloni, di studiare, di scegliere il proprio marito, di uscire a fare una passeggiata se non sono accompagnate dal maschio di casa.
Il fatto che in Europa e in Usa vivano donne musulmane libere, non rende le altre meno vittime e meno oppresse.
Ecco l'articolo:

 Igiaba Scego

Sono la donna più oppressa del mondo. Sono una donna musulmana palestinese e disabile. Ho la paralisi celebrale».Ecosì che Maysoon Zayid si presenta e il pubblico per salutarla l’accoglie con una fragorosa risata. Infatti Maysoon è una comica, fa satira e la gente sa che nonostante le sue “sfighe” Maysoonè lì davanti a loro per farli ridere.Eriflettere.Maysoon gioca sui confini del tabù. Lei nata in New Jersey, americana araba, di una generazione travolta dall’11 Settembre, vergine per sua stessa ammissione, se ne frega del giudizio degli altri e comincia a parlare di argomenti scomodi, strani, intimi. Conflitto Israele-Palestina, Iraq, 11 Settembre, ma anche la sessualità, l’amore, l’identità confusa, gli stereotipi, il razzismo e i preconcetti sulla sua disabilità. Lo fa con una leggerezza sferzante. Non fa sconti a nessuno, soprattutto a se stessa. Si mette a nudo per il suo pubblico che alla fine vive le sue stesse lacerazioni. «L’ironia - dice - è trovare nelle pieghe delle storie più tristi anche quelle più divertenti». Anche in Italia ci sono tante Maysoon. Le donne islamiche però sono viste dai nostri media unicamente come oppresse, schiave. Burqa o Burqini. E in mezzo? L’oppressione, ahimè c’èma non riguarda solo le donne islamiche, è una situazione di generale degrado della situazione femminile, basta vedere quello che sta succedendo nella nostra Italia (l’attacco a Rosy Bindi per esempio o la faccenda delle escort). Sumaya Abdel Qader, scrittrice nata a Perugia da genitori palestinesi dice di se stessa: «Sono musulmana, porto il velo, ho iscritto le mie figlie dalle suore Orsoline, navigo sul sito Internet del Vaticano, adoro i Queen e sogno in italiano». Sia Sumaya sia Maysoon per abbattere i muri usano l’arma dell’autoironia e della biografia. Per favore, non chiamiamole più sottomesse.

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