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Giorgia Greco
Libri & Recensioni
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Dova Cahan, Un askenazita tra Romania ed Eritrea 28/03/2011

Un askenazita tra Romania ed Eritrea         Dova Cahan
GDS edizioni                                                        Euro 14

Un sottile fil rouge lega con il cesello del sentimento due straordinari libri di memorie apparsi recentemente nel panorama letterario italiano: quello di Carolina Delburgo, di cui abbiamo scritto in queste pagine, narra le vicende della sua famiglia prima e dopo la fuga dall’Egitto nel 1956, quello di Dova Cahan, “Un askenazita tra Romania ed Eritrea”, è un atto d’amore ad un padre molto amato, un uomo coraggioso che si è prodigato per il bene della comunità ebraica prima in Romania, poi in Eritrea, riuscendo a tramandare nelle figlie l’ideale sionista che ha ispirato tutta la sua vita.
Entrambi i libri si impongono come documenti storici, oltre che tasselli preziosi nell’arduo ma imprescindibile percorso di conoscenza e conservazione della Memoria.
Dova Cahan, israeliana di origini rumene, non è una storica ma il suo libro è un viaggio ricco di interessanti informazioni che partendo dalle comunità askenazite romene attraverso quelle sefardite degli ebrei di Eritrea – formate in prevalenza da ebrei yemeniti e adeniti - giunge in Erez Israel dove l’autrice insieme alla sorella Lisa è andata a vivere nel 1967.
Il libro è strutturato in tre parti, ciascuna delle quali delinea momenti storici e di vita vissuta nei quali il padre, Herşcu Şaim Cahan, rimane la figura centrale, il perno attorno al quale si declinano le pagine narrate da Dova Cahan. Fervente sionista fin dall’adolescenza (“..il sionismo per lui significava il cammino verso nuove condizioni spirituali ed emozionali”) Herşcu si prodiga per la salvezza degli ebrei in un’ epoca caratterizzata dalle persecuzioni delle Guardie di Ferro del maresciallo Antonescu, di orientamento filo-nazista.
Finita la guerra il breve periodo di prosperità economica che spinge i genitori di Dova ad acquistare una casa a Bucarest è interrotto dall’avvento al potere dei comunisti nell’aprile del 1948. Per sfuggire agli agenti della Securitate la famiglia Cahan lascia dunque la Romania con “la speranza di riuscire a seguire l’ideale sionista di recarsi in Palestina” e di compiere l’alyah.
Respinti dagli inglesi giungono come profughi in Eritrea e verso la fine di febbraio 1948 si stabiliscono ad Asmara: colonia italiana dalla fine del 1800, costruita come una moderna Roma rimase rifugio per gli italiani “in una insolita convivenza tra vincitori e vinti” anche dopo la partenza degli inglesi ed infine quando nel 1951 l’Eritrea viene affidata dalle Nazioni Unite all’Etiopia.
Aiutato inizialmente dal cognato Boris Gwircman che insieme alla moglie Lea vivevano da tempo ad Asmara, papà Herşcu non si perde d’animo e rimboccatosi le maniche per sostenere la famiglia si lancia in varie esperienze nel mondo degli affari; dopo essersi occupato di importazione di tè da Ceylon, di carta di cancelleria inglese e di altri prodotti, fonda una fabbrica di carne in scatola, carne congelata e sottoprodotti, la Emco che offre opportunità di lavoro a centinaia di operai. Infine, insieme al cognato Boris e a Yacov Meridor, si dedica al progetto Incode, una produzione di carne in scatola kasher da esportare in Israele.
Membro di spicco della comunità ebraica in Eritrea, Cahan diventa anche un rappresentante di rilievo nel Congresso sionista continuando a coltivare nel suo cuore il sogno di potersi trasferire in Erez Israel.
Purtroppo, a volte, la vita deraglia in modo drammatico dal suo corso e i progetti a lungo attesi non si realizzano: alla vigilia della partenza per Israele il 3 marzo 1974 Herşcu muore all’improvviso per un collasso cardiaco.
Se dal 1967, anno in cui Lisa e Dova si trasferiscono in Israele, i viaggi in Eritrea erano continuati con frequenza anche per mitigare l’intensa nostalgia causata dalla lontananza dai genitori, quel lutto così atroce chiude per le giovani Cahan il capitolo Eritrea.
Tuttavia i lunghi anni trascorsi ad Asmara hanno lasciato un’impronta indelebile che ritroviamo nelle pagine che ricordano con commozione e intensità i luoghi frequentati da Dova e dalla sua famiglia e dove erano soliti trascorrere ore serene: in Corso Italia ad esempio “l’indimenticabile Bar Rex, ritrovo dove si andava la domenica a prendere il gelato o il caffè, o il tè del pomeriggio, sedute al tavolino nella grande sala interna…”
In Israele Dova, di origini romene e di cultura italiana, completa la sua formazione laureandosi in inglese e francese presso l’Università di Tel Aviv e segue con apprensione i momenti difficili  che il giovane Stato ebraico ha dovuto affrontare, le guerre, il terrorismo fino all’ultimo conflitto in Libano del 2006.
Quello di Dova Cahan non è solo un prezioso libro di storia che ci introduce con sapienza e rigore alle vicende delle comunità ebraiche di Romania e di Eritrea, ma è anche un’opera che induce a riflessioni suscitando profonda commozione. Bellissime e delicate sono le pagine di una narrazione più intima che ritraggono mamma Ester, la tipica Yiddishe mame che, ricorda l’autrice “…ci ha dato la formazione ebraica, la dirittura morale e quella religiosa della kasherut che ancora oggi ci animano”. E intenso e struggente è il legame con la sorella Lisa (di solo un anno maggiore) con la quale è cresciuta frequentando le stesse scuole, condividendo le amicizie, gli ideali sionisti e “tutto quanto faceva l’una era logico lo facesse anche l’altra”.
Il libro, scritto con un approccio linguistico immediato e arricchito dalla prefazione dello storico Marco Cavallarin, si chiude con il ricordo della celebrazione in Romania nel 2009 del 20° anniversario della fine della dittatura comunista di Nicolae Ceaucescu per il quale “mamma e papà avrebbero visto con grande gioia la sua fine”.
Mentre scrive la parola fine al libro dedicato al padre, l’autrice non sa ancora che un nuovo atroce lutto sta per colpirla: durante il viaggio in Italia per presentare il suo libro Dova apprende dell’improvviso aggravamento dell’adorata sorella Lisa che il 9 marzo 2011, dopo una lunga malattia, si spegne lasciandola sola e con il cuore spezzato a tramandare la fiaccola della Memoria.
Ciascuno di noi può aiutarla in questo compito leggendo e divulgando queste pagine preziose: per mantenere vivo il ricordo di papà Herşcu, mamma Ester, Lisa e di tutte le persone coraggiose che nei luoghi di conflitto, in condizioni avverse, sono stati capaci di resistere alla violenza e di combatterla per restituirci la speranza di un futuro migliore per noi e per le nuove generazioni.

Giorgia Greco


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