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Il Sole 24 Ore Rassegna Stampa
07.12.2010 Elezioni in Egitto. Meglio Mubarak dei Fratelli Musulmani
Anche a costo di brogli. Ma Tramballi non la pensa così

Testata: Il Sole 24 Ore
Data: 07 dicembre 2010
Pagina: 13
Autore: Ugo Tramballi
Titolo: «Elezioni farsa per preparare il dopo-Mubarak»

Riportiamo dal SOLE 24 ORE di oggi, 07/12/2010, a pag. 13, l'articolo di Ugo Tramballi dal titolo " Elezioni farsa per preparare il dopo-Mubarak ".


Ugo Tramballi

Una domanda a Tramballi: sarà anche giusta la sua analisi, ma allora avrebbe dovuto aggiungere che un Egitto dal comportamento democratico e occidentale scomparirebbe all'apertura delle urne per lasciare il posto a una dittatra islamista dei Fratelli Musulmani. E' questo che si augura Tramballi ?
Il dubbio è lecito.
Ecco l'articolo:

Ci è voluto un po' per i risultati finali perché non è facile inventarsi una novantina di seggi per le opposizioni. Nessuno sospettava che le elezioni politiche in Egitto fossero una cosa seria ma nemmeno fraudolente in modo così specchiato. Cinque anni fa agli oppositori era stato lasciato un 20%. Questa volta il sistema ha dovuto barare sui suoi stessi dati fraudolenti perché una novantina dei 508 seggi parlamentari andassero agli altri, indipendenti e opposizione.

Domenica 28 novembre c'era stato il primo turno. Dei 222 seggi in lizza il Partito democratico nazionale di Hosni Mubarak ne aveva vinti 209. Nessuno ai Fratelli musulmani, che avevano 88 deputati, due ai liberali del Wafd. I due principali partiti di opposizione hanno così deciso di non partecipare al ballottaggio di domenica. Il margine è imbarazzante, da Corea del Nord. Per quanto il regime egiziano non avesse mai avuto un Thomas Jefferson nelle sue fila, mai era arrivato a tanto. Non c'è spiegazione se non nelle elezioni presidenziali dell'anno prossimo. La questione non è se il partito di potere vincerà: una serie di "riforme" rendono virtualmente impossibile una candidatura credibile fra le opposizioni.

Il problema è semplice ma comunque serio: se a 83 anni e dopo 30 anni di governo senza aver mai nominato un vice, Mubarak si ricandiderà. Sarà un momento delicato di possibile transizione e il regime non vuole che la stabilità del paese sia messa a rischio. La scarsa partecipazione al voto e il silenzio internazionale sulla frode alle politiche dimostrano che il problema della stabilità è una priorità condivisa.

«Se Mubarak si ritira, Gamal sarà all'estero o in galera», diceva Abu al-Futuh dei Fratelli musulmani. Non è così semplice: la Fratellanza non sa molto di quello che accade nel Partito democratico nazionale. Gamal Mubarak, 46 anni, secondo figlio maschio di Hosni, resta il candidato numero uno: se il padre si ritira. Dal 2002, quando il giovane tecnocrate è entrato ufficialmente in politica, la situazione illustrata da chi sa o crede di sapere, è questa: da un lato la "vecchia guardia" con Safwat al-Sharif, Zakaria Azmi e Mufid Shebab, i sodali della prima ora di Hosni Mubarak; dall'altro la "nuova guardia": Gamal, Ahmad Ezz, Ali Hilal al-Dessouk, il premier Ahmad Nazif e Rachid Mohamed Rachid. I tecnocrati. In mezzo i militari e i servizi segreti di Omar Suleiman, più potenti di tutti.

Una fotografia credibile del regime ma una fotografia del 2002. Difficile che da allora a oggi, con almeno un paio di seri allarmi sulla salute del presidente, lo scontro fra vecchi e giovani non sia stato risolto. Se questo può aiutare, diversamente dai Fratelli musulmani, americani e israeliani hanno già fatto sapere di non essere ostili a Gamal. Lo scontro di potere potrebbe dunque essere già stato risolto: quella in corso sarebbe già l'educazione al potere di un nuovo leader. Solo pensando alla transizione si spiegherebbe l'inspiegabile andamento delle elezioni parlamentari.

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