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Corriere della Sera Rassegna Stampa
12.02.2025 Gli ostaggi e la nostra indifferenza: una giusta analisi
Commento di Ernesto Galli della Loggia

Testata: Corriere della Sera
Data: 12 febbraio 2025
Pagina: 1
Autore: Ernesto Galli della Loggia
Titolo: «Gli ostaggi e la nostra indifferenza»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 12/02/2025, a pag. 1, con il titolo "Gli ostaggi e la nostra indifferenza" il commento di Ernesto Galli della Loggia.

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Ernesto Galli della Loggia

Gli ostaggi rilasciati rivelano tutta la brutalità delle torture e delle condizioni inumane della loro prigionia. L'Italia e il suo sistema mediatico rispondono con la più completa indifferenza. La stessa Italia che si indigna, giustamente, per la morte di Regeni in Egitto e per il rilascio del criminale libico Almasri, non ha niente da dire sulla brutalità di Hamas, perché è indifferente sulla sorte di Israele. Non è assente neanche il Corriere della Sera.

Mi piacerebbe essere sicuro che l’Italia che da anni continua a indignarsi per l’assassinio di Giulio Regeni, seviziato fino alla morte dagli sgherri dei «Servizi» egiziani, che l’Italia che si è appena indignata perché il nostro governo, sotto la pressione di un gravissimo ricatto ha dovuto consentire a liberare Almasri, il ceffo della polizia libica gravemente indiziato di sottoporre abitualmente a torture i suoi prigionieri, mi piacerebbe essere sicuro che quell’Italia che si è egualmente indignata alla vista di Ilaria Salis trascinata in catene in un’aula del tribunale di Budapest, quell’Italia che pretende sacrosante punizioni esemplari per tutti i nostri agenti che trattano in modo violento chi per qualsiasi ragione è sottoposto alla loro custodia, mi piacerebbe essere sicuro, dicevo, che quella stessa Italia gridi la sua protesta contro il trattamento che Hamas ha inflitto agli ostaggi israeliani di cui si è impadronita durante il pogrom del 7 ottobre e che verosimilmente sta tuttora infliggendo a coloro che sono ancora nelle sue mani.

Riassumo dall’illuminante corrispondenza di Greta Privitera sulle colonne del Corriere: incatenati, rinchiusi nei tunnel nell’oscurità e al freddo, in certi casi senza neppure poter stare in piedi, privati dell’acqua per bere o lavarsi, costantemente tenuti alla fame, picchiati, talvolta appesi a testa in giù per ore. Così hanno vissuto per interminabili giorni, ignari di tutto, della sorte che li attendeva come di quella occorsa ai loro compagni, i prigionieri di Hamas.

Ho scritto: mi piacerebbe essere sicuro con quel che segue. Ma era solo una formula retorica perché in realtà sono sicuro esattamente del contrario. E cioè che in Italia per le torture inflitte da Hamas agli ostaggi israeliani non ci sarà nessuna, ma propria nessuna, ondata di proteste. «In fondo se la sono voluta» sarà il pensiero taciuto (e vigliacco) di grandissima parte dell’Italia indignata di cui sopra, seguito dal silenzio generale. Ma non solo qui da noi, scommetto: sicuramente in Europa sarà quasi dappertutto lo stesso voltarsi dall’altra parte, sarà lo stesso silenzio.

È il silenzio di una sostanziale indifferenza da parte del mondo, soprattutto di questa parte del mondo, di noi europei, per la sorte dello Stato ebraico. Un’indifferenza che è venuta crescendo pian piano da decenni, sempre meno nascosta, sempre più vicina all’insofferenza, e dalla quale, a me pare di capire, il popolo di quel lembo di terra si sente avvolto e come soffocato. È un’indifferenza che sembra destinarlo a una paurosa solitudine: la medesima che esso ha sperimentato per secoli.

Diciamo la verità: se non fosse perché da decenni la politica del governo di Gerusalemme, anche con le sue reazioni di tipo militare, con le sue decisioni e non da ultimo anche con i suoi errori, scatena periodicamente il caos nella polveriera mediorientale, acuendo al massimo ogni tensione, accendendo focolai di guerra in due o tre Paesi contemporaneamente, dando ogni volta l’impressione che si possa scatenare quasi una sorta di Armageddon generale, se non fosse per tutto questo a chi mai gliene importerebbe davvero di quel che può capitare ad Israele?

Da anni ed anni, a chi mai gliene è importato veramente, infatti, che un giorno sì e l’altro pure, cinque o sei Paesi, ma forse di più, dichiarassero come loro principale scopo quello di cancellare dalla faccia della terra l’«entità sionista»? Quasi si trattasse di qualcosa di assolutamente ovvio. Chi da anni ha mai pensato che si dovesse fare qualcosa per impedire che sulle città e sui cittadini di Israele piovesse regolarmente, come un inevitabile fenomeno meteorologico, come la cosa più normale di questo mondo, una micidiale pioggia di missili? Chi ha mai considerato scandaloso e denunciato apertamente come tale il fatto che per decenni l’Assemblea generale delle Nazioni Unite approvasse a getto continuo centinaia di mozioni di condanna nei confronti di Israele (praticamente per ogni cosa), e ben poche, pochissime, invece, nei confronti dei suoi tanti nemici? E che anzi molti dei quali, dediti istituzionalmente al terrorismo, addirittura l’Onu, come oggi è sempre più chiaro, li finanziasse e li impiegasse nelle sue stesse strutture?

Da lungo tempo le cose vanno così, in un silenzio che è l’altra faccia dell’ipocrisia. L’ipocrisia ad esempio, dietro cui si nasconde, ci nascondiamo noi opinione pubblica occidentale, insistendo da sempre sulla virtuosa formula di «due popoli due stati». Non avendo mai l’onestà, tuttavia, di dire qualcosa (almeno qualcosa!) circa gli enormi problemi che una simile soluzione presenta. Ad esempio la necessità del radicale, oggi pressoché inimmaginabile, cambiamento dello spirito pubblico che domina le masse palestinesi e le sue organizzazioni politiche: chi mai accetterebbe infatti di avere come vicino uno Stato governato da Hamas? Ma naturalmente ad una simile domanda nessuno di noi ha mai pensato o pensa di dover rispondere. Non sono affari nostri, se ne occupino gli israeliani: e se non ci riescono, tanto peggio per loro.

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