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Newsletter di Giulio Meotti Rassegna Stampa
11.03.2025 Gli scemi multiculturali
Newsletter di Giulio Meotti

Testata: Newsletter di Giulio Meotti
Data: 11 marzo 2025
Pagina: 1
Autore: Giulio Meotti
Titolo: «Gli scemi multiculturali e i pappagalli mediatici fregati dal macellaio»

Riprendiamo il commento di Giulio Meotti, dalla sua newsletter, dal titolo: "Gli scemi multiculturali e i pappagalli mediatici fregati dal macellaio".


Giulio Meotti

Il nuovo dittatore siriano con la barba aveva dichiarato “la diversità è la nostra forza”, una frase uscita dai dipartimenti accademici occidentali, e l’aveva ripetuta ai ministri degli Esteri europei (l’italiano Tajani, il francese Séjourné e la tedesca Baerbock compresi), al segretario dell’Onu, al procuratore dell’Aia, al direttore della Bbc, allo spin doctor e ad altri creduloni occidentali.

Come i “Talebani inclusivi”, i jihadisti avevano capito come vendersi a noi cretini multiculturali.

E così è finita.

Ma non si può dire che chi legge questa newsletter non fosse stato avvertito con largo anticipo. Tre mesi, per l’esattezza. Mentre la stampa italiana fantasticava sulla “democrazia islamica”, quattro miei articoli scrivevano quello che sarebbe successo.

2 dicembre: “I confini dell’Islam grondano sangue, perché sanguinario è chi vive al loro interno. Per capire la Siria servono Huntington, i video-choc e il maggiore scrittore arabo vivente: ‘Barbari contro barbari: noi arabi pensiamo ancora ai califfi’. E si preparano le prossime stragi in Europa”.

10 dicembre: “Le tirannie iniziano sempre con un sorrisetto ai giornalisti utili idioti. La nostra stampa ha la ‘sindrome Tiziano Terzani’, che salutava il ‘progressista Pol Pot’. Così per capire cosa succede dobbiamo leggere i dissidenti islamici. La storia è maestra, ma non ha allievi”.

13 dicembre: “Il Califfato sarà una grande festa multiculturale in onda sulla BBC. I video-choc che non vediamo sui nostri media, che ci vendono la fola della ‘jihad moderata’. Prendiamo sul serio gli assassini con la barba quando dicono dei cristiani: ‘Li uccideremo tutti’”.

20 dicembre: “Tutte velate. Le politiche europee e le giornaliste italiane per il ‘Califfo moderato’”.

Il tronfio Antonio Guterres il 4 marzo aveva incontrato il nuovo dittatore con la barba, Ahmed al Sharaa, alias Al Golani.

Quattro giorni dopo, l’inferno.

Centinaia di cadaveri per le strade ed esecuzioni sommarie. Almeno mille morti, compresi donne e bambini. Intere famiglie sterminate. Alawiti, cristiani, drusi: nessuno si salva dalla mannaia islamica. “Quello di bruciato è un buon odore!”, dice un terrorista, ridacchiando mentre riprende col cellulare la via di un quartiere spopolato e dove si levano colonne di fumo dagli scantinati.

Di questi, molti cristiani. Scrive Asia News: “Un sacerdote della Chiesa greco-ortodossa ucciso a sangue freddo; una famiglia intera - nonni, genitori, figli - massacrata all’interno della propria abitazione; decine di uomini, anziani, donne e persino minori vittime di vere e proprie esecuzioni per il solo fatto di essere cristiani”. “L’Europa deve far sentire la sua voce forte e chiara riguardo all’omicidio di massa di civili alawiti e cristiani in Siria”, ha detto il ministro degli Esteri israeliano Gideon Sa’ar al vice primo ministro e ministro degli Esteri del Lussemburgo, Xavier Bettel, in visita a Gerusalemme.

Io l’avevo scritto tre mesi fa: “Prendiamo sul serio gli assassini con la barba quando dicono dei cristiani: ‘Li uccideremo tutti’”.

I massacri sono opera di Hayat Tahrir al-Sham (Hts), i terroristi islamici al potere dopo la caduta di Bashar al Assad.

Tutto già visto, anche se la storia che è maestra non ha mai allievi.

20 gennaio 1976, Damour, Libano. Terroristi dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina arrivano nel villaggio abitato in prevalenza da cristiani: 582 civili morti, tutti cristiano-maroniti. “Era un’apocalisse” ha testimoniato Mansour Labaky, prete cristiano-maronita sopravvissuto al massacro. “Stavano arrivando, migliaia e migliaia, gridando ‘Allahu Akbar’. E massacravano tutti sulla loro strada: uomini, donne e bambini”.

Noi occidentali siamo turisti nel cuore dell’oscurità: non sappiamo nulla e non impariamo nulla, non abbiamo idea di chi prenda il potere e li applaudiamo solo perché è necessario che la “classe di esperti” meno esperta del pianeta mantenga la propria credibilità mentre il mondo va avanti nell’oscurità.

Il Corriere della Sera era andato a intervistare il nuovo premier siriano, che aveva detto alla stampa credulona: “Garantiremo i diritti di tutti”.

Sui social ora ci sono decine di video e testimonianze di rastrellamenti di massa, esecuzioni sommarie su civili disarmati e di saccheggi.

Il presidente siriano ad interim dalla moschea degli Omayydi di Damasco ha detto: “State tranquilli, quello che sta accadendo nel paese sono sfide prevedibili. Dobbiamo proteggere l'unità nazionale e la pace civile”.

“Alhamdulillah”, dicono dopo aver massacrato i civili. I media mainstream tacciono. L’Onu...niente.

Quando Israele si difende dai tagliagole, indignazione globale.

Quando interi villaggi siriani vengono cancellati, solo silenzio.

Come sempre da Israele arriva il commento più severo ma giusto: “Il nuovo presidente al Jolani ha cambiato la sua tunica, ma ora ha tolto la maschera mostrando il suo vero volto: è un terrorista jihadista della scuola di al Qaida”, hanno detto i ministri della Difesa e degli Esteri israeliani Katz e Saar. “L'Europa non deve fallire nel leggere la realtà. Deve svegliarsi”.

A gennaio, i jihadisti di Damasco erano stati sdoganati dai ministri degli Esteri di Francia e Germania. Poi era arrivato a Damasco il procuratore dell’Aia, Karim Khan. Poi la UE aveva sospeso le sanzioni contro la Siria. Andava tutto alla grande: Sharia e Jihad erano state accolte a “Palazzo”.

Quando si dice il “linguaggio del corpo”! A sinistra l’omicida, l’ex jihadista che si pavoneggiava lungo i corridoi del palazzo presidenziale di Assad. E accanto a lui il direttore internazionale della Bbc, Jeremy Bowen, tutto sorridente, come un bambino con il fratello maggiore.

Entra in scena anche il ministro degli Esteri della Spagna, il paese più schierato contro Israele nella guerra di Gaza contro Hamas.

“Arrivo a Damasco, un paese pieno di speranza e ottimismo per un futuro più luminoso” aveva scritto il 17 gennaio la commissaria UE per l’uguaglianza Hadja Lahbib. “Sono qui per garantire che queste persone ricevano l’aiuto urgente di cui hanno bisogno”. A la UE a gennaio ha staccato un assegno da 235 milioni di euro per Damasco.

A Damasco c’è anche Amy Pope, direttrice dell’ufficio Onu per l’immigrazione. “Sono qui a Damasco in questo momento chiave della storia del paese. I siriani guardano avanti con speranza alle realtà pratiche della ricostruzione del loro paese. La Siria merita il pieno sostegno della comunità internazionale”. Poi atterra l’immancabile norvegese, Geir Pedersen, inviato dell’Onu per la Siria.

C’era anche Alastair Campbell, lo sciocco spin doctor di Tony Blair.

Pochi giorni dopo iniziano i massacri religiosi.

Nel 1936, in una concessione ai nazionalisti sunniti, la Francia decise di incorporare lo Stato alawita, allora chiamato “Governo di Latakiya”, nella Siria vera e propria. In un ultimo disperato tentativo di invertire quella decisione, i leader alawiti, che non volevano avere niente a che fare con l'Islam, presentarono una petizione al primo ministro ebreo francese, Leon Blum. Gli alawiti scrissero:

“La condizione degli ebrei in Palestina è la prova più forte ed esplicita della militanza della questione islamica nei confronti di coloro che non appartengono all'Islam. Questi buoni ebrei contribuirono agli arabi con civiltà e pace, sparsero oro e stabilirono prosperità in Palestina senza danneggiare nessuno o prendere nulla con la forza, eppure i musulmani dichiararono loro guerra santa e non esitarono mai a massacrare le loro donne e i loro bambini, nonostante la presenza dell'Inghilterra in Palestina e della Francia in Siria. Pertanto vi chiediamo di considerare il destino terribile e spaventoso che attende gli alawiti se saranno costretti ad essere annessi alla Siria”.

Il firmatario più famoso di quella lettera a Blum fu Sulayman Assad, padre di Hafez e nonno di Bashar.

Quando si dice la saggezza dei nonni.

Questa è la nuova Siria. Un bambino che canta: “Pazienza, o alawiti, verremo a massacrarvi, vi massacreremo tutti”. Damasco o Gaza non cambia niente.

Ora sia i drusi che gli alawiti chiedono a Israele di proteggerli dai tagliagole. Gli alawiti che vivono in Israele a Ghajar non hanno mai vissuto un giorno di terrore nella loro storia. E drusi e circassi stanno entrando in Israele in cerca di riparo.

Tony Petrus e suo figlio Fadi Petrus, due greci di Antiochia, uccisi nel pogrom scatenato dagli islamici contro la regione mista cristiana e alawita.

Stesso destino per Gregory Bishara, sacerdote ortodosso della chiesa di Baniyas.

Ora usano anche le ruspe per accatastare i corpi.

Dalle città attaccate arrivano immagini come questa.

Israele ha schierato subito le sue forze in Siria dopo che i jihadisti hanno attaccato Damasco per proteggere la minoranza drusa nel sud-ovest (molti membri di questa comunità religiosa vivono in Israele e prestano servizio nel suo esercito). Poi Israele ha distrutto gran parte degli arsenali dell'esercito siriano, comprese le armi chimiche e i depositi di missili a lungo raggio, per impedire che tutte queste armi cadessero nelle mani dei jihadisti. Se Israele non avesse fatto ciò, probabilmente ora staremmo parlando di un massacro molto più grande in Siria. Ma invece di ricevere biglietti di ringraziamento, Israele è messo alla gogna per aver “violato la sovranità della Siria”.

Buona festa della donna

Massacro in cui la Turchia di Erdogan ha avuto un ruolo. Basta vedere i ministri del governo siriano di transizione: hanno tutti la doppia cittadinanza turca.

Nel mondo dell’Onu, dell’Unione Europea, del procuratore dell’Aia, dei giornalisti della BBC, delle ong dei diritti umani, le pecore sono condotte al macello, si accusano le democrazie di terrorismo e i terroristi di “resistenza”. Nel Medio Oriente reale, soltanto una spada si mette di mezzo fra un terrorista e un civile. In Medio Oriente, dove regnano i jihadisti demoniaci, l’unico modo per sopravvivere è avere forza militare e coraggio morale di affrontare i barbari. Grazie a Dio che Israele ha entrambe le cose. L’unica altra opzione è essere massacrati da macellai come Hamas a Gaza e Al Qaeda in Siria.

A differenza dei miei colleghi giornalisti non mi sono mai illuso che, dopo la dittatura militare, potesse fiorire la democrazia islamica. Ma la morale di questa storia, la più terribile, è questa.

Stoccolma, lo scorso dicembre la popolazione musulmana esulta per il cambio di regime in Siria. Lo stesso regime che sta massacrando le minoranze mentre parliamo.

E poi in Germania: “Allahu Akbar” al cambio di regime.

No One Knows Nothing Anymore, canta la canzone. Vero per Broadway, ancora più vero per noi e il “Medio Oriente” o, più precisamente, il “Vicino Oriente”, perché, come diceva la vecchia battuta del Foreign Office britannico (e come hanno scoperto ora i popoli europei), è molto più vicino di quanto si pensi.

Perché quello che vediamo dovrebbe essere confinato alla Siria e a Gaza? Risposta: non lo sarà. Un giorno vedrete le stesse immagini in Europa. Spero, come per la lettera del nonno di Assad ai francesi, di non dover ripubblicare un giorno questa newsletter per dire: “Vi avevo avvisato”.

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