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Giorgia Greco
Libri & Recensioni
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Eric Lamet, Il bambino nel paese del sole 04/07/2011

Il bambino nel paese del sole        Eric Lamet
Traduzione di Ilaria Katerinov
Sperling & Kupfer                               Euro 18

Nel marzo del 1939, quando Hitler invade l’Austria, Eric Lamet, otto anni, ebreo, con la sua famiglia lascia Vienna per l’Italia. Scelta sbagliatissima, visto che le leggi razziali sono già in vigore da diversi mesi. Poi, con l’entrata in guerra, nel 1940, la vita di Eric e di tutti gli ebrei stranieri diventa durissima. Lui e la madre vengono confinati a Ospedaletto, un paesino tra le montagne in provincia di Avellino. Un luogo fuori dal mondo, ma non dalla guerra. A Ospedaletto vengono internati anche gli antifascisti e il piccolo Eric, insieme alla morte, all’odio e alle privazioni, scoprirà l’umanità di un popolo che non li abbandonerà e che lui non abbandonerà. Eric Lamet alla fine della guerra è rimasto in Italia, a Napoli, fino al 1950.
Perché ha aspettato 60 anni per scrivere la sua storia?
“Non ci avevo mai pensato. Poi, un giorno, dopo che avevo raccontato parte della storia davanti un gruppo di signore, una di loro mi suggerì di scrivere un libro, dicendo di farlo anche solo per i miei figli. E così è stato”.
Ha mai rimpianto di avere lasciato l’Italia per l’America?
“Per molto tempo, no. Solamente negli ultimi anni, ho avuto grande nostalgia dell’Italia in generale, e di Napoli in particolare, sicchè ora ci torno spesso”.
Qual è il ricordo più struggente della sua odissea di quei 67 mesi?
“E’ il giorno della partenza da Vienna, quando, alla stazione, una donna grossolana e cinica mi fece denudare senza alcun riguardo e mi ispezionò”.
E quale il momento in cui ha avuto più paura?
“Quando, anni dopo, la bomba che avevo fabbricato per un attentato non esplose. Mi toccò recuperarla e scoprire per quale motivo non fosse scoppiata”
Nel suo libro non c’è rabbia, né risentimento. Come ha fatto a liberarsene?
“Ho imparato che la rabbia, l’odio e il risentimento avvelenano il sangue e rendono la vita triste. Preferisco essere positivo e dimenticare le offese patite, salvo, naturalmente, la perdita di tutta la mia famiglia in Polonia. Nonni, zii, cugini…Più di sessanta parenti. Tutti massacrati dai nazisti. Un vicino di casa ci raccontò di avere visto un soldato tedesco sparare a mio nonno per la strada, di fronte alla sua abitazione. E’ questo che non voglio dimenticare”.

Brunella Schisa
Il venerdì di repubblica


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