Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
I terroristi volevano convertirmi all’Islam, ma non mi hanno tolto l’anima Newsletter di Giulio Meotti
Testata: Newsletter di Giulio Meotti Data: 14 aprile 2025 Pagina: 1 Autore: Giulio Meotti Titolo: «I terroristi volevano convertirmi all’Islam, ma non mi hanno tolto l’anima»
Riprendiamo il commento di Giulio Meotti, dalla sua newsletter, dal titolo: "I terroristi volevano convertirmi all’Islam, ma non mi hanno tolto l’anima".
Giulio Meotti
Agam Berger, ostaggio di Hamas per 482 giorni. Per la Pasqua non c'è storia più grande del racconto di questa ragazza che non si è spezzata quando era prigioniera dei tagliagole: "Ho nascosto un libretto di preghiere nei pantaloni".
“Sono stata rapita da Hamas, portata a Gaza e tenuta in ostaggio per 482 giorni”.
Così sul Wall Street Journal un racconto straordinario di Agam Berger. Oggi non ci sono molte storie edificanti, ma questa lo è.
“Oggi sono a casa, sana e integra nel corpo, nell’anima e nello spirito. In questa Pasqua ebraica rifletto sulla mia libertà. Quando Hamas ci ha invaso il 7 ottobre 2023, molti dei miei amici sono stati assassinati. In quei momenti strazianti, mentre venivo rapita, ho avuto la libertà di scegliere cosa dire. Ho recitato, ininterrottamente, lo stesso versetto che gli ebrei sulla soglia della morte recitano da millenni: Shemà Yisrael, ‘ascolta, Israele, il Signore nostro Dio, il Signore è uno solo’. Essendo sopravvissuta al massacro – quando neonati, bambini, donne e anziani venivano uccisi semplicemente perché ebrei – sapevo di essere stata scelta da Dio per qualcosa e che Lui mi avrebbe protetto. Sapevo anche di non essere il primo ebreo fedele a essere imprigionato. Il maestro chassidico Rabbi Shneur Zalman di Liadi (il Ba'al Hatanya), il mistico Rabbi Shimon Bar Yochai, il martire Rabbi Akiva, Giuseppe del Libro della Genesi e Abramo, che il Talmud dice abbia trascorso dieci anni in prigione, tutti si sono trovati nella mia stessa situazione. Ho imparato, come i miei antenati, che la prigionia non può sopraffare la vita spirituale interiore. La nostra fede e il nostro patto con Dio, la storia che ricordiamo a Pesach, sono più potenti di qualsiasi crudele rapitore. Hamas ha cercato di costringermi a convertirmi all'Islam – a volte, imponendomi l'hijab – ma non sono riusciti a togliermi l’anima. Ho scelto di osservare ogni digiuno ebraico possibile. I miei rapitori hanno trovato testi religiosi tra giornali e mappe lasciate sul campo dai soldati israeliani e me li hanno portati, cercando di imparare l’ebraico. Alla fine abbandonarono un siddur, un libro di preghiere ebraico, per il quale creai una custodia protettiva in un paio di pantaloni logori. Ho rifiutato la carne non kasher quando avevo fame. Ho scelto di non accendere il fuoco durante lo Shabbat per cucinare per i miei aguzzini. Io e la mia collega scout Liri Albag abbiamo festeggiato insieme Pesach. Segregate in una piccola stanza senza luce, abbiamo fatto il possibile per creare l'atmosfera festiva. Abbiamo pulito la stanza e adornato la tavola con tovaglioli e altre piccole ‘decorazioni’ fatte con ritagli di carta. Durante la prigionia fummo trasferite dai tunnel agli appartamenti e, in alcuni, avevamo accesso limitato a televisione e radio. Durante Pesach abbiamo sentito che ci avevano apparecchiato una tavola in Piazza degli Ostaggi a Tel Aviv. Liri ascoltava la voce di sua madre in radio. Piangevamo, poi ci sedevamo a mangiare il nostro ‘pane d’afflizione’, la descrizione che l'Haggadah fa della matzah che i nostri padri mangiavano in Egitto. Le nostre pite di farina di mais ci univano a loro. Mentre lasciavo Gaza il 30 gennaio, ho scritto in ebraico le parole che mi sono rimaste impresse per tutta la mia prigionia: ‘Ho scelto la via della fede e con la via della fede sono tornata’. Anche se celebrerò questa Pasqua con la mia famiglia, non sarà ancora completa. Ci sono ancora 59 ostaggi a Gaza, 24 dei quali si ritiene siano ancora vivi. Questa è la loro seconda Pasqua in catene. Non possiamo permetterne una terza. Le storie degli ostaggi continuano una parte dolorosa e irredenta di noi, che si innesta in un tema fondamentale della festa della Pasqua: che il popolo ebraico non ha una storia, ma una memoria. Al popolo ebraico viene detto di ricordare: ‘Ricorda ciò che ti ha fatto Amalek’, ‘Ricorda lo Shabbat’, ‘Ricorda la presa del Monte Sinai’. Ora c'è un nuovo, doloroso comandamento: ‘Ricorda il 7 ottobre’. Ci viene comandato di ricordare l'Esodo ogni giorno. Ciò richiede che continuiamo a impegnarci per riportare a casa i nostri fratelli e a lottare per garantire che le atrocità di quello Shabbat autunnale non si ripetano mai più”.
Agam Berger
Così narra una storia fin troppo familiare nella storia del popolo ebraico: un ebreo, rapito dalla Terra Santa e condotto in territorio nemico, si rifiuta di mangiare cibo non kasher. Così la Scrittura ci informa di Daniele, che si trovò alla corte di Nabucodonosor II, re di Babilonia. Daniele si rifiutò di “contaminarsi” con il cibo proibito dal re e chiese di potersi nutrire di semi.
Dopo la distruzione di Gerusalemme, una scena simile si sarebbe ripetuta. Giuseppe Flavio ci informa dei sacerdoti di Gerusalemme portati prigionieri a Roma durante il regno di Nerone. Lì, in quella città pagana, gli ebrei che avrebbero dovuto officiare il Tempio “non erano indifferenti alla pietà verso Dio, nemmeno nelle loro afflizioni, ma si sostentavano con fichi e noci”.
Questi racconti non sono solo storia antica. Eppure, il racconto contemporaneo è, in un certo senso, ancora più sorprendente di quelli antichi.
La fede di Daniele ha ispirato ammirazione tra i membri della corte babilonese. Dio lo fece oggetto di “amorevole benignità e misericordia davanti al ministro” di Nabucodonosor. Questo accadde anche a Roma centinaia di anni dopo. La difficile situazione dei sacerdoti suscitò compassione nella più improbabile delle persone, la moglie di Nerone, l'imperatrice Poppea, che contribuì a garantire la loro liberazione. Questi ebrei si sacrificarono per la loro fede, ma le terre della loro prigionia offrirono sorprendenti esempi di empatia.
Lo stesso non si può dire di Gaza, dove Berger è stata tenuta nella più crudele prigionia. Ed è una società intrisa di odio verso gli ebrei. Agam in ebraico significa “piccola piscina nel deserto”. Il Salmo 114 descrive le meraviglie di Dio, che “trasformò la roccia in acqua”, agam, “la selce in una fontana”.
Agam Goldstein-Almog è una ragazza israeliana di 17 anni che è stata per due mesi nelle mani di Hamas. Ha raccontato al Washington Post che non appena è stata rapita dal kibbutz Kfar Aza il 7 ottobre, a Gaza è stata costretta a indossare un velo completo e un abito lungo, le è stato imposto di guardare sempre a terra, è stata costretta a recitare le preghiere islamiche e i terroristi le hanno dato un nome tratto dal Corano, “Salsabil”.
I terroristi avrebbero voluto esporre come trofei gli ostaggi convertiti a forza all’Islam, come i cristiani di Gaza sotto Hamas, anche se i media cattolici si guardano bene da dirlo. Come i due giornalisti americani della Fox News rapiti da Hamas a Gaza, Steve Centanni e Olaf Wii, rilasciati dopo che i terroristi hanno diffuso un video in cui Centanni e Wiig si sono mostrati abbigliati secondo la tradizione islamica e hanno detto di aver abbracciato la fede di Allah. Centanni ha detto: “Adesso mi chiamo Khaled. Ora credo nell'Islam e dico la parola: Allah”. Wiig ha attaccato quei dirigenti occidentali che vedono nei musulmani radicali dei “terroristi”. Quei dirigenti occidentali “dovrebbero ricredersi, per il bene della pace”. Un portavoce di Hamas ha detto alla stampa che la loro conversione è stata spontanea. “E' stata un vero dono di Dio”, ha esclamato con una punta di commozione.
“Nei secoli dell’espansione islamica, un flusso continuo di popolazioni non musulmane andò ad alimentare il traffico degli schiavi” scrive la storica della dhimmitudine Bat Ye’Or nel suo gigantesco Il declino della Cristianità sotto l’Islam (Lindau). “Il cavalier D’Arvieux osservò che gli schiavi cristiani – polacchi, moscoviti, circassi, armeni – venivano condotti al mercato come bestie per essere venduti. Neanche gli ebrei erano risparmiati: sui bilanci delle loro comunità incidevano le spese per il riscatto di coloro che venivano rapiti e ridotti in schiavitù. Il trauma della prigionia e della schiavitù spingeva alla conversione coloro che non venivano riscattati e avevano perduto famiglia, denaro e amici”.
Di Bat Ye'Or sta per uscire una versione aggiornata di Le Dhimmi, accompagnata da uno studio di Rémi Brague e da importanti documenti. L'analisi fondamentale della sottomissione di ebrei e cristiani nel mondo musulmano.
La storia di Agam mi ha ricordato quella delle ragazze cristiane di Chibok, in Nigeria. In una remota città nigeriana il 14 aprile 2014 è la notte prima degli esami e le ragazze sonnecchiano sui letti a castello e leggono la Bibbia con la torcia. Ragazze come Rhoda Emmanuel, la figlia di un pastore, che in prigionia porterà la sua inseparabile Bibbia blu. O Lydia, “la cui madre Rebecca la controllava verso mezzanotte per spegnere la lampada e chiudere quella che spesso era una Bibbia”. Poi il rapimento. Man mano che i mesi si trascinavano, le studentesse divennero maggiorenni sotto lo sguardo dei loro rapitori. Cominciarono a sussurrare preghiere insieme di notte e a tenere diari segreti, copiando passaggi su Maria da una Bibbia contrabbandata di nascosto. A rischio di percosse e torture, quelle ragazze si sono fatte forza a vicenda con un inno, che le ha accompagnate tutto il tempo della prigionia: “Noi, figlie di Israele, non ci piegheremo”. Bisogna leggere il diario di Naomi Adamu, una delle rapite: “Quando si sono resi conto che non indossavamo l'hijab come le altre ragazze, ci hanno picchiato e hanno detto che ci avrebbero tagliato la testa. Ci hanno fatto indossare l'hijab e pregare ma abbiamo deciso di simulare la cerimonia. Intanto fra di noi dicevamo le preghiere cristiane e ci siamo raccontate la storia di Giobbe. Ero arrabbiata quando 30 ragazze si sono convertite all'Islam e si sono sposate ... sentivo che non si battevano abbastanza duramente. Sono venuti da noi e ci hanno detto: ‘Per le musulmane, è l’ora della preghiera’. Dopo la preghiera, hanno detto: ‘Ora le musulmane si mettano da una parte e le cristiane dall’altra’. Poi abbiamo visto che avevano una tanica nella macchina e abbiamo pensato che fosse benzina. Ci hanno detto: ‘Chi e quante di voi vogliono convertirsi all’Islam?’. Allora molte di noi, per paura, si sono alzate e sono andate dentro… Hanno detto: ‘Quelle che sono rimaste vogliono morire, è questa la ragione per cui non volete essere musulmane? Vi bruceremo…’. Poi ci hanno dato quella tanica, che pensavamo contenesse della benzina. Non era benzina, era acqua. Un giorno, cinque di noi sono scappate, ma i militanti le hanno riprese, legate, e dopo aver scavato una fossa mi hanno dato una sciabola e ordinato di tagliar loro la testa, altrimenti l’avrebbero fatto a me. Li ho supplicati in ginocchio e le hanno graziate”.
Ci sono le loro storie. E poi c’è l’Occidente, dove a scuola non sta bene citare la Bibbia, dove si rimuove una vecchia citazione biblica da un palazzo di una grande capitale, dove è offensivo ascoltare musica classica ispirata alla Bibbia e dove il grido di un intellettuale francese (“Europa figlia di Omero e della Bibbia”) suona molto politicamente scorretto. E così si arriva a storie come quella a Londra di una bambina inglese di 5 anni, tolta ai genitori cristiani e affidata dai servizi sociali britannici a una famiglia musulmana fondamentalista. Alla bambina hanno tolto il crocifisso che aveva al collo, le è vietato mangiare maiale ed è costretta a imparare l'arabo, proprio come è successo in Somalia ai bambini etiopi, cristiani ortodossi, convertiti a forza all’Islam.
La testimonianza di Agam Berger offre una magnifica metafora per la Pasqua ebraica e quella cristiana in arrivo. Mentre un elicottero delle Forze di Difesa Israeliane la riportava a casa, Berger teneva una lavagna su cui aveva scritto in ebraico: “Ho scelto il cammino della fede e sul cammino della fede sono tornata”.
A Gerusalemme nel 1973 arrivò alla Fiera Internazionale del Libro un grande scrittore esule, Eugene Ionesco. Il drammaturgo-filosofo ha parlato con grande calore di Israele: “Gli israeliani affrontano il pericolo con un coraggio che ammiro profondamente. Ho paura per loro, ma li invidio. Gli europei, gli americani sono nichilisti. Gli israeliani sanno perché vivono, perché muoiono, per cosa stanno combattendo”.
L’Occidente invece è un rinoceronte che ignora persino perché esiste.
La newsletter di Giulio Meotti è uno spazio vivo curato ogni giorno da un giornalista che, in solitaria, prova a raccontarci cosa sia diventato e dove stia andando il nostro Occidente. Uno spazio unico dove tenere in allenamento lo spirito critico e garantire diritto di cittadinanza a informazioni “vietate” ai lettori italiani (per codardia e paura editoriale).
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