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La Stampa Rassegna Stampa
19.03.2025 Putin/Trump: patto segreto da incubo
Commento di Anna Zafesova

Testata: La Stampa
Data: 19 marzo 2025
Pagina: 5
Autore: Anna Zafesova
Titolo: «Zelensky, incubo patto segreto»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 19/03/2025, a pag. 5, il commento di Anna Zafesova dal titolo "Zelensky, incubo patto segreto".

ad Alessandria con Anna Zafesova ...
Anna Zafesova

Non appena finisce il colloquio fra Trump e Putin, ricominciano i bombardamenti russi sulle città ucraine. L'unica cosa che interessa al dittatore russo è indebolire l'Ucraina. Il timore che esista un patto segreto tra Trump e Putin è palpabile.

Un'ora dopo che Donald Trump e Vladimir Putin riagganciano la cornetta, a Kyiv suonano le sirene e tuonano le esplosioni della difesa antiaerea che abbatte un ennesimo attacco di droni russi. La proposta di una tregua lunga 30 giorni sui bombardamenti delle infrastrutture e impianti energetici, accolta dal Cremlino, è stata sostenuta anche da Volodymyr Zelensky, ma intanto i militari russi continuano ad attaccare.

Ieri, il presidente ucraino, commentando a caldo la telefonata fra Trump e Putin, ha dichiarato che «i russi non sono pronti a porre fine a questa guerra, non sono pronti nemmeno per il primo passo, che è un cessate il fuoco», denunciando che «l'intero gioco di Putin è indebolire l'Ucraina», ma che Kiev continuerà a combattere anche nel Kursk. Zelensky ha anche sottolineato: «Sarebbe giusto per noi avere una conversazione con il presidente Trump e conoscere i dettagli di ciò che i russi hanno offerto agli americani o di ciò che gli americani hanno offerto ai russi». Vista dalla capitale ucraina, la prospettiva di un cessate-il-fuoco appare ancora più lontana, e Illia Ponomarenko, il cronista militare del Kyiv Independent reagisce su X con la promessa che «la Russia continuerà a bombardare le strutture energetiche e le aree residenziali sotto gli occhi delle telecamere internazionali».

L'esperienza dei numerosi accordi violati – la menzione dei quali da parte di Zelensky aveva innescato la tristemente celebre sfuriata di Trump e Vance nello Studio Ovale – non infonde nessun ottimismo negli ucraini. Mentre a Washington e a Mosca si cerca di leggere tra le righe dei rispettivi comunicati stampa, il politologo ucraino Viktor Andrusiv trancia corto: «Non è prevista nessuna tregua».

Un pronostico sul quale a Kyiv non c'erano troppi dubbi, come si deduce anche dal tentativo di sfondamento del confine russo a Belgorod, ieri, dopo che le truppe ucraine si erano ritirate da buona parte del territorio russo occupato dall'agosto scorso nella regione di Kursk. Non che ci fossero molti dubbi sul fatto che il Cremlino non stesse cercando nessuna distensione, e ha acconsentito soltanto a limitare gli attacchi contro le infrastrutture – invece della cessazione di tutte le ostilità per 30 giorni, imposta dall'amministrazione repubblicana a Volodymyr Zelensky – soltanto per mostrare a Trump la propria disponibilità. A Kyiv resta comunque la preoccupazione per la parte sommersa dell'iceberg negoziale, di quello che Putin e Trump possono essersi detti nelle quasi due ore di conversazione telefonica. Ovviamente è probabile che buona parte dei colloqui sia stata dedicata dal presidente russo all'esposizione dettagliata di tutte le sue obiezioni, condizioni e rimostranze a indirizzo degli ucraini, minuziosamente elencate nel comunicato stampa del Cremlino. Resta da chiarire il destino degli altri dossier, annunciati soltanto il giorno prima dal presidente americano, dal controllo dei russi su una parte dei territori occupati ucraini alla sorte della centrale atomica di Zaporizhzhia. Il fatto che non vengono menzionati nelle comunicazioni di entrambe le parti potrebbe far pensare che questi argomenti non siano stati affrontati, o che non sia stato trovato alcun accordo degno di nota. Oppure che se ne è parlato, e magari ci si è accordati su qualcosa, che però non è stato reso pubblico.

Il timore di un patto segreto tra Trump e Putin è palpabile, anche perché, come nota l'analista britannico Michael Clark su Sky, «se non siete al tavolo del negoziato, vuol dire che siete nel menu». «Non siamo un'insalata né un dessert, per essere nel menu di Putin, indipendentemente dai suoi appetiti», ribatte il presidente ucraino da Helsinki. Posizionandosi formalmente come mediatore, Trump però finora si era mostrato molto più vicino alla visione russa. Ieri, subito dopo la sua telefonata con Putin, i media ucraini avevano annunciato una imminente chiamata tra il presidente americano e Zelensky. Un gesto che dovrebbe mostrare come minimo "equidistanza", e infatti anche nel post con il quale ha commentato il colloquio Trump sostiene che «Putin e Zelensky vogliono entrambi che tutto finisca». Finora, il presidente ucraino era stato rimproverato da Washington di voler ostacolare la pace, stavolta lo si tratta come partner alla pari. Forse anche perché la parte russa si è rivelata meno conciliante di quanto speravano gli americani, come Zelensky aveva avvertito.

In attesa della telefonata tra Putin e Trump, Andriy Yermak, il capo dello staff di Zelensky, aveva ribadito ieri le "linee rosse" ucraine: non si rinuncia ai territori che Putin pretende di annettere, non si accetta la neutralità con conseguente disarmo. Andrusiv si aspetta ora una lunga partita diplomatica tra russi e americani per negoziare una tregua – che «probabilmente non reggerà comunque a lungo» – almeno parziale, soprattutto per quanto riguarda i corridoi di sicurezza nel Mar Nero.

In attesa di fallimento negoziale che a Kyiv viene considerato come quasi imminente, Zelensky intanto prosegue a cucire le sue alleanze europee: ieri è volato a Helsinki per chiedere a fianco del presidente finlandese Alexander Stubb che «l'Europa sieda al tavolo delle trattative». 

 

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