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Bet Magazine Rassegna Stampa
08.02.2025 Ebrei buoni se anti-israeliani
Commento di Ester Moscati

Testata: Bet Magazine
Data: 08 febbraio 2025
Pagina: 12
Autore: Ester Moscati
Titolo: «'Carissimo, dica pure… a patto che accusi e rinneghi Israele'»

Riprendiamo da BET Magazine, numero di febbraio, a pag. 12, il commento di Ester Moscati con il titolo "Carissimo, dica pure… a patto che accusi e rinneghi Israele".

La tipica strategia dei media: invitare gli ebrei a parlare contro Israele. L'esempio tipico è Damilano che invita Anna Foa a parlare del suo libro "Il suicidio di Israele": a conclusione Damilano ha detto “Se queste cose le dice Anna Foa, allora non ci possono accusare di antisemitismo”.

Strattonata, abusata, fraintesa, falsificata: è la parola “censura”, di cui sembra si sia perso oggi il senso e il (dis)valore. Si grida alla censura se a un cantante misogino e violento si nega un palco. Ma se giornalisti e intellettuali vengono zittiti nelle università, nessuno si leva in loro difesa. Che cosa sta accadendo? Ne parliamo con Iuri Maria Prado, avvocato, giurista e giornalista, firma de Il Riformista, Il Foglio e Linkiesta.

«Il limite è, da un punto di vista normativo, sia che si tratti di musica, di scritti, di ogni manifestazione del pensiero, quello stabilito dalla legge. Fermo il principio costituzionale, non può trattarsi di propalazioni che istighino alla commissione di atti violenti o discriminatori. Questo in termini generalissimi. Poi c’è un’altra questione, paradossalmente ancora più vasta, e difficile da trattare: quella sul fronte culturale. Quando implica la cessione di spazi pubblici, dovrebbe esserci una sorta di monitoraggio, sorveglianza, autocontrollo. Questo per verificare che manifestazioni che magari non oltrepassano il limite della liceità però siano opportunamente contenute, non favorite né accreditate».

Un caso di censura/boicottaggio è stato il recente blitz del gruppo antagonista “Cambiare rotta” all’incontro pro-vita alla Statale, lo scorso 26 novembre: hanno interrotto con urla, schiamazzi e bestemmie un’iniziativa della lista studentesca “Obiettivo studenti”, vicina a Comunione e liberazione. La rettrice Brambilla lo ha definito “Una violazione dei valori fondamentali di una comunità accademica”. Mentre gli antagonisti hanno affermato di contestare “la vergognosa iniziativa di Obiettivo Studenti” e hanno rivendicato il diritto di censurare gli antiabortisti, di non lasciare loro il diritto di parola.

Quando la “censura” viene dal basso e non dal “potere”, è sempre “censura” o diventa bavaglio e altro ancora? «Dovrebbe esserci una pratica di segno assolutamente opposto – spiega Prado -. Se si tratta di manifestazioni di pensiero e di opinioni, a maggior ragione su temi delicati e sensibili, il limite invalicabile è quello del commettere atti di intimidazione o violenti. Se viene impedito lo svolgimento di un seminario, di una lezione, sulla base della pretesa che certe posizioni non possano essere discusse, si tratta di manifestazioni non tollerabili, verosimilmente confliggenti con la legge, ma comunque con i minimi criteri di rispetto e della pacifica convivenza».

A questi gruppi “antagonisti” sembra invece che tutto sia concesso. Il tappare la bocca altrui come qualcosa di normalizzato. Cioè non viene sanzionato né stigmatizzato, il fatto che sia “normale” che si impedisca l’espressione del libero pensiero altrui, come è accaduto lo scorso anno a David Parenzo alla Sapienza di Roma e a Maurizio Molinari alla Federico II di Napoli. Così come il convegno su Israele all’Università Statale di Milano, bloccato per presunti motivi di sicurezza: il titolo Israele: storia di una democrazia sotto attacco. Terrorismo, propaganda e antisemitismo 4.0. La sfida all’occidente, nel quale il pubblico avrebbe dovuto assistere anche alla proiezione del docufilm #NOVA sul massacro compiuto il 7 ottobre dai terroristi di Hamas al Nova Music Festival. A pochi giorni dall’evento, gli organizzatori hanno dovuto annullarlo, dopo una serie di minacce da parte dei collettivi. Così diventa “normale” impedire a qualcuno di parlare, per non assumersi l’onere di prevenire la violenza dei “censori/boicottatori”.

«Nel caso del convegno all’università di Milano è stato fatto di peggio. Me ne sono occupato professionalmente – dice Prado – e quello che è successo è che il Rettore, per impedire lo svolgimento del convegno su Israele, ha mentito, dichiarando di avere avuto una segnalazione di rischio sicurezza dalla Digos. La stessa Digos ha invece, dopo poche ore, smentito il Rettore. In quale, o autonomamente o su pressioni propalestinesi, aveva ritenuto di non far svolgere quel Convegno. Per quanto riguarda giornalisti e intellettuali ebrei ai quali è stato impedito di parlare, abbiamo avuto episodi plurimi e preoccupanti. È stato contestato il loro diritto di parlare, di fatto in quanto ebrei. Nel caso di Molinari alla Federico II di Napoli, ci fu addirittura un comunicato della Presidenza della Repubblica, che, sia pur meritevole, in realtà aggirava l’argomento, perché Mattarella scrisse ‘è intollerabile che in una Università venga impedito di parlare a chi la pensa diversamente’. Ma diversamente da cosa? A Maurizio Molinari non è stato impedito di parlare perché la pensava diversamente, da che cosa poi? Gli è stato impedito di parlare in quanto EBREO. Punto. Questa è la questione.

Oggi l’essere ebrei costituisce un problema, addirittura nell’esercizio delle libertà costituzionali, di espressione del proprio pensiero. Questi fatti sono stati gravissimi, in sé e soprattutto perché non sono stati destinatari della necessaria, pubblica esecrazione. Anzi. Oggi, nel 2024/2025, gli ebrei in Italia, sono non solo a rischio di incolumità se portano la kippà o la stella di David, ma gli viene impedito il diritto di esercitare le proprie facoltà costituzionali. Salvo in una occasione: se ripudiano Israele, se condannano la guerra a Gaza, se parlano di genocidio… Allora è un ‘ebreo meritevole’, un “ebreo buono” al quale viene concesso il diritto di parlare. È una situazione gravissima».

È accaduto di recente nella trasmissione di Marco Damilano Il cavallo e la Torre. Ha invitato Anna Foa a parlare del suo libro Il suicidio di Israele e a conclusione Damilano ha detto “Se queste cose le dice Anna Foa, allora non ci possono accusare di antisemitismo”. «Questo è l’atteggiamento più radicalmente e profondamente antisemita che si possa immaginare. Cioè il passo ulteriore dopo ‘ho tanti amici ebrei’. ‘Lo dice anche un ebreo’ è l’atteggiamento più antisemita che ci sia. Gli ebrei non sono una nebulosa, non esistono ‘gli ebrei’, esiste certo il popolo ebraico, ma non esiste una posizione degli ebrei in quanto tali. È l’atteggiamento del negriero che chiama a parlare il servo più fedele che dice ‘Sì, il padrone è buono’. È il comportamento più razzista che si possa immaginare, più radicale».

Che cosa si può fare per contenere questa deriva, per contrastare censure e boicottaggi? «Dal punto di vista giuridico – conclude Iuri Maria Prado – se si traducono in atteggiamenti violenti, sono sanzionabili. Ma il lavoro da fare non è tanto giuridico, quanto politico, civile e culturale, e non viene fatto, almeno non abbastanza. Questo lavoro manca. E la prima mancanza è il mancato riconoscimento di un problema. Ho citato volutamente il comunicato della Presidenza della Repubblica. ‘Gente che la pensa diversamente’… L’impedimento a parlare non deriva dalla diversità di opinione, ma dal fatto che si è ebrei.

I giovani poi sono sottoposti quotidianamente ad una inoculazione di tipo goebbelsiano contro gli ebrei e Israele. Sionista è diventato un insulto. Se oggi nelle Leggi razziali del ’38 si sostituisse la parola ‘ebreo’ con la parola ‘sionista’, ci sarebbe una buona fetta della nostra classe politica disposta a sottoscriverle. È una cosa che i nostri ragazzi, dai giornali ai talk show, si sentono dire ogni giorno. Un esempio giornalistico? Usare ‘sparatoria’ invece di ‘attentato’. Dare le notizie in questo modo vuol dire sminuire il terrorismo. È un automatismo del pregiudizio, uno stillicidio costante. Contrastarlo è un lavoraccio, ma bisogna farlo nel piccolo angolo di cui disponiamo. Il fronte avverso è più vasto e più potente, ma questo non vuol dire che possiamo rinunciare a combattere. In Europa gli ebrei pensavano di essere a casa, ma non lo sono più».

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