Ecco come Trump vuole rifare Gaza Analisi di Amedeo Ardenza
Testata: Libero Data: 06 febbraio 2025 Pagina: 10 Autore: Amedeo Ardenza Titolo: «A Gaza una nuova Riviera ma senza gli arabi. Ecco come Trump vuole rifare la Striscia»
Riprendiamo da LIBERO di oggi, 06/02/2025, a pag. 10, con il titolo "A Gaza una nuova Riviera ma senza gli arabi. Ecco come Trump vuole rifare la Striscia", la cronaca di Amedeo Ardenza.
La striscia di Gaza come nuova "riviera del Mediterraneo", abitata "da gente di tutto il mondo", dopo un periodo di controllo statunitense. Questo è il piano di Trump, diverso da tutto quel che si è sentito sinora.
Gaza come Singapore.
L’enclave palestinese fra Israele e l’Egitto (che la perse nella Guerra dei Sei giorni nel1967 ma che non se la fece restituire, a differenza del Sinai, nel 1979) paragonata alla città-stato asiatica nota nel mondo per i suoi alti standard di sicurezza, pulizia, livelli educativi e penetrazione tecnologica, un luogo famoso già a partire dal suo aeroporto.
Nella lista degli Stati per indice di sviluppo umano (HDI-Human Development Index) compilata dalle Nazioni Unite nel 2024 e riguardante il 2022, la Svizzera è prima, Singapore è al nono posto, Israele è in 25esima posizione, mentre l’Italia è 30esima. La Palestina, che per l’Onu esiste, è 111esima, fra il Sudafrica e l’Indonesia. Se si considera che il numero è una media fra i dati di Cisgiordania e Gaza e che la guerra degli ultimi 15 mesi ha devastato l’infrastruttura della Striscia non ci vuol molto a capire che l’enclave palestinese è messa molto peggio di Nablus o Ramallah.
Eppure, Donald Trump non ha dubbi: lo sviluppo economico della Striscia è garantito. Gli Usa, ha spiegato l’inquilino della Casa Bianca durante una conferenza stampa insieme al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, prenderanno il controllo della Striscia di Gaza per il prossimo future proprio allo scopo di garantirne la rinascita. Intendono farla diventare la «Riviera del medioriente» dove «tutti coloro che vorranno viverci« potranno farlo «in pace e in una situazione molto migliore» in quanto la ripresa dell’economia fornirà un «numero illimitato di posti di lavoro e alloggi per le persone della zona«. Al nuovo presidente degli Usa l’entusiasmo non fa difetto: la nuova Gaza «sarà qualcosa di cui l'intero Medio Oriente potrebbe essere molto orgoglioso».
Trump non ignora la storia dell’enclave: «È stato un posto sfortunato per molto tempo», ha detto. Un luogo bloccato in un circolo vizioso di violenze e uccisioni «e si finisce sempre al punto di partenza; e noi non vogliamo che questo accada». La sorte avversa di Gaza, secondo il presidente, ha finito per diventare quella dei suoi abitanti; ecco perché, ha affermato con un’argomentazione sulla quale insiste da giorni, per ripulire, ricostruire e rilanciare la Striscia è necessario allontanare i gazawi. Se non tutti, almeno un milione abbondante da trasferire in altri paesi.
La Gaza che Trump ha in mente è così bella, così «internazionale e incredibile» che persone da tutto il mondo si trasferiranno lì. Proprio come Singapore, con la sua popolazione cinese, malese, indiana e decine di migliaia di immigrati da tanti Paesi che ne fanno uno dei luoghi più cosmopoliti al mondo. E i palestinesi? «Anche i palestinesi vivranno a Gaza», ha concesso The Donald, cambiando però subito soggetto. «Molti popoli abiteranno a Gaza. (I palestinesi) ci hanno provato per decenni ma non ha mai funzionato, non funziona, non funzionerà mai».
Già nei giorni scorsi, Trump aveva innescato polemiche e dure reazioni da parte di diversi Paesi arabi, sostenendo che gli abitanti di Gaza dovrebbero essere ricollocati in Paesi vicini, data la mancanza delle condizioni minime per un’esistenza dignitosa nel territorio devastato da bombardamenti e combattimenti di terra. Ieri Trump ha detto di immaginare che Gaza sarà abitata anche da palestinesi, ma ha illustrato l’idea di farne un «polo internazionale» da cui «persone di tutto il mondo» potranno accedere alla costa mediterranea.
La ricetta del presidente è in fondo semplice. Messo da parte il modello Singapore, l’immaginifico Trump ha promesso a Israele e al mondo che farà della Striscia «la nuova riviera del Medio Oriente» – un’uscita che ha provocato un’esplosione di meme ironici sui social come quello con Bibi e Donald che prendono il sole sullo sfondo di Gaza City oppure Israele che accetta la soluzione due popoli due Stati visto che il secondo Stato sono direttamente gli Usa. Trump ne è convinto: «Abbiamo l’opportunità di fare qualcosa di fenomenale». Tanto fenomenale quanto di difficile esecuzione: nessuno ha chiesto a un milione di palestinesi se intendono lasciare Gaza ma soprattutto gli Stati limitrofi ai quali il presidente americano si è già rivolto affinché accolgano i gazawi hanno ripetuto il loro no. Ma Trump è uno schiacciasassi: rivolto al Jerusalem Post ieri ha assicurato che «il piano per il trasferimento (dei palestinesi) si farà: Egitto e Giordania non diranno di no».
Ciliegina sulla torta di un Trump sempre felice di sfidare il resto del mondo, l’ordine esecutivo di lasciare il Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani per i suoi eccessi antisionisti. Ieri Israele si è accodato mentre il ministro degli Esteri Gideon Sa'ar accoglieva «con favore la decisione del presidente Trump».
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