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Rassegna Stampa
12.10.2009 L'opinione di un Nobel per la chimica sui terroristi palestinesi
Ha più valore di altre? Secondo Udg sì.

Testata:
Autore: Umberto De Giovannangeli
Titolo: «Scienziata fiera di Israele, ma liberiamo i palestinesi»

Riportiamo dall'UNITA' di oggi, 12/10/2009, a pag. 22, l'intervista di Umberto De Giovannangeli a Ada Yonat, scienziata israeliana premio Nobel per la chimica, dal titolo " Scienziata fiera di Israele, ma liberiamo i palestinesi ".

Ada Yonath è un premio Nober per la chimica. Questo non fa di lei un'esperta di Medio Oriente. La sua opinione sulla liberazione o meno di terroristi palestinesi detenuti nelle carceri israeliane non ha più valore di quella di un qualunque altro cittadino israeliano che esprime il proprio parere se intervistato. Umberto De Giovannangeli, invece, sciorina tutti i titoli di studio della dottoressa Yonat e poi, compiaciutissimo, inizia l'intervista.
Cercare di convincere il lettore che le vittime siano i terroristi incarcerati perchè lo sostiene un premio Nobel e ricordare che anche Noam Shalit (padre di Gilad) è favorevole alla loro scarcerazione, questa è la tattica cinica di Udg. L'opinione di Shalit è quella di un padre disperato che dichiarerebbe qualunque cosa pur di ottenere dai terroristi di Hamas il rilascio del figlio prigioniero. Per quanto riguarda la dottoressa Yonath, il suo campo, nel quale eccelle, è la ricerca chimica e non la politica. Ecco l'intervista:

 Ada Yonath

La premessa è d’obbligo. «Ho trascorso tutta la mia vita lontano dalla politica e ho tutta l’intenzione di continuare a farlo. Ma questo non mi esime dal prendere posizione su vicende che mi riguardano come cittadina di uno Stato che ho visto nascere. Il “mio” Stato: lo Stato d’Israele». La premessa è d’obbligo. Per due buone ragioni. La prima è che a parlare è una scienziata fresca vincitrice del Premio Nobel per la Chimica: Ada Yonath. Yonath è nata a Gerusalemmeda unafamiglia molto povera, è riuscita a studiare e a laurearsi presso l’Università Ebraica grazie alle borse di studio. E ben presto ha dimostrato di averle davvero meritate:ha ricevuto numerosi premi internazionali, incluso il prestigiosissimo Wolf, sempre per lo studio sulla struttura dei ribosomi, questa volta condiviso con il ceco George Feher. Nel 2002 aveva ricevuto, a livello nazionale, l’Israel Prize. «La ricerca - dice - come l’istruzione sono il motore diun Paese, il più grande investimento sul futuro». «Sono così felice che non ci credo», è stato il suo primo commento ai giornalisti israeliani dopo l’annuncio del Nobel. «Già mi sembrava meraviglioso quando i nostri studi ci hanno dato i primi risultati. Abbiamoancora tante cosa da scoprire, ma abbiamo fatto dei grandi passi avanti». La seconda premessa, altrettanto importante, riguarda il tema su cui la Nobel si esprime e si espone: la liberazione dei palestinesi detenuti nelle carceri israeliane. Ada Yonath non è né sarà mai un politico. Per questo, forse, ha il dono della chiarezza. E del coraggio intellettuale. «Sono - afferma la premio Nobel - per la liberazione di tutti quelli che noichiamiamo terroristi.Sonoperché venganoliberati e nonsolo perché farlo può servire a riavere in vita e finalmente libero il nostro soldato (Gilad Shalit)- Dottoressa Yonath come ci si sente a passare in poche ore dall’essere l’orgoglio d’Israele a «problema»... «Lei dice? Io sono sempremestessa, unascienziata orgogliosa del suo Paese... ». Lei però, con le considerazioni svolte alla radio militare israeliana, ha invaso un campo minato: quello dei detenuti palestinesi da liberare... «Sinceramente non mi sento un “invasore”. Il fatto di essere una scienziata, di aver dedicato la mia vita alla ricerca, non mi ha portato a vivere in una torre d’avorio, avulsa dalla realtà. Ho semplicemente espresso un’idea da cittadina di un Paese libero, democratico che rispetta la libertà di opinione. Se mi guardoattorno, restando inMedioOriente, non riscontro questa libertà in altri Paesi...».  -

Un’opinione, quella sui terroristi da liberare, destinata a sollevare polemiche. «Non era mia intenzione. Però se mi vengono poste certe domande non mi posso autocensurare. Dico quel che penso e in questo caso penso che occorra liberare i palestinesi detenuti nelle nostre carceri. E non solo perché questo atto può avere come contropartita la liberazione del nostro soldato prigioniero a Gaza... ».

Non solo per questo. E per quale altra ragione?
«Perché quando un giovane palestinese è detenuto da noi, cresce la collera dei suoi familiari e dei suoi amici. Noi stessi creiamo così i nuovi terroristi ».
Dottoressa Yonath, i tanti contrari a questa visione delle cose, ribatterebbero che i terroristi, gli «shahid», hanno come loro fine dichiarato,epraticato, la distruzione d’Israele.
«Vede, per quanto mi è stato possibile, ho cercato di documentarmi. L’idea che mi sono fatta è che a muovere questi giovani è prima di ogni altra cosa la disperazione, che li porta a farsi strumento di morte. Io credo che queste terribili cose accadano a chi non ha un orizzonte e una speranza di vita...».
I contrari ribatterebbero che il suo finisca per assomigliare molto ad un atteggiamento giustificazionista.
«Non lo è, non vuole esserlo. Lungi dame erigermi a giudice o a dispensatrice di sentenze. Cerco solo di provare a capire i meccanismi che hanno portato molti giovani palestinesi a partecipare ad attentati.Misonochiesta cosa l’abbiano spinti a farlo... ».
Perché hanno subito il lavaggio del cervello, risponderebbero in molti....
«È una risposta anche questa, che rispetto, dico però che non è la mia. Posso sbagliarmi, ma ritengo che molti sono diventati terroristi perché erano privi diun orizzonte politico e di una speranza. Pertanto non faceva loro più differenza che anche altri non vivessero più».
 In un recente colloquio con l’Unità,Noam Shalit - il padre di Gilad, il caporale israeliano rapito il 25 giugno 2006 e da allora nelle mani di Hamas - ha affermatocheunoscambiodi prigionieri non sarebbe per Israele una prova di cedimento ma di lungimiranza.
 «Sono d’accordo con il signor Shalit. E penso anche se non ci fossero terroristi nelle nostre prigioni, israelianinon verrebbero più rapiti per ottenere la loro liberazione. Ciò di cui sono convinta è che abbiamo il futuro nelle nostre mani. Israele è un grande Paese, può scommettere su un futuro di pace. E agire per realizzarlo ».

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