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Giorgia Greco
Libri & Recensioni
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Silvana De Mari, Io mi chiamo Yorsh 16/01/2012

Silvana De Mari                         Io mi chiamo Yorsh
Fanucci                                       euro 9.90

La letteratura fantasy, i racconti fantastici di Tolkien e Lewis, la stessa saga di Harry Potter, contiene non solo i grandi valori, la lealtà, il coraggio, la cavalleria, ma contiene soprattutto i valori della spiritualità biblico evangelica e questo libro non fa eccezione. La seconda realtà sempre contenuta nella letteratura fantastica, protetta dall’ambientazione irreale e del lieto fine che prima o poi arriva, c’è l’infinita capacità umana di creare e provare dolore, il lato oscuro e terribile dell’essere uomo, della rinuncia all’istinto, del libero arbitrio.
Io mi chiamo Yorsh  è il mio secondo libro dove parlo della lebbra. La lebbra è una malattia totale, come la sua consorella la tubercolosi, una distruzione di ogni parte di noi.
Prima della scoperta dei chemioterapici che le bloccano, lebbra e tubercolosi erano paragonabili al cancro dove il cancro non sia curabile, altrettanto devastanti , ma molto più lente e, in più, contagiose.  Uccidevano e uccidevano sempre, dopo aver coinvolto ogni parte del corpo.
La tubercolosi è una malattia nascosta. La leggenda dei vampiri nasce dalla tubercolosi. Persone forti, che sembravano in buona salute, diventavano sempre più deboli ed esangui.
La lebbra invece era mostruosa e, come tutte le malattie che sfigurano, è stata giudicata una maledizione divina, quindi il simbolo di una colpa.
I lebbrosi erano colpevoli di tutti i mali, il capro espiatorio sempre sotto mano quando bisognava saldare il conto al fato. Insieme agli Ebrei. Con gli Ebrei  condivisero l’accusa di avere causato la peste del quattordicesimo secolo. Insieme agli Ebrei hanno condiviso i roghi: interi ghetti furono bruciati, anche i bambini, anche i neonati.
“Nel 1321” si legge nella cronaca del monastero di Santo Stefano di Condom, “cadde in febbraio moltissima neve. Furono sterminati i lebbrosi. Cadde di nuovo molta neve prima della metà di quaresima, poi venne una grande pioggia”.
La frase “Furono sterminati i lebbrosi” ha lo stesso patos con cui si potrebbe scrivere: sono stati potati i frutteti.
Questo libro fonde l’archetipo fantastico del principe ranocchio, e la realtà storica dei Cagot, gli intoccabili, i figli sani di donne lebbrose. I Cagot sono documentati in Spagna, Provenza ed altre regioni dell’Europa occidentale, erano  atrocemente discriminati, se avessero toccato l’acquasantiera o il cibo dei non Cagot avrebbero avuto le mani amputate. Dovevano segnalare la propria condizione portando sempre una zampa di anatra di panno giallo cucita sugli abiti. La maggior parte dei lavori era loro interdetta.
Questo libro parla delle linee su cui si attua un genocidio.
Questo libro parla della più antica e più totale delle violenze sulle donne. Parla dello stupro.
E di come quella violenza possa essere trasformata nel più grande dei gesti di compassione: la nascita di un bambino che la madre accetta di amare.
Due personaggi della saga nascono in questo modo, ed uno Rankstrail, è il protagonista assoluto, il personaggio dopo il quale il mondo sarà per sempre cambiato.
Non è una statistica azzardata: nella genealogia di ciascuno di noi, tra romani, ostrogoti, visigoti, unni e lanzichenecchi, c’è almeno un antenato nato dopo una violenza. Dietro ad ognuno di noi quindi c’è questo istante di compassione in cui la vita nata non è stata spezzata. Senza quell’istante nessuno di noi esisterebbe. Nessuno.
Nel libro c’è un minuscolo pezzo di nastro giallo.
Arriva da Gerusalemme, dalla tenda dove i genitori di Gilad Shalit, ragazzo rapito diciottenne e rimasto in cattività per cinque anni,  lo hanno aspettato non invano. La vicenda di Gilad Shalit mi ha sconvolto. Gilad e mio figlio sono coetanei.
Negli anni in cui Gilad è stato rinchiuso mio figlio ha dato la maturità, è andato negli Stati Uniti, ha cominciato l’università e ne ha fatto i due terzi, ha avuto e ha dato amicizia e amore, è stato vivo e libero: sono quegli anni in cui un uomo e una donna formano sé stessi. In quegli stessi anni Gilad è stato rinchiuso senza la luce del sole né la possibilità di sentire la voce di sua madre. I nastri sono stati presi  per testimoniare la nostra presenza a fianco della famiglia Shalit. I diritti del libro sarebbero dovuti servire a pagarli, così da sovvenzionare la famiglia Shalit e la sua tenda, ma ora che Gilad con nostra infinita gioia è tornato a casa,  la sua famiglia non ha più bisogno di nulla, e non desidera più nulla salvo che tutti possano vivere in pace. Quei nastri sono  un loro dono quindi, e  serviranno   per testimoniare la nostra presenza a fianco di tutti gli ostaggi in mano alla barbarie, e i proventi del libro serviranno per dare aiuto a coloro che sono nella tempesta.
C’è, più corretto dire c’era, una terza persona coetanea di mio figlio e di Gilad, la cui vita è stata stroncata. E’ Maryam, fanciulla egiziana copta uccisa la notte di capodanno durante la messa nella sua chiesa.
La cristianità perseguitata è quindi l’urgenza.
I diritti di questo libro andranno a sostenere la comunità copta di Torino, perché sostengano qualcuno dei centomila profughi cristiani copti che negli ultimi mesi hanno lasciato l’Egitto. In ricordo di Maryam. Perché il suo sorriso non sia perso per sempre.
Perché è un dono che le arriva da Gerusalemme, quel minuscolo pezzo di nastro giallo. Perché i terroristi islamici che hanno ucciso Maryam sono gli stessi che hanno rapito Gilad. Perché l’esplosivo con cui è stata uccisa Maryam e martirizzati i cristiani egiziani, è stato pagato dall’agenzia per i rifugiati dell’ONU che negli ultimi 60 anni ha dato il 90% dei suoi fondi alle associazioni palestinesi perché fossero riconvertiti in esplosivi ed odio. Esplosivi ed odio in origine per gli israeliani, cos’ da trasformare Cisgiordania e Gaza nel martello dell’antisemitismo mondiale, certo, ma ora grazie al denaro e al consenso quell’esplosivo e quell’odio sono talmente cresciuti che ce ne è per tutti. 

Silvana De Mari


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