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Giorgia Greco
Libri & Recensioni
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Edmund De Waal, Un’eredità di avorio e d’ambra 12/09/2011

Un’eredità di avorio e d’ambra               Edmund De Waal
Bollati Boringhieri                                      Euro 18

Edmund de Waal è un artista contemporaneo che ha deciso di ricostruire l'avventura degli antenati attraverso la loro raccolta di statuette.
Il suo libro è diventato un affresco del secolo scorso.
In quelle piccole figurine c'è ciò che resta di un'antica ricchezza e dei fasti del passato.
Nelle pagine del volume si attraversano gli anni, gli eventi e i luoghi.
E' un piccolo, misterioso popolo di avorio, ambra o legno prezioso, sono topolini che si mordono, nespole quasi sfatte, volpi sotto la luna, vespe sul nido, coppie nude in amore, servitori addormentati, serpenti arrotolati, minuscole sculture accecanti di grazia e verismo. 264 statuette che stanno nel pugno, fatte per essere accarezzate come segreti portafortuna, leggiadre figurine spiritose, anche molto antiche, dimenticate dall'interesse antiquario, conosciute col loro nome giapponese: netsuke, indispensabili accessori del kimono maschile, che sostenevano alla cintura minuscoli contenitori per il tabacco. Oggi quelle figurine si trovano nella casa londinese di Edmund de Waal, venerato artista contemporaneo della ceramica (sua per esempio l'immensa installazione sospesa a un soffitto del Victoria & Albert Museum): le ha ereditate da uno zio, e la luce che questa esotica collezione emana nel cuore del suo attuale proprietario è legata alla sua stessa storia, al suo girovagare per il mondo, all'essere tutto ciò che resta di una immensa ricchezza, di una passione per l'arte, di una dolce vita Bell'Epoque; dell'enorme hotel particulier di famiglia in rue de Morceau a Parigi, del monumentale Palais sulla Ringstrasse a Vienna, costruiti entrambi nel 1871; e dei tesori rinascimentali, e dei capolavori degli impressionisti, e di un modo di vivere fastoso, colto, elegante e sfrenato. "Io voglio scoprire quale rapporto ha legato questo oggetto di legno che mi sto rigirando tra le dita - duro, semplice solo all'apparenza, giapponese - ai luoghi che ha attraversato… Voglio entrare in ogni stanza in cui questo oggetto ha vissuto… E voglio sapere in quali mani è stato, cosa provavano e cosa ne pensavano i proprietari, se mai ne pensavano qualcosa. Voglio sapere di quali vicende è stato testimone…" scrive de Waal. Questo itinerario a ritroso che incarica una folla inseparata di arcane mini sculture di raccontare il loro passato intrecciato a quello di una grande famiglia e del suo tempo, entrambi dissolti dagli eventi tragici del secolo scorso, è diventato il suo incantevole Un'eredità di avorio e ambra (Bollati Boringhieri, pp. 397, euro 18). La storia di questa eredità inizia a Parigi quando Charles Ephrussi, collezionista generoso e compulsivo, in pieno "japonisme" parigino (il Giappone si è appena aperto ai commerci con l'Occidente) acquista questa assoluta novità dall'antiquario Sichel, in compagnia della sua inseparabile amante con cui condivide la passione per Wagner, la rossa Louise Cahen d'Anvers, moglie di un banchiere ebreo, madre di cinque figli, piena di spasimanti. Charles è il terzogenito di un ramo della famiglia Ephrussi, che da Odessa, famosa per le sinagoghe e le scuole rabbiniche, per la musica e la letteratura, si è divisa tra Parigi e Vienna: gli ebrei Ephrussi sono i più grandi distributori mondiali di frumento, diventano potentissimi banchieri, e Charles può non occuparsi degli affari e dedicarsi alla sua passione, scrivere d'arte e collezionare arte. Sistemati in una bacheca di lacca nera col fondo di specchio nello studio di Charles, i suoi netsuke lo seguono mentre lui cura il catalogo dei disegni di Dürer o raccoglie in soli tre anni ben quaranta quadri di impressionisti, da Berthe Morisot a Mary Cassatt, da Degas a Renoir, compreso il famoso mazzo di venti asparagi dipinto da Manet, che ispira a Proust, nella Recherche, la rabbia del duce di Guermantes contro il pittore Elstir che gli chiede 300 franchi per un quadretto simile: mentre l'amico Charles pagherà generosamente l'artista, più di quanto da lui richiesto. Forse a un certo punto i suoi netsuke non gli dicono più niente, e diventano il suo regalo di nozze al cugino Viktor, ramo viennese, che sposa la bella e poi molto infedele Emmy, pure lei ebrea, pure lei figlia di banchieri. Relegati nel suo boudoir, ci giocano i piccoli Ephrussi, mentre la mamma impiega 40 minuti per sistemarsi i riccioli sotto il grande cappello, per andare a un ricevimento o da un amante. Attraverso la presenza muta della collezione d'avorio, legno e ambra, de Waal ricostruisce non solo il fasto e la quotidianità dei suoi nonni e bisnonni, ma anche il serpeggiare violento dell'antisemitismo attorno a loro, premonitore delle future immense tragedie. C'è il drammatico caso Dreyfus, ebreo, condannato all'ergastolo per spionaggio, benché innocente, e ci sono artisti che rompono l'amicizia con Charles Ephrussi perché ebreo come il supposto traditore: e sono Degas, Cézanne, Renoir. Anche lo Swann della Recherche è ebreo, e per quanto assomigli al dandy d'epoca Charles Haas, ricorda molto l'amico di Proust Charles Ephrussi che accompagna per Parigi la regina Vittoria come Swann il principe di Galles. Quando i netsuke arrivano come regalo di nozze nel palazzo del cugino Viktor, nel 1899, a Vienna vivono 145mila ebrei e l'antisemitismo si è già diffuso come a Parigi. Ma sulla Ringstrasse non c'è da sorprendersi se ti fanno volare il cilindro dalla testa perché hai la faccia da ebreo, o se all'università si leva il grido "Fuori gli ebrei!", mentre ci sono giornali che dichiarano guerra "all'ebreo, al vampiro assetato di sangue…". Dopo la guerra, nel 1922, esce un inquietante romanzo, di gran successo, intitolato La città senza ebrei. Poi, nel marzo 1938, succede. Con l'annessione dell'Austria alla Germania e l'ingresso di Hitler a Vienna, da un giorno all'altro si scatena la persecuzione più feroce d parte dei viennesi stessi, gli Ephrussi vengono rapinati di tutto, tranne, a differenza di milioni di ebrei, della vita, perché ottengono il permesso di espatrio: ma Emmy, ancora bella a 58 anni, non ce la fa, e nella fuga muore, forse suicida.
Di tutte le immense ricchezze di famiglia, di tutto un modo di vivere immemore e opulento, oggi non restano che quei minuscoli 264 netsuke: li ha sottratti alla rabbia e alla cupidigia nazista la cameriera non ebrea di Emmy, una Anna che de Waal non è riuscito a identificare, infilandoli uno ad uno, per giorni e giorni, nelle tasche del grembiule, per poi nasconderli nel suo materasso. Alla fine della guerra li restituirà tutti ad Elisabeth, la figlia maggiore di Viktor, diventata avvocato, che ha sposato l'olandese Heinrick de Waal. Elisabeth pensa che topolini e lepri e mendicanti e acrobati e fanciulle nude, leggeri e lucenti, che a tante meraviglie e tanto orrore hanno assistito imperturbabili, abbiano diritto di tornare a casa, nel paese da cui erano partiti tutti insieme un secolo prima; e li dona al fratello Iggie, che da tempo vive a Tokyo col giovane compagno giapponese Jiro. Nel 1994, alla morte di zio Iggie, il piccolo popolo dei netsuke riprende il viaggio per fermarsi, per ora, a Londra, briciola rimasta di una immensa ricchezza perduta, solitario reperto di una grande famiglia dispersa che aveva le spighe di grano nello stemma; stanno nella casa d'artista di Edmund de Waal, 47 anni, storico dell'arte, critico e ceramista, inglese, figlio dell'olandese Victor de Waal, figlio di Heinrick de Waal e di Elisabeth Ephrussi, nonna di Edmund; nata a Vienna, figlia di Viktor, nato ad Odessa, figlio di Ignace, nato a Berdicev, figlio di Charles Joachim Ephrussi, nato a Berdicev nel 1793.

Natalia Aspesi
La Repubblica - R2 Cultura


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