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Newsletter di Giulio Meotti Rassegna Stampa
02.03.2025 'Se l’America molla l’Europa, siamo nella merda'
Newsletter di Giulio Meotti

Testata: Newsletter di Giulio Meotti
Data: 02 marzo 2025
Pagina: 1
Autore: Giulio Meotti
Titolo: «Se l'America molla l'Europa, siamo nella merda»

Riprendiamo il commento di Giulio Meotti, dalla sua newsletter, dal titolo: "Se l'America molla l'Europa, siamo nella merda".


Giulio Meotti

L'Europa, da sola, non riuscirebbe a sostenere una guerra contro la Russia. Se l'America di Trump decidesse di abbandonarci, saremmo finiti, grazie a trent'anni di pacifismo e disarmismo.

Non lo ritengo plausibile, perché la Russia di Putin è un incubo demografico e non è riuscita a sconfiggere sul campo un paese molto più debole e più piccolo come l’Ucraina. Ma giochiamo un po’ con la fantasia.

Maggio 2027. Un gruppo di forze speciali russe è appena entrato nel piccolo stato baltico dell’Estonia. A Narva, città al confine con una maggioranza russa, hanno piantato una bandiera russa e dichiarato la “Repubblica Popolare di Narva”. Senza alcuna possibilità di respingere una invasione russa su larga scala, l’Estonia aveva fatto appello ai suoi alleati della Nato. Nonostante gli innumerevoli discorsi nel corso dei due anni precedenti da parte dei leader occidentali che attestavano l’inviolabilità dei confini della Nato, Putin sapeva che queste promesse erano vuote. Le agenzie di intelligence occidentali sono state prese completamente di sorpresa. Con l’elettorato fratturato tra sette partiti, in Germania la Spd aveva formato un governo con la Linke e i Verdi come partner minori, formando la prima coalizione “rosso-rosso-verde” della Germania. L’accordo di coalizione raggiunto dal nuovo governo tedesco approvò un aumento del salario minimo, aumenti delle tasse, tagli alla difesa e immigrazione su vasta scala. Una delle mosse più popolari era stata la cancellazione degli accordi con i militari degli Stati Uniti. L’esercito americano, di stanza in Germania dopo la Seconda guerra mondiale, aveva completato l’evacuazione da Ramstein nel 2026. Senza forze americane in Europa, la Nato era lettera morta. Per un breve momento, Vladimir Putin si ricordò di quella notte di ottobre del 1989. Era un giovane funzionario del Kgb a Dresda, Germania orientale. Diverse migliaia di manifestanti si erano riuniti nel centro città per la protesta contro il regime comunista, e Putin si era reso conto che l’egemonia sovietica in Europa si stava avvicinando al suo atto finale. Quando chiamò un vicino distaccamento dell’Armata Rossa per la protezione, gli era stato detto in risposta, “Non possiamo fare nulla senza ordini da Mosca” e “Mosca tace’”. Era stata una delle esperienze più umilianti della sua vita. Putin promise ai compagni che avrebbe vendicato “l’umiliazione della Russia”.

Preceduta da un mese in cui Trump, grosso modo, ha detto che gli americani sono stufi di mantenere a spese loro la difesa dell'Europa, l’incredibile rottura fra Stati Uniti e Ucraina in diretta mondiale segnala la fine di un tempo, quello in cui l’America proteggeva l’Europa e l’Europa delle cancellerie e dei media è come attraversata da un assurdo senso di compiacimento, quando lo stesso Zelensky ha detto che l’Europa senza l’America non potrebbe mai difendere l’Ucraina (e Zelensky ha bisogno di Trump molto più di quanto Trump abbia bisogno di Zelensky prima che si ritrovi in guerra con il Primo Ministro del Lussemburgo e Ursula von der Leyen).

Pierre Lellouche su Le Figaro ha l’analisi migliore della situazione: “Gli ucraini non possono riconquistare militarmente i territori perduti del Donbass e della Crimea. Questa è una cosa ovvia dall'inizio del 2023. Il proseguimento della guerra di logoramento, a causa del divario demografico (30 milioni contro 145), non è a loro vantaggio. In ogni caso, ciò sarebbe possibile solo se gli americani continuassero a fornire armi. Una carta vincente, come ha detto Trump, che gli ucraini non hanno e che intende fargli pagare cara: minerali e cessate il fuoco. Zelensky non vuole un cessate il fuoco. Ciò che vuole è un vero trattato di pace con garanzie di sicurezza credibili. E queste garanzie sono, soprattutto, l'ingresso dell'Ucraina nella Nato (sancito dalla costituzione ucraina) o, in mancanza, un esercito europeo di 200.000 uomini. Ma l'esercito europeo di 200.000 uomini non esiste. Ciò che potrebbe esistere è una piccola forza di spedizione composta da 30.000-40.000 uomini, composta principalmente da soldati francesi e britannici. Ma si tratterebbe, secondo Macron, di una forza ‘non combattente’. Il protettorato americano sta giungendo al termine. ‘L'Occidente’, ha affermato il ministro degli Esteri dell'UE Kallas, ‘ha bisogno di un nuovo leader’. Ma chi? E soprattutto, con quali mezzi?”.

La situazione attuale mi ricorda la fase preparatoria della crisi di Suez del 1956, quando la Gran Bretagna ritirò le sue forze dalla zona del canale in Egitto, pur insistendo sul fatto che i suoi interessi economici rimanessero al sicuro. Il parlamentare Tory Enoch Powell avvertì l’allora governo che qualsiasi accordo con l’Egitto non sarebbe “valso la pergamena su cui è impegnato” perché i restanti tecnici britannici nella zona del canale sarebbero stati irrimediabilmente vulnerabili e alla fine costretti ad andarsene da terrorismo e molestie.

Aveva ragione. Nonostante le scene indimenticabili nello Studio Ovale, è importante rendersi conto che la performance da necrologio del vecchio modo era già in corso e che aveva raggiunto la sua data di scadenza.

L’unica domanda che conta ora e che nessuno sembra farsi oggi sui giornali (tranne alcuni Lellouche qua e là) è semplice: cosa accadrebbe se gli Stati Uniti si ritirassero?

Saremmo nella merda, letteralmente. Ecco, non riesco a esprimermi in modi più civili.

Così come Israele sa bene che in caso decidesse di distruggere il programma nucleare iraniano soltanto gli Stati Uniti avrebbero i mezzi per farlo (non certo i voti all’Onu). La guerra tra Israele e Hamas ha gettato una luce brutale sulla situazione del mondo occidentale infantilizzato.

La situazione attuale mi ricorda Jacques Poos, vice premier del Lussemburgo, che un terzo di secolo fa, mentre la Jugoslavia si stava disintegrando, disse agli yankee di farsi da parte e dichiarò “È giunta l'ora dell'Europa!”. Aveva ragione, in un certo senso: poco dopo, i serbi bosniaci hanno iniziato a legare i peacekeeper europei agli alberi.

Un nuovo rapporto congiunto del think tank Bruegel e del Kiel Institute spiega che gli Stati Uniti hanno 80.000 militari americani nel continente. Se Washington dovesse ritirare le truppe, l’Europa avrebbe bisogno di altri 300.000 militari o 50 brigate. Ci sarebbe bisogno della coscrizione obbligatoria. Ma gli eserciti europei non sono neanche come rifornire i ranghi esistenti (soltanto la Polonia ha aumentato i soldati). La Danimarca ora vuole portare le donne a combattere (ma dovrebbero essere donne israeliane).

Su entrambe le sponde dell’Atlantico, l’ethos guerriero e il valore del coraggio hanno perso importanza. I sondaggi indicano che ampie fasce di giovani nella società europea hanno dichiarato di non essere pronte a combattere per difendere la propria nazione.

Per scoraggiare un’ipotetica invasione russa nei paesi baltici, un esercito europeo avrebbe bisogno di 1.400 carri armati, 2.000 veicoli da combattimento di fanteria e 700 pezzi di artiglieria, nonché di un milione di proiettili da 155 mm e solo per i primi tre mesi di combattimento ad alta intensità.

Ciò, tuttavia, “supera l'attuale potenza di combattimento delle forze di terra francesi, tedesche, italiane e britanniche messe insieme”, afferma il rapporto Bruegel-Kiel.

“Dove c’è la volontà, beh, almeno c’è la volontà. Questo sta diventando il motto dell’Europa sulla spesa per la difesa”. Così un editoriale del Wall Street Journal. “Gli alleati dell’America hanno deciso che vogliono ricostruire finalmente i loro eserciti, anche se come o quando lo faranno resta oscuro. Nel 2022 Berlino ha creato un fondo speciale da 100 miliardi di euro per gli appalti militari. Quei soldi si esauriranno in un paio d’anni e Merz sta valutando i modi per versare altri 200 miliardi di euro in diversi anni per il riarmo. Ciò richiederebbe un emendamento costituzionale per esentare questo fondo di difesa dal requisito di bilancio in pareggio e c’è un ampio sostegno tra i partiti tradizionali tedeschi per farlo. Sembra fantastico. In Gran Bretagna, la sfida è matematica di base. L’impegno di difesa di Starmer implica una spesa annuale aggiuntiva ben al di sopra di 13 miliardi di sterline entro il 2027. Questo quando il debito pubblico è già circa il 95 per cento del Pil. Starmer afferma che può aumentare la difesa tagliando il budget degli aiuti esteri, il che potrebbe essere vero per ora. Ma la Gran Bretagna ha quasi certamente bisogno di aumentare la spesa oltre il 2,5, e ciò richiederà tagli all’assistenza sociale a cui il partito di Starmer resisterà”. La Germania affronta una sfida simile. “I trasferimenti all’Ucraina hanno esaurito gli arsenali e Berlino rimane contorta nella burocrazia che ritarda l’acquisto di nuove armi. I funzionari britannici hanno avvertito che l’esercito del Regno Unito potrebbe sostenere una guerra per due mesi. Trump potrebbe rivendicare il merito di aver spaventato l’Europa inducendola a nuovi investimenti militari che Washington ha sollecitato a lungo. Tuttavia, c’è il rischio che gli Stati Uniti possano ritirarsi dall’Europa prima che l’Europa sia pronta a difendersi. Gli Stati Uniti non trarranno vantaggio da qualsiasi instabilità ne risulti. Per quanto sia stato sciocco da parte dei leader europei lasciare che i loro eserciti arrivassero a questo punto morto, sarebbe pericoloso per l'America non dare loro il tempo di tirarsi fuori dal buco”.

Prendiamo l’Inghilterra, l’unico paese con la Francia con un esercito abbastanza serio da competere con un eventuale ritiro americano.

Un alto ufficiale dell'esercito britannico ha appena detto al Times che il suo esercito è “lo zimbello dell'Europa” (pensiamo cosa siano gli eserciti italiano, spoagnolo, olandese, belga, portoghese etc…).

Quando cadde il Muro di Berlino, l’esercito inglese aveva 152.800 soldati. Il governo di Tony Blair li ridusse a 110.000; quello di David Cameron a 87.000. I piani per far scendere quel numero a 82.000 furono accelerati dal segretario alla Difesa Ben Wallace, che oggi fa la voce grossa contro Trump. È generalmente accettato che entro l'anno prossimo i numeri saranno scesi a 72.500. Questa è una stima generosa: ci sono resoconti credibili che l'esercito inglese potrebbe presto contare solo 67.800 soldati.

Le forze armate del Regno Unito sono più piccoli che ai tempi delle guerre napoleoniche.

La saga della portaerei ammiraglia inglese, la HMS Queen Elizabeth, è rivelatrice. Avrebbe dovuto guidare un'esercitazione Nato al largo della costa norvegese, per dimostrare la potenza e la forza dell’esercito di Londra. Ma il suo albero motore si è rotto.

Ben Hodges, ex comandante delle forze statunitensi in Europa, sostiene che non ci sono neanche abbastanza treni per spostare soldati abbastanza velocemente in caso di emergenza. “Oggi c'è la capacità di spostare una brigata corazzata e mezza”, ha detto Hodges a un simposio sulla difesa.

L'ex capo della Royal Navy, l'ammiraglio Nigel Essenigh, ha parlato di “scomode somiglianze” tra le difese del Regno Unito di oggi e quelle dei primi anni ‘30, durante l'ascesa della Germania nazista. La Royal Air Force inglese oggi ha solo un quarto del numero di aerei che aveva nel 1970. I cacciatorpedinieri e le fregate della Royal Navy sono 19, rispetto ai 69 del 1977. Nel 1990 la Gran Bretagna aveva 27 sottomarini (esclusi quelli che trasportano missili balistici) e la Francia ne aveva 17. I due paesi ormai ne hanno sette e sei rispettivamente. E Gran Bretagna e Francia sono comunemente considerate come le uniche due nazioni europee che ancora prendono sul serio la difesa.

Il ministro dei Veterani Al Carns ha appena detto che l’intero esercito britannico verrebbe logorato in “sei mesi o un anno” in una guerra importante.

A Washington, la Gran Bretagna non è più considerata di “livello uno” (Stati Uniti, Russia, Cina e Francia) e ora è più vicina alla Germania o all'Italia: paesi con un esercito, ma inutili in caso di conflitto.

Le forze armate attive della Francia si sono ridotte del 56 per cento tra il 1990 e il 2024.

Prendiamo la Germania. In un articolo su Foreign Policy, Hans Kundnani ha scritto che “un semplice confronto tra il bilancio militare americano e quello tedesco illustra il problema”. Secondo l'International Institute for Strategic Studies, il bilancio della difesa degli Stati Uniti è di 597,5 miliardi di dollari. Quello della Germania di 36,7 miliardi di dollari, un ventesimo di quello americano. Lo stesso vale per il numero di soldati: l'esercito tedesco si è ridotto a 176.752 militari attivi, un settimo dei 1,3 milioni degli Stati Uniti.

La Francia potrebbe mobilitare 20.000 soldati in 30 giorni, secondo il capo del comando congiunto del suo esercito terrestre, il generale Pierre Schill. Il Regno Unito potrebbe al massimo sforzarsi di radunare una divisione tra 20.000 e 30.000 soldati, anche se ciò richiederebbe più di un mese, ha affermato Matthew Savill del Royal United Services Institute, un think tank di difesa e sicurezza con sede a Londra. Le perdite dell'Ucraina contro la Russia di 31.000 soldati rappresenterebbero la perdita dell’intera forza combattiva dell’esercito britannico.

La Francia ha ancora una portaerei di valore, la Charles de Gaulle, che trasporta in genere 30 jet da combattimento Rafael. Il Regno Unito ha due di queste imbarcazioni, che insieme hanno la capacità di ospitare 48 jet da combattimento F-35 oltre agli elicotteri. Ma avrà solo 37 aerei da combattimento entro il 2025. Una singola portaerei statunitense di classe Nimitz, di cui ce ne sono 10, porta 69 velivoli.

Ma non è un problema tecnico, ma di volontà. E noi siamo edonisti felici di essere finiti, con Francis Fukuyama, alla “fine della storia”.

Nel suo libro Le crépuscule de l'universel: L’Occident post-moderne et ses adversaires, un conflit mondial des paradigmes, la filosofa liberal-conservatrice Chantal Delsol scrive: “Putin vuole la guerra per aumentare l'Impero, mentre l'Occidente postmoderno rifiuta qualsiasi guerra. Accettiamo la guerra solo per difendere il pacifismo”.

Nessuno ricorda l’elegante Guido Westerwelle, ministro degli Esteri tedesco dal 2009 al 2013, che fece del ritiro delle armi nucleari americane dalla Germania una delle sue massime priorità e promise di fare della Germania una “leader della pace e del disarmo”?

Fino a vent’anni fa, la Svezia, fresco membro della Nato, era una potenza militare. Poi, una serie di decisioni basate sulla convinzione che le guerre in Europa fossero “una cosa del passato” e che la pace kantiana universale fosse a portata di mano, hanno praticamente lasciato la Svezia senza difese. Da comandante in capo della Svezia, Sverker Göransson ha detto che nel migliore dei casi la Svezia potrebbe “difendersi in un unico luogo e solo per una settimana”.

Cosa ha fatto la Spagna dopo che al Qaeda ha bombardato i treni di Madrid? Ha ritirato il suo esercito dall’Iraq. Cosa ha fatto la Francia dopo la carneficina al Bataclan? Ha suonato “Imagine” di John Lennon. Cosa ha fatto il Belgio dopo gli attentati di Bruxelles? Ha acceso candele. Cosa ha fatto la Germania dopo il massacro al mercatino di Natale di Berlino? Ha scritto con i gessetti “Je suis Berlin”. Ricordo che quando fummo attaccati dallo Stato Islamico, il ministro della Difesa italiano Roberta Pinotti escluse l'idea di una partecipazione dell'Italia all'azione contro l’Isis, dopo che i ministri della Difesa dell'UE avevano sostenuto all'unanimità la richiesta di aiuto francese (fu Trump a distruggere l’Isis con l’aiuto dei curdi, poi abbandonati al loro destino).

Così è stato in Libia nel 2011, una guerra sciagurata. Le nazioni europee volevano guidare lo sforzo navale per distruggere la macchina da guerra di Muammar Gheddafi. Alla fine, solo gli Stati Uniti avevano missili da crociera Tomahawk in numero sufficiente per annientare le difese aeree libiche in modo che i jet da combattimento europei potessero volare sopra la Libia in sicurezza (almeno uno dei Tomahawk del Regno Unito è rimasto incastrato nel tubo di lancio).

Secondo una stima fatta venerdì dal think tank Dezernat Zukunft, la spesa complessiva per costruire una capacità militare sufficiente a garantire una vera indipendenza dagli Stati Uniti ammonterebbe a 615 miliardi di euro.

Ma ci sono sette paesi della Nato che spendono di più per il pagamento degli interessi sul debito che per la difesa: drogati di debito pubblico, non saremo mai in grado di spostare risorse sulla sicurezza. In uno studio pubblicato dall’Università di Harvard si spiega che, nel caso gli Stati Uniti si ritirassero dall’Europa, quest’ultima resterebbe completamente indifesa.

Trovo allora fantastici certi europeisti e filoucraini, specie a sinistra e specie nel partito di Elly Schlein. Facciamo l’ipotesi che gli Stati Uniti si sono stancati di difendere gli europei, il giorno dopo in cui ci fosse bisogno di mettere in campo le risorse di cui sopra partirebbe il tormentone politico mediatico che “non si devono togliere risorse alla sanità, al welfare e alle pensioni per finanziare un riarmo europeo”.

Vecchia storia.

Dalla lotta contro le “piogge acide” delle industrie tedesche passarono alla lotta contro gli euromissili. Qualcuno lanciò anche slogan strani, come “lieber rot als tot” (meglio rosso che morto). Due milioni di persone firmarono il cosiddetto “Appello di Krefeld” contro i missili americani e più di un milione sottoscrissero l’“appello per la pace” dei sindacati. Un milione di persone presero parte ai raduni, ai cortei, alle “catene umane” a Bonn, ad Amburgo, a Stoccarda, a Berlino Ovest, compresi tanti scrittori, come Günther Grass e Heinrich Böll.

Quei tempi non sono mai andati via. I tedeschi hanno coniato un’espressione ancora valida: Frieden schaffen ohne Waffen (costruire la pace senza le armi). Berlino ha fallito due volte nel conquistare l'Europa. Ora pensava di aver vinto senza “ferro e sangue”, come diceva Bismarck. Gli eredi prussiani del XXI secolo lucidano le loro BMW e Mercedes, non i carri armati. E la Repubblica di Berlino è sinonimo di pace über alles.

Lars Eidinger, l’attore tedesco famoso per il suo Amleto, in tv ha appena detto: “Da diciottenne ho rifiutato il cosiddetto servizio nella cosiddetta Bundeswehr. La domanda essenziale a cui dovevo rispondere era: quando uno dei miei cari viene minacciato con una pistola e ho avuto la possibilità di uccidere l’aggressore, come avrei reagito? La mia risposta è stata: non sparerei, per non servire la spirale dell’aggressività. Ancora oggi credo in questo ideale”.

Siamo dunque fuori dai giochi per il momento, un misto di proiezioni di sensi di colpa, fantasie di impotenza e moralistica onnipotenza. Una fuga di fronte alla realtà simile ai bambini che si coprono gli occhi con le mani e credono di non poter più essere visti. Tutto molto confortevole. Ma come ha detto Rumsfeld: “Si va in guerra con l'esercito che si ha”.

E tutti sanno questa amara verità, ovvero che allo stato attuale delle cose senza lo scudo americano saremmo nella merda. Tutto il resto è soltanto un editoriale ben scritto per farci sentire in pace con la coscienza, che è sempre un po’ come la famosa botte piena e la moglie ubriaca.

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