Se questo ostaggio non è un uomo Newsletter di Giulio Meotti
Testata: Newsletter di Giulio Meotti Data: 18 febbraio 2025 Pagina: 1 Autore: Giulio Meotti Titolo: «Se questo ostaggio non è un uomo»
Riprendiamo il commento di Giulio Meotti, dalla sua newsletter, dal titolo: "Se questo ostaggio non è un uomo".
Giulio Meotti
Le tremende prigioni di Hamas non scuotono le coscienze occidentali. Degli ostaggi israeliani, da 500 giorni tenuti in condizioni disumane, non interessa niente a nessuno dalle nostre parti.
Che la coscienza liberal dell’Occidente resti indifferente di fronte alle immagini degli ebrei israeliani liberati dalla prigionia dei terroristi islamici è aberrante e allarmante. Sembra che neanche i crimini che riecheggiano i momenti più bui del XX secolo siano sufficienti a spezzare la frivolezza culturale e il narcisismo morale dei nostri tempi.
Se avessimo ancora scrittori e non soltanto scrittorini, oggi uno di loro, cresciuto citando Primo Levi, sarebbe intento a lavorare a un saggio dal titolo “Se questo è un ostaggio”. Così, visto che non ce ne sono, l’ho scritto io.
Hamas ha posizionato sul palco a Gaza una clessidra con le foto dell’ostaggio Matan Zangauker e di sua madre Einav, sotto la didascalia: “Il tempo stringe”.
Anche le madri degli ostaggi sono torturate psicologicamente. “Il tempo stringe” è lo slogan del forum delle famiglie degli ostaggi. I fondamentalisti islamici sono abilissimi lettori della psiche occidentale.
Romi Gonen ha iniziato a mangiare solo tre settimane dopo il rilascio da parte di Hamas. Lo ha raccontato la madre, Meirav. “E’ stato scioccante, orribile e, con il passare del tempo, vedremo casi ancora più gravi”. Una delle prime cose che ha notato di sua figlia quando è tornata da 471 giorni di prigionia sono state “le lunghe dita sporgenti”. Questa settimana, Gonen è stata sottoposta a dieci ore di sala operatoria per le lesioni alla mano. Agli ostaggi tailandesi è andato appena un po’ meglio: Hamas gli ha rotto i denti con il fucile.
Gli ostaggi venivano tenuti in ambienti estremamente insalubri, pieni di pidocchi, cimici, muffe e funghi.
“Gli ebrei ci stanno facendo morire di fame”, ha gridato Hamas portando dalla sua mezzo Occidente, quando in realtà Hamas stava facendo morire di fame gli ebrei.
Per oltre un anno, l’intera comunità internazionale ha ballato al ritmo della propaganda sulla “carestia” a Gaza. Poi Hamas ha mostrato quello che voleva che il mondo vedesse: la prova della loro crudeltà, indossata sui volti e sui corpi di coloro che tormentano dal 7 ottobre.
La Croce Rossa non ha nemmeno mai finto di interessarsi alla sorte degli ostaggi israeliani tenuti da Hamas. Quando la madre di uno degli ostaggi ha supplicato la Croce Rossa di provare a consegnare le medicine di cui sua figlia aveva bisogno ogni giorno, i funzionari della Croce Rossa l’hanno rimproverata: “Pensa alla parte palestinese”.
C'è una “strana riluttanza a vedere gli ebrei come vittime”, nelle parole di Hadley Freeman.
Intanto da Gaza arrivavano tre ostaggi con zigomi pronunciati, occhi infossati, clavicole prominenti, deperimento muscolare: dov’è lo scandalo? “Sembra che sia stato a Bergen Belsen”, dicono i familiari di uno degli ostaggi, Eli Sharabi. A uno di loro è stato insegnato di nuovo a camminare prima di essere liberati.
Donald Trump, scosso e inorridito da queste immagini, ha osservato che quei tre uomini “sembravano sopravvissuti all'Olocausto” e ha detto: “Non so per quanto tempo ancora potremo sopportare questo”.
Finalmente una risposta moralmente corretta da parte di un leader occidentale.
Durante la lugubre “intervista” che i terroristi hanno imposto a tre ostaggi poco prima di consegnarli alla Croce Rossa, si sente Eli Sharabi che dice in ebraico: “Mi sento molto, molto felice oggi di tornare dalla mia famiglia e dai miei amici, da mia moglie e dalle mie figlie”. Non sapeva che sua moglie Lianne e le sue figlie, Noiya di 16 anni e Yahel di 13, erano state assassinate nella loro casa il 7 ottobre 2023, lo stesso giorno in cui lui veniva rapito dal kibbutz Be’eri e deportato a Gaza.
La macchina della propaganda antisemita, stavolta per la prima volta oliata dalla gente “perbene”, riuscirà a convincere l’opinione pubblica che gli ebrei sono gli unici responsabili del loro aspetto?
Or Levy è stato tenuto quasi sempre nei tunnel, poteva farsi la doccia solo a distanza di mesi una dall’altra, è stato a piedi nudi per 491 giorni e ha indossato delle scarpe per la prima volta il giorno del rilascio.
Gli ostaggi hanno subito gravi torture durante la prigionia, fisiche e psicologiche, ha riferito l'emittente pubblica israeliana Kan 11. Sono stati strangolati, legati, imbavagliati con un panno fino al soffocamento, appesi a testa in giù e bruciati con un oggetto caldo. Uno degli ostaggi ha rivelato di essere stato incatenato. “Ero ammanettato in un tunnel buio, senza aria né luce. Non potevo camminare o stare in piedi, solo prima del mio rilascio i miei rapitori hanno rimosso le catene, costringendomi a imparare di nuovo a camminare”.
Sagui Dekel-Chen, rapito mentre combatteva contro i terroristi invasori con la squadra di sicurezza del suo kibbutz il 7 ottobre 2023, è stato trattenuto in un ospedale di Gaza per le prime settimane di prigionia. È stato “torturato durante gli interrogatori” dai terroristi, ha detto a Channel 12, e ha cicatrici sul corpo a dimostrarlo.
I rapitori mangiavano di fronte agli ostaggi e negavano loro il cibo, e a volte costringevano gli ostaggi a scegliere chi avrebbe mangiato e chi no.
“L’ho abbracciato, ma non era lo stesso Or che ha lasciato la casa il 7 ottobre 2023”, ha detto Michael Levy, fratello dell’ostaggio Or.
Chi sarebbe più lo stesso dopo 16 mesi in queste condizioni? Hamas faceva vedere i video delle torture dei loro compagni di prigionia alle soldatesse israeliane rapite.
Il padre di Daniella Gilboa racconta: “Non c’era acqua e Daniella e le altre ragazze dovettero bere acqua di falda contaminata. La fece ammalare gravemente e per settimane fu in fin di vita. Alcuni giorni, venivano nutrite con mangime per animali: scarti immangiabili di verdure sporche e una specie di farina dura”.
“I loro muscoli facciali sono scomparsi”, avverte la professoressa Ronit Endevelt, consulente del quartier generale delle famiglie degli ostaggi. “Dopo più di un anno di privazione alimentare, il tessuto muscolare è danneggiato, compresi i muscoli degli apparati vitali del corpo”. La fame deliberata è chiara alla luce di uno studio condotto da lei e dai colleghi del Ministero della Salute, della Ben-Gurion University, dell'Università di Haifa e dell'Università Ebraica, che sarà pubblicato questa settimana. “La nostra ricerca mostra che gli aiuti umanitari a Gaza forniscono tremila calorie a persona al giorno. Ciò significa che in termini di cibo per la popolazione, abbiamo assicurato che non ci fosse fame. Stanno deliberatamente causando la malnutrizione degli ostaggi”.
Non penso che sia solo Hamas a essere una minaccia per la civiltà occidentale. È l’intera causa palestinese come si è imposta da mezzo secolo.
Gadi Mozes, che ha compiuto ottant’anni in in mano a Hamas e rilasciato due settimane fa, è stato tenuto solo per tutti i 482 giorni in cui è rimasto sotto i terroristi. Quando ha incontrato Arbel Yehoud, rilasciata prima di lui, era la prima volta che Mozes poteva vedere un altro ostaggio israeliano dal 7 ottobre. Per i primi settanta giorni di prigionia, Mozes è stato in completo isolamento, chiuso da solo in una stanza buia. Mozes ha scoperto per caso, mentre era a Gaza, che sua moglie Efrat era stata assassinata nel kibbutz (non sapeva invece che sua figlia si era salvata). Per gran parte del tempo, Mozes è stato tenuto in una stanza di due metri per due. Camminava avanti e indietro nella sua stanza un certo numero di volte al giorno contando le piastrelle del pavimento e intratteneva conversazioni immaginarie coi suoi cari. Ogni cinque giorni gli veniva data una bacinella di acqua per lavarsi e una tazza. Da Hamas, Mozes ha ottenuto un libro per leggere, sull’islam.
Shlomo Mansour non è stato “fortunato” come Gadi. Shlomo era un grande uomo, un uomo buono di ottantasei anni. Ebreo iracheno sopravvissuto al pogrom di Baghdad del 1941, tra i fondatori del kibbutz Kissufim, lavorava il legno ed era sposato da sessant’anni, molti nipoti. Le sue radici erano quelle di ogni ebreo, mutevoli e forti. Lo hanno ucciso il 7 ottobre e portato il corpo a Gaza. Il corpo di un vecchio ebreo da barattare, assassini.
In un lungo articolo sul Wall Street Journal, i medici hanno descritto i tragici strascichi di questi quindici mesi di prigionia. Alcune delle donne israeliane rilasciate da Hamas nelle ultime due settimane avevano ancora schegge nel corpo a causa delle ferite non curate riportate nell'attacco del 7 ottobre 2023. “Sette donne hanno ricevuto scarse cure mediche durante la loro prigionia e ora affrontano complessi problemi di salute mentale”, ha detto al quotidiano americano Avi Benov, vice capo del corpo medico militare israeliano.
Keith Siegel ha ricordato di essere stato trascinato 33 volte tra tunnel e edifici bui. Tra i nascondigli di Keith c'era una casa di famiglia, dove è stato rinchiuso in una stanza, insieme a una famiglia palestinese con bambini.
Testimonianza di Israeli News 12 di una donna ostaggio recentemente rilasciata: “Era tenuta prigioniera da un padre sposato con più mogli. Era un comandante anziano della Jihad islamica palestinese ed era estremamente violento, oltre ogni dire. L'ha trasformata in una schiava domestica”.
Sulla strada 232 vicino Reim c’era un rifugio. Il 7 ottobre tanti giovani israeliani vi trovarono riparo, non sapendo che sarebbe stata la loro tomba. Hamas filmò il suo assalto alla struttura, dove trovarono la morte dodici israeliani. Quattro persone sono state rapite dal “rifugio della morte”: Hirsch Goldberg-Polin, Or Levy, Alon Ohel ed Eliya Cohen. Hersh è stato assassinato in un tunnel di Hamas sotto Gaza, Or è stato rilasciato dopo 491 giorni di prigionia, ma Alon ed Eliya rimangono a Gaza, in condizioni disumane. Nel frattempo, la madre di Eliya, Sigi, ha parlato delle condizioni in cui sono tenuti suo figlio e Alon Ohel. Dopo il rilascio degli ostaggi sabato scorso, la famiglia ha ricevuto il suo primo segno di vita. “Sappiamo che sono stati incatenati dal giorno del rapimento fino a oggi, inimmaginabile. Una persona incatenata per un anno e quattro mesi. Sono trattati come animali. Ricevono a malapena cibo, non vedono la luce del giorno, sono stati nei tunnel dal giorno in cui sono stati rapiti fino a oggi. E non parlo degli abusi, non so cosa abbiano dovuto subire lì”. Ha aggiunto la signora Cohen che a Gaza ci sono 22 giovani il cui rilascio non è neppure previsto in questa fase “e dei quali non si parla”.
Idit Ohel, il cui figlio Alon Ohel sta trascorrendo il suo secondo compleanno in prigionia a Gaza, ha detto ai giornalisti in una conferenza stampa di aver appreso da fonti militari che avevano parlato con gli ostaggi rilasciati più di recente che suo figlio aveva una ferita all’occhio che lo ha lasciato parzialmente cieco.
Il bisnonno di Alon è sopravvissuto ad Auschwitz. “Ne è uscito con 30 chili ed è sopravvissuto, ed è venuto in Israele e ha creato una bellissima famiglia”.
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I cinque agricoltori thailandesi che lavoravano nei kibbutz hanno detto di essere stati tenuti in tunnel dove facevano fatica a respirare e non ricevevano sempre il cibo. Hamas non solo aveva picchiato e messo in gabbia Yarden Bibas (come Ofer Calderon), ma lo ha anche torturato picchiandolo e con falsi aggiornamenti sulla sorte della sua famiglia, la moglie e i due bambini: un giorno erano vivi, il giorno dopo erano stati assassinati da Israele, solo per essere rianimati con rassicurazioni sul loro benessere, tutto daccapo. Bibas ha detto di essere stato costantemente trasferito a Khan Younis e di aver persino imparato l’arabo.
Adam Berger racconta che sua figlia, Agam, ha assistito ad abusi fisici durante la prigionia. “A volte torturavano altre donne ostaggi davanti ai suoi occhi”.
A molti per lavarsi davano “panni imbevuti di acqua fredda”. Alcuni ostaggi hanno avuto bisogno di sedativi a causa dello stress. Daniella Gilboa è tornata con un proiettile ancora nella gamba. Durante gli attacchi del 7 ottobre, prima di catturare Emily Damari, i terroristi di Hamas hanno sparato al suo cane. Mentre lei stava confortando il cane morente, Hamas le ha sparato alla mano, tagliandole due dita, poi l’ha trascinata a Gaza.
Il portavoce dell'esercito Daniel Hagari si è calato nel buco in cui sono stati detenuti e uccisi Hersh Goldberg Polin, Eden Yerushalmi, Carmel Gat, Ori Danino, Almog Sarusi, Alex Lobanov. Da una stanza per bambini decorata con Topolino è sceso in una tana in cui è impossibile stare in piedi: bottiglie di urina e un secchio per i bisogni, bottiglie a di acqua per bere e lavarsi, panni da donna a terra, un Corano, sangue dei sei giovani. Hagari ha detto che i prigionieri erano ridotti a un peso minimale, sui trenta chili come ad Auschwitz.
“I terroristi di Hamas hanno costretto i bambini prigionieri a guardare i video delle atrocità commesse il 7 ottobre”, ha detto la zia di Eitan Yahalomi, dodici anni, alla tv francese dopo il rilascio. “Quando è arrivato a Gaza, tutti i residenti, tutti, lo hanno picchiato, un bambino di dodici anni e ogni volta che uno dei bambini piangeva lo minacciavano con i fucili per farlo tacere. Volevo sperare che fosse trattato bene, ma alla fine non è stato così, sono dei mostri”. Eitan non parla. “Ci vorrà molto lavoro e portarlo in un posto dove sia in grado di parlare”.
Molti bambini liberati dopo due mesi sono stati marchiati a fuoco sulle gambe con i tubi di scappamento delle moto. Quando chiedevano di andare in bagno dovevano aspettare per ore, quando piangevano venivano minacciati con armi puntate alla testa al grido “stati zitto!”. Avevano lividi e pidocchi. Un ragazzino di 12 è stato chiuso al buio, da solo, per 16 giorni prima di essere riunito con alcuni altri ostaggi. Due gemelle di tre anni sono state separate l’una dall’altra e dai loro genitori. Omer Niv, vice direttore e pediatra dello Schneider Children’s Medical Center, il maggiore ospedale pediatrico di Israele e del medio oriente, dove sono in cura molti piccoli ostaggi rilasciati, racconta: “Sono come fantasmi. Soffrono di una depressione grave in misura mai vista prima, sono tristi, camminano lentamente, non vogliono uscire dalla stanza, scoppiano a piangere se vedono un estraneo, hanno paura, masticano il cibo lentamente, temono ogni rumore”. Che fare? Non esiste letteratura scientifica su esempi in cui bambini piccoli siano stati rapiti, tenuti in luoghi claustrofobici, in condizioni igieniche estreme, separati dai genitori, nutriti a malapena, torturati con false notizie come la morte di papà e mamma. Non c’è mai stata una terapia per questi danni. Perché non era mai successo niente del genere nella storia dell’umanità.
Un lavoratore tailandese liberato racconta che gli ostaggi israeliani con cui era tenuto prigioniero sono stati picchiati selvaggiamente con cavi elettrici. “Ero con gli israeliani e c’erano sempre guardie. Gli ebrei che erano con me sono stati trattati più duramente. A volte venivano picchiati con cavi elettrici”.
Agam Goldstein-Almog, per due mesi nelle mani di Hamas, è stata costretta a indossare un velo completo e un abito lungo, le è stato imposto di guardare sempre a terra, è stata costretta a recitare le preghiere islamiche e i terroristi le hanno dato un nome tratto dal Corano: “Salsabil”.
Il padre di Emily Hand, che ha il doppio passaporto irlandese e israeliano, ha raccontato che sua figlia parla solo a bassa voce dopo che le è stato ordinato di rimanere in silenzio durante la prigionia. Emily ha solo nove anni. Era stata rapita mentre dormiva nel kibbutz Be'eri insieme alla sua amica Hila. Erano chiuse in una stanza con altri ostaggi. A terra c’erano dei materassi. Potevano andare solo in bagno. Mancava l’acqua, per cui tutti i bisogni fisici rimanevano lì. Ogni quattro, cinque giorni portavano un secchio colmo e lo versavano nel water e, a turno, a uno degli ostaggi toccava pulire. Per lavarsi usavano asciugamani bagnati in un pentolino riscaldato con una stufetta a gas.
Aviva Siegel, la madre di Shir, che è stata tenuta prigioniera a Gaza dal 7 ottobre alla fine di novembre e il cui marito Keith è stato liberato dieci giorni fa, ha raccontato: “I terroristi hanno portato loro abiti per bambole e le hanno trasformate nelle loro bambole. Fantocci con i quali si poteva fare quanto si voleva, quando si voleva”. Ad Amit Soussana è andata peggio.
Una volta liberata, Amit ha raccontato di essere stata tenuta in ostaggio nella camera da letto di un bambino a Gaza con una catena alla caviglia. Il terrorista di Hamas incaricato di sorvegliarla, “Muhammad”, di tanto in tanto si sedeva accanto a lei sul letto, le sollevava la maglietta e la palpeggiava. Muhammad le chiedeva costantemente del ciclo mestruale, se si era lavata e quando sarebbe finito. Una mattina, Muhammad le slacciò la catena alla caviglia in modo che potesse lavarsi nella vasca da bagno. Poi è tornato con una pistola. “Mi ha puntato la pistola alla fronte”. L'ha trascinata nella stanza del bambino, ricoperta di immagini di SpongeBob. “Poi, con la pistola puntata, mi ha costretto a commettere un atto sessuale”.
Due adolescenti costretti a compiere atti sessuali l’uno sull’altro. Donne abusate sessualmente e costrette a denudarsi davanti a tutti, legate al letto, minacciate, tirate per i capelli. Frustate. Quanto è contenuto nel rapporto del ministero della Salute israeliano uscito a dicembre.
Un veterinario di Gaza ha eseguito un intervento chirurgico su un ostaggio francese-israeliana mentre era tenuta prigioniera, ha rivelato la zia. Vivian Hadar dopo il rilascio della nipote Mia Shem ha raccontato: “Un veterinario le ha operato il braccio”. Mia era apparsa in un video di propaganda di Hamas in cui diceva: “Si prendono cura di me, mi danno medicine, va tutto bene”. Ofelia Roitman, 78 anni, ha raccontato: “Quando mi hanno rapita mi avevano sparato ed ero ferita a una mano. Arrivati a Gaza mi hanno portata dentro a uno dei tunnel. C’era una stanza attrezzata come una sorta di ambulatorio. La dottoressa (palestinese) ha detto, in inglese, ‘l’ebrea non la curo’”.
Come mi ha detto Michel Onfray, “stanno preparando la ummah all’idea che il programma nucleare iraniano possa spazzare via il ‘male’ dal pianeta. Stanno lavorando per l’avvento di un Olocausto definitivo e fatale. In modo gramsciano, stanno completando la Soluzione Finale lavorando per la sua finalità. Non c’è bisogno di essere ebrei per soffrire di questa barbarie, bisogna semplicemente amare la vita, a dispetto di chi adora la morte. Ma l’Occidente è in decomposizione, sta morendo e non lo sa, l’élite insulta chi glielo dice e allo stesso tempo lavora per distruggere ciò che resta della sua vita. E’ segno di nichilismo rivolgere contro se stessi le pulsioni di morte che l’Occidente non sa più come gestire, se non amandole”.
I progressisti nostrani non sembrano molto scossi dalle inquietanti similitudini con gli eventi che sconvolsero l’Europa d’anteguerra. Ma sono avvertiti, scrive John Aziz: “L’Occidente è la prossima vittima dei fondamentalisti islamici”. Il nuovo Hitler ha promesso a tutti il paradiso all’ombra delle spade.
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