Basta aiuti: restituite tutti gli ostaggi Cronaca di Mirko Molteni
Testata: Libero Data: 03 marzo 2025 Pagina: 7 Autore: Mirko Molteni Titolo: ««Basta aiuti, restituite tutti gli ostaggi»»
Riprendiamo da LIBERO di oggi, 03/03/2025, a pag. 7 con il titolo "Basta aiuti, restituite tutti gli ostaggi" la cronaca di Mirko Molteni.
Mirko Molteni
Stop agli aiuti umanitari. Tanto Gaza ha accumulato scorte sufficienti per almeno 5 mesi. Ma così si fa pressione su Hamas, perché accetti le condizioni per la seconda fase della tregua, rilasciando gli ostaggi che ha ancora in mano.
La tregua Israele-Hamas scricchiola, date le divergenze sul passaggio dalla prima alla seconda fase del cessate il fuoco, tanto che il governo di Gerusalemme ha sospeso l’ingresso di nuovi aiuti umanitari nella Striscia di Gaza. Il movimento palestinese ha rifiutato la proposta dell’inviato americano Steve Witkoff sul prolungamento della prima fase durante il mese islamico del Ramadan (dal 1° marzo a fine mese), e in coincidenza con la Pasqua ebraica, che si celebra dal 12 al 20 aprile. Lo stato israeliano rigetta la richiesta palestinese di una fine totale della guerra e del ritiro di tutte le truppe dalla Striscia di Gaza. Hamas lega la sua richiesta alla contropartita del rilascio in una volta sola degli ostaggi israeliani ancora in sua mano, ma anche all’ulteriore liberazione da parte ebraica di centinaia di detenuti palestinesi. La prima fase del cessate il fuoco, iniziata il 19 gennaio, è scaduta sabato 1° marzo dopo 42 giorni e le parti non concordano nel definire le modalità della seconda fase. Israele punta a una Striscia di Gaza liberata da Hamas, che invece conta ancora migliaia di seguaci, e non può considerare concluso il conflitto. Alla luce delle stragi perpetrate da Hamas il 7 ottobre 2023, Israele mira a ripristinare un controllo militare della Striscia, che mancava fin dal ritiro unilaterale del 2005. Perciò sono stati sospesi da ieri mattina l’ingresso nella Striscia dei convogli di autocarri carichi di cibo, medicinali e in genere aiuti umanitari (già25.200 camion). Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha spiegato: «L’inviato USA Steve Witkoff ha definito la sua proposta come un corridoio per i negoziati sulla fase 2. Israele è pronto per questo.
Ma se Hamas pensa di continuare il cessate il fuoco o godere delle condizioni della fase 1 senza che otteniamo gli ostaggi, si sbaglia di grosso. Hamas controlla le forniture inviate nella Striscia.
Maltratta la popolazione che cerca di ricevere gli aiuti, spara contro di loro».
Così, dai valichi di frontiera, non è entrato alcun camion di rifornimenti. Governo e stampa israeliani hanno parlato di “mossa simbolica” per spingere Hamas a trattare, ricordando che in 42 giorni «“i magazzini di Hamas sono pieni di beni, scorte sufficienti per quattro o cinque mesi». Non ci sarebbe quindi rischio immediato di carestia, ma la propaganda di Hamas ne approfitta e il suo ufficio comunicazione attacca: «Fermare l’ingresso degli aiuti significa la decisione di Israele di far morire di fame i residenti della Striscia di Gaza».
Parole di Hamas che trovano eco presso Onu e Ue. La commissaria UE per la crisi, Hadja Lahbib, ha dichiarato che «gli aiuti umanitari sono incondizionati e devono continuare ad arrivare a Gaza». Anche Medici Senza Frontiere, che conta nella Striscia su uno staff totale di 1000 persone, critica il blocco degli aiuti. Dal Cairo, intanto, il ministro degli esteri egiziano Badr Abdelatty, che è stato fra i principali mediatori, esorta l’Ue a «far pressione sulle parti, specie Israele, per la ripresa dei negoziati». Il clima resta teso e ieri un drone israeliano ha attaccato a Beit Hanun, nel nord della Striscia di Gaza, un gruppo di palestinesi che stavano posizionando degli esplosivi. Uno di essi è stato ucciso e un altro ferito. In Israele, mentre parenti degli ostaggi hanno manifestato presso la casa di Netanyahu, a Gerusalemme Ovest, spronandolo a salvare i loro cari, nella stessa città 500 coloni israeliani hanno «assalito il compound della moschea di Al Aqsa». Resta caldo il versante della Siria, dove truppe israeliane presidiano il Golan a protezione della frontiera e delle minoranze druse. Il ministro degli Esteri israeliano Gideon Saar ha ieri ribadito che il governo messo in piedi a Damasco dal filoturco Abu Al Julani, dopo che le sue milizie hanno scacciato il regime di Bashar el Assad, è da considerarsi «un branco di jihadisti non eletti dal popolo siriano». Israele considera un paravento la formazione, ieri, di un «comitato di 7 esperti, fra cui una donna», per redigere una nuova Costituzione siriana ed è guardinga verso un vertice di oggi ad Ankara tra diplomatici turchi e inglesi sul futuro della Siria.
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