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Il Sole 24 Ore Rassegna Stampa
09.09.2010 Iraq: come al-Qaeda recluta nuovi terroristi
il reportage di Alberto Negri

Testata: Il Sole 24 Ore
Data: 09 settembre 2010
Pagina: 11
Autore: Alberto Negri
Titolo: «Fadil, dove al-Qaeda recluta i ragazzi»

Sul SOLE24ORE di oggi, 09/09/2010, a pag.11, con il titolo "Fadil, dove al-Qaeda recluta i ragazzi ", il reporatage di Alberto Negri dall'Iraq:


Iraq, terroristi di al-Qaeda

BAGHDAD. Dal nostro inviato
Avvolto nella tunica tradizionale, la disdasha, Eydan Kaftan parla stringendo il pugno in segno di sfida ma il suo volto scavato da sessantenne sembra quello di un uomo più anziano e provato. Eydan è il padre di Seif, 20 anni, combattente di al-Qaeda del quartiere di Fadil. Abbraccia il giornalista Muhammed al-Obaidi con trasporto: «Muhammed, se Allawi diventa primo ministro sono sicuro che mio figlio lascia le armi e torna a casa. Ma se non accade mi arruolerò con lui». Bisogna venire qui a Fadil per capire cosa è stata la guerra irachena e forse intuire come sarà domani. Un assaggio lo abbiamo già avuto. Per la seconda volta in 48 ore le forze di sicurezza del governo al-Maliki sono entrate arrestando 120 giovani: un rastrellamento a maglie larghe, senza un motivo particolare se non tenere sotto pressione la roccafforte sunnita nel cuore della capitale.
I vincitori non danno tregua alla minoranza dominante ai tempi di Saddam. La guerra civile si affievolisce ma non c'è pace né riconciliazione mentre rimane aspra la diffidenza settaria: il timore dell'" altro", alimentato dalla memorie sanguinose del conflitto, è palpalbile.
La prima domanda che si rivolgono i cittadini di Baghdad è «Da dove vieni?», per capire immediatamente se sei sciita o sunnita e che storia puoi avere alle spalle. Come nella dimenticata Algeri degli anni 90, quando i massacri fecero 150mila morti: se abitavi a Bab el Oued, bastione del Fronte islamico, eri già condannato. Un'atmosfera pesante che richiama Beirut o Sarajevo. Si respira un'aria più sollevata solo nella ripresa della vita notturna, tra le luci fioche dei ristoranti sul Tigri, i locali di Arasat, i nuovi internet cafè e l'unica discoteca sotterranea rimasta aperta, il cui indirizzo però è il segreto più impenetrabile di Baghdad.
Il padre di Seif accetta di farsi di fotografare con un gesto rischioso, in un appello quasi disperato, dibattuto tra rabbia e dolore, perché immagina il figlio senza scampo, destinato a una morte inutile, senza nome e sepoltura. Non ci sono amnistie per quelli come Seif e non c'è troppa speranza neppure per gli iracheni che hanno costituito le milizie sunnite Sahwa, il Risveglio, appoggiate dagli americani, per dare la caccia ai terroristi: gli sciiti vincitori non hanno nessuna seria intenzione di reintegrarli nelle forze di sicurezza. Dopo essere stati per un paio d'anni sul libro paga del generale David Petraeus, lo stratega della surge ,
sono finiti ai margini, ai tavoli dei bar o peggio.
Forse si salveranno i capi. Qualche tempo fa è stato condannato alla forca con l'accusa di terrorismo il leader locale di alSahwa Adel Mashadani: la sua faccia larga, il collo robusto, i baffetti curati sotto il berretto militare, comparivano sui network internazionali, era il crudele Masaniello di Fadil. Ma a quanto pare non è stato impiccato: gli Stati Uniti hanno ottenuto per lui un comodo esilio in Turchia. Mashadani, nel momento fatale, faceva stendere i guerriglieri di al-Qaeda sul selciato a faccia in giù e li giustiziava con un colpo alla nuca. Ma allo stesso modo Adel ammazzava pure gli sciiti seguaci di Muqtada al-Sadr: «Il Risveglio di Petraeus non esiste quasi più a Fadil: i miliziani che prima venivano coccolati dagli americani sono rimasti senza stipendio a difendersi dalle vendette», dice Muhammed al-Obaidi, che ho conosciuto qui da ragazzo, dopo la guerra, e oggi è un trentenne veterano del New York Times.
Muhammed sembra avere tutte le chiavi di Fadil. Passiamo davanti al ristorante " Ongor",famoso per la testa d'agnello e a una sala di "Chalgi al-Baghdadi", la musica tradizionale, per poi entrare in un cortile fatiscente dove Ahmad Janabi, 25 anni, si guadagna 400 dollari al mese cucendo materassi: «Sembra un buon lavoro ma pago un affitto da 150 dollari e 50 per la luce di un generatore privato, perché la corrente "nazionale" arriva solo due ore al giorno». "Ero già stato reclutato da al-Qaeda ma mi sono pentito, sono dovuto scappare altrimenti mi ammazzavano ». Ha invece l'aria affluente Haydar Raad, 23 anni, rampollo di una dinastia di commercianti: «Il mio incarico in alQaeda era di raccogliere le armi da terra dopo un attentato: mio padre mi fermò per spedirmi in Siria». Ma Haydar è tornato a vivere a Fadil, rifiutando la villa con vista sul Tigri.
La deriva terroristica del giovane Seif comincia nel 2001 dopo l'11 settembre.«Fu allora-racconta Eydan- che cominciò ad appoggiare la Jihad, poi sul finire del 2002 comparvero i primi mujaheddin dall'Afghanistan, dal Marocco, dall'Egitto, dalla Siria: molti avevano attraversato il confine dall'Iran o dall'Arabia Saudita. Quando nel 2003 arrivarono gli americani, la resistenza aveva già mitragliatori, lanciarazzi, granate e soprattutto soldi: lui si occupava di mettere bombe ed esplosivi, veniva pagato di volta in volta, a ogni missione che portava termine».
Gli attacchi erano diretti contro gli americani ma la lotta più feroce è stata contro l'Esercito del Madhi di Muqtada al-Sadr. In una sola battaglia a Fadil ci furono 194 morti. Nel 2008 venne reclamizzato un tentativo di riconciliazione tra sciiti e sunniti con l'abbattimento di muro che segnava il confine tra le due comunità. Ma ora che gli americani se ne sono andati, anche se restano dietro le quinte, i miliziani sciiti di Sadr e le brigate Badr di alHakim continuano il lavoro della pulizia settaria di Fadil con le stellette da ufficiale dell'esercito e della polizia. Ci si preoccupa del vuoto che lasceranno gli Stati Uniti e qui c'è già una prima risposta: comincia la nuova "guerra sporca" di Baghdad, dove forse non scorrerà lo stesso fiume di sangue dei sette anni passati ma sarà ugualmente una resa dei conti penosa, con arresti arbitrari, morti sospette, omicidi mirati. Somiglierà più alla cronaca di una guerra di mafia, collegata alla corruzione dilagante, che a un conflitto, quindi interesserà di sfuggita i media che prima di Obama hanno già iniziato la ritirata dell'informazione da Baghdad.

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