Trump/Putin: Non tradire le alleanze Commento di Maurizio Molinari
Testata: La Repubblica Data: 13 febbraio 2025 Pagina: 1 Autore: Maurizio Molinari Titolo: «Non tradire le alleanze»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 13/02/2025, a pag. 1, con il titolo "Non tradire le alleanze", il commento di Maurizio Molinari.
Maurizio Molinari
Iniziata la trattativa fra Trump e Putin, per la fine del conflitto in Ucraina. Il pericolo peggiore, adesso, è che si spacchi la Nato. Che è esattamente quel che Putin vorrebbe.
A quasi tre anni dallinizio della più grande guerra in Europa dal 1945 arriva la svolta sul fronte ucraino: la novità dialogo diretto, e globale, fra Donald Trump e Vladimir Putin. Per la prima volta i due presidenti fanno sapere di essersi parlati, concordano di vedersi e iniziare negoziati per arrivare alla fine del conflitto.
Sin dall’indomani della vittoria elettorale di Trump, i due leader si erano già sentiti, protetti sempre dal riserbo più stretto, ed ora siamo davanti all’accelerazione descritta da quanto avviene attorno a loro: la liberazione dell’ostaggio americano Marc Fogel in cambio del cybercriminale russo Alexander Vinnik detenuto in America; il colloquio di tre ore dell’inviato Usa Steve Witkoff al Cremlino; le parole del capo del Pentagono Hegseth contro il ritorno dell’Ucraina alle frontiere del 2014 e contro la sua adesione alla Nato; la richiesta di Putin di restare in possesso di quattro regioni ucraine e di lasciare, appunto, Kiev fuori dall’Alleanza; l’interesse di Trump per lo sfruttamento delle terre rare ucraine per rientrare dei “300 miliardi di dollari versati”; la volontà Usa di coinvolgere la Cina; il messaggio del leader ucraino Volodymir Zelensky all’Europa di fare quadrato con la Casa Bianca, evitando pericolose spaccature fra alleati.
E poi c’è un dettaglio rivelatore: Witkoff è arrivato a Mosca per incontrare non solo Putin ma anche dignitari sauditi ed emiratini ovvero dei due Paesi del Medio Oriente che potrebbero ospitare uno dei summit Trump-Putin in tempi stretti, per arrivare alla tregua ucraina “entro Pasqua” come suggeriscono fonti britanniche. Siamo dunque davanti ad un cambio di dinamica fra Washington e Mosca. Perché il dialogo che iniziano va ben oltre l’Ucraina: include Medio Oriente, energia, Intelligenza artificiale e gli equilibri economici. È un’agenda globale, svela la volontà di riordinare assieme il Pianeta.
Se il primo e fondamentale elemento di quanto avviene è il dialogo personale — prima segreto ed ora pubblico — Trump-Putin, il secondo è la riservatezza. Da quando si è insediato alla Casa Bianca, Trump si è distinto per una raffica di azioni e annunci roboanti, tanto sul fronte interno che su quello internazionale, mentre in questo caso il metodo seguito è l’esatto opposto. Forse il motivo è che, come Trump disse nell’intervista a Time Magazine di fine anno, “il cessate il fuoco in Ucraina è il più difficile”, in quanto chiama in causa il motivo per cui Putin volle il conflitto: non solo cancellare l’indipendenza di Kiev ma cambiare a proprio vantaggio l’equilibrio di sicurezza in Europa.
Da qui l’ipotesi americana di un coinvolgimento di Xi Jinping ed anche lo scenario di più summit in America, Russia e Medio Oriente — la regione di cui Witkoff ha la responsabilità — perinserire il cessate il fuoco in una cornice più ampia, con ripercussioni in ogni scenario.
Ma non è tutto, perché il terzo tassello di quanto sta maturando sono i rapporti fra Washington e Kiev. Se Zelensky ha fatto conoscere la volontà di “scambiare” la regione russa del Kursk, occupata dai suoi soldati, con le regioni ucraine catturate da Mosca è perché questo è il nodo negoziale più difficile. Il Cremlino, infatti, vuole tutt’altro: restare in possesso delle “quattro regioni ucraine” che controlla, dunque, non solo Donbass e Crimea che aveva dal 2014 ma anche le aree di Zaporizhia e Mariupol conquistate dal febbraio 2022, grazie alle quali può godere di una continuità territoriale che diventa il premio strategico della guerra.
È su questo aspetto della trattativa, ovvero la divisione dell’Ucraina in due regioni separate dal cessate il fuoco come avvenuto con la Corea nel 1953 lungo il 38° parallelo, che si gioca da ora in avanti la partita più delicata. Anche perché il nuovo confine potrebbe essere lungo oltre mille km e per sorvegliarlo serviranno ingenti contingenti militari che potrebbero arrivare da Europa e Turchia. Italia inclusa.
Da qui la necessità per gli alleati europei di iniziare a lavorare con il nuovo presidente Usa come finora non hanno fatto. Non solo sull’Ucraina ma anche in Medio Oriente, dove le mosse di Trump tendono ad impedire a Hamas di tornare al potere a Gaza ed a immaginare nuove soluzioni al conflitto israelo-palestinese ma sono state accolte da molti governi — con l’importante eccezione dell’Italia — con eccessi di pessimismo e carenza di coraggio politico. Non c’è dubbio che Trump è un presidente Usa portatore di messaggi di brusca rottura rispetto al passato ma l’interesse dell’Europa resta di consolidare il legame atlantico e ciò significa accettare la sfida di condividere un metodo “out of the box” — fuori dagli schemi — nel tentativo di trovare la via d’uscita a conflitti finora senza soluzione. Al tempo stesso anche Trump, proprio in quanto presidente Usa, deve tener conto degli alleati europei che così tanto hanno dato e fatto per difendere Kiev. Senza contare che l’interesse di Washington è tenere compatta la Nato nella nuova fase che si apre. Anche perché sarà proprio la fine delle guerre in Ucraina e Medio Oriente a disegnare il nuovo assetto geopolitico globale, a guidare questo processo è Donald Trump e se la Nato si dividesse ora commetterebbe l’errore più grande.
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