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Giorgia Greco
Libri & Recensioni
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Ron Rosenbaum, How the end begins 28/02/2011

How the end begins                 Ron Rosenbaum
The Road to a Nuclear World War III”.  
Simon and Schuster

A un certo punto in un futuro non troppo distante, lo stato d’Israele affronterà la questione della rappresaglia nucleare”. Ron Rosenbaum, il grande giornalista e storico americano, maneggia l’apocalisse atomica nel suo nuovo angosciante libro dal titolo “How the end begins”, in uscita negli Stati Uniti per Simon and Schuster. Il sottotitolo recita: “The Road to a Nuclear World War III”. “Considerate il seguente e probabile scenario: una nazione nuclearizzata o terroristi armati di bombe nucleari che fanno detonare testate sufficienti per distruggere la terra d’Israele e gran parte della sua popolazione, rendendola inabitabile”. Rosenbaum è il raffinato polemista che ha impiegato sette anni per scrivere un monumentale e straordinario volume che decifra quello che ha definito “Il mistero Hitler”. Il libro sull’apocalisse nucleare, “una possibilità che non è mai stata così realistica quanto oggi dalla fine della Seconda guerra mondiale”, arriva mentre navi iraniane varcano il Canale di Suez per la prima volta dal 1979 e giunge la notizia che la manomissione informatica delle centrali iraniane non avrebbe fermato il programma atomico degli ayatollah. L’orologio della bomba atomica ha ripreso a camminare. Rosenbaum spiega che Israele è lo “stato da una bomba”, nel senso che una testata nucleare su Tel Aviv può metter fine allo stato ebraico. “Israele può essere spazzato via con una o due bombe. E’ molto piccolo. Se si colpisce Tel Aviv, non c’è più Israele. Molti preferiscono vivere nella negazione di questa possibilità, ma il popolo d’Israele non ha questo lusso”. L’ayatollah Ali Akbar Hashemi Rafsanjani ha detto che, nel caso di confronto nucleare, Israele perderebbe tutta la popolazione, mentre resterebbero un miliardo di musulmani. Rosenbaum parla di un’altra tragica possibilità. “La cosiddetta ‘bomba islamica’, il Pakistan con cento missili, oggi più che mai vulnerabile per un assalto dei simpatizzanti talebani di al Qaida”. Dice Rosenbaum: “Che cosa accadrà? Un secondo Olocausto? Una cosa di cui siamo certi è che Israele avrà la capacità di una rappresaglia nucleare”. Lo storico affronta anche la questione se la rappresaglia sia legittima secondo la legge ebraica. “Qual è la moralità dell’uccisione di quindici o cinquanta milioni di persone? Cosa è stato ordinato ai comandanti dei sottomarini israeliani se non risponde più la catena di comando in quel che resta d’Israele? Il Regno Unito, per esempio, ha una lettera di ‘Last Resort’, chiusa in una cassaforte in una sala di controllo dei sottomarini. Ci sono presumibilmente ordini del primo ministro per compiere ritorsioni se si è tagliati fuori. In altre parole, anche se hanno l’ordine di non sparare senza mandato, se quelli che danno gli ordini sono morti o in isolamento i comandanti del sottomarino hanno il potere di avviare ritorsioni”. Secondo la rivista militare Jane’s, se attaccato dall’Iran Israele reagirebbe lanciando trenta testate nucleari su Teheran, Isfahan, Tabriz, Mashhad, Bandar Abbas e sulla città santa di Qom. In un giro di minuti centinaia di migliaia di iraniani perderebbero la vita. Il Center for International and Strategic Studies di Washington ha reso noto un rapporto in cui si calcolano gli effetti materiali di uno scontro atomico: un ordigno iraniano da 500 kilotoni su Tel Aviv causerebbe ventimila morti. Poi ci sarebbero migliaia di vittime per le radiazioni. Un ordigno da 100 kilotoni su Tel Aviv contaminerebbe per un anno l’intero territorio israeliano, varcando i confini di Libano, Siria, Giordania ed Egitto. A Hiroshima e Nagasaki furono usati “appena” 20 kilotoni. Pochi giorni fa il generale israeliano Yaakov Amidror ha tenuto una lezione sull’atomica iraniana alla Università Bar Ilan. Rivolto agli ambasciatori presenti il generale ha detto: “Nessuno ama l’idea di attaccare l’Iran, ma se fallite qualcuno deve pur farlo”. Ron Rosenbaum scrive che dal luglio del 2009 sappiamo che sottomarini israeliani navigano nel Mar Rosso armati di testate nucleari, nell’eventualità di un attacco iraniano. I tecnici israeliani avrebbero modificato i missili Harpoon, forniti dagli Stati Uniti, che in genere hanno armamento convenzionale. Israele protegge i suoi 240 chilometri di costa tenendo sempre in navigazione almeno un sottomarino. “E’ stato spedito un messaggio”, scrive Rosenbaum. “Un messaggio sulla rappresaglia. Ma per quanto riguarda la volontà di farlo, la moralità della scelta? Mentre scrivo un sottomarino potrebbe iniziare la Terza guerra mondiale”. Rosenbaum nel libro interroga Moshe Halbertal, il celebre eticista allievo di Michael Walzer che ha scritto il manuale delle Forze di difesa d’Israele. “Mettiamo che Israele sia scomparso”, dice Halbertal nel libro. “E abbiamo i sottomarini. Sono contro la rappresaglia, ma a favore dell’attacco preventivo. Potrebbe esserci una situazione in cui l’unico modo per prevenire un attacco nucleare contro Israele sarà quello di distruggere lo stato iraniano. Con questo voglio dire distruggere la sua capacità di agire come uno stato. Non è Hiroshima o Nagasaki. Ma distruggere laboratori nucleari, fabbriche, i reattori e tutto ciò che hanno. L’apparato statale necessario per ordinare una cosa simile”. Rosenbaum non ha dubbi: “Se ci sarà un secondo Olocausto, gli ebrei avranno i mezzi per infliggere una rappresaglia nucleare”.

Giulio Meotti
Il Foglio


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