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Il Giornale Rassegna Stampa
30.01.2025 Il nuovo ordine di Trump e Netanyahu. Gaza senza Hamas con l’Arabia garante
Commento di Fiamma Nirenstein

Testata: Il Giornale
Data: 30 gennaio 2025
Pagina: 13
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «Il nuovo ordine di Trump e Netanyahu. Gaza senza Hamas con l’Arabia garante»

Riprendiamo dal GIORNALE di oggi 30/01/2025 a pag. 13 il commento di Fiamma Nirenstein dal titolo: "Il nuovo ordine di Trump e Netanyahu. Gaza senza Hamas con l’Arabia garante".


Fiamma Nirenstein

Trump e Netanyahu cambiano passo nella politica mediorientale. La strategia per porre fine alla guerra è: via Hamas da Gaza e Arabia Saudita come garante. Netanyahu è il primo capo di Stato che visiterà la Casa Bianca.

Al di là del terribile luna park mediorientale, fra i trucchi di Hamas e il frastagliato ritorno degli ostaggi che si rinnova domani e tiene Israele in una crisi isterica, nella disperazione per quelli che sono stati uccisi, nell’aspettativa dei tre che arrivano oggi; di fronte all’ infinita teoria di esseri umani che cammina dal sud al nord di Gaza; mentre in Libano ancora non si conclude la guerra (e si spera per il 18 di febbraio)nonostante l’accordo perché si riaffacciano gli Hezbollah... c’è un filo d’Arianna che Netanyahu tiene in mano, e si chiama no a Hamas e sì alla tregua per gli ostaggi. Come vanno insieme? Qui è la sfida, e la strada passa per Washington. Le parate naziste di Hamas, le fasce verdi e i mitra fra le folle stracciate e i rimasugli della Striscia a pezzi propongono l’idea che Israele abbia combattuto invano, i terroristi rimessi in libertà fanno sanguinare la memoria per le vittime. Ma Netanyahu parte per Washington lunedì, il giorno in cui si comincia a discutere della seconda fase del cessate il fuoco con Gaza e l’invito di Trump ha un tono volutamente solenne, affettuoso, particolare (l’ultimo faccia a faccia è stato il 25 luglio del 2024) nell’informare che Bibi è il primo Capo di Stato invitato alla Casa Bianca dal nuovo presidente, e nel dire che si discuterà di prospettive di pace e di “comuni sfide”. Che cosa significa nelle prospettive diverse dei due leader?  Il panorama mediorientale è nuovo, Gaza a pezzi, al nord anche se gli Hezbollah si fanno vivi la loro stupefacente disfatta a opera di Israele è sotto gli occhi di tutti, in Siria il ministro della difesa Israel Katz ha dichiarato ieri che l’esercito resta finché Julani non decide (invece di incontrare rappresentanti del governo russo) a garantire che non passano più armi iraniane; a Tulkarem e a Jenin si arrestano e si combattono stuoli di terroristi ben organizzati con l’operazione “Muro di acciaio”.

La lista ricevuta dei tre rapiti da restituire oggi è conforme agli accordi, Musa Abu Marzuk uno dei pochi portavoce dell’organizzazione terrorista ha detto che “Hamas è pronta a negoziare con Trump”, inusuale dichiarazione. Steve Witkoff, l’inviato di Trump per il Medio Oriente, insieme a Ron Dermer il ministro per gli Affari Strategici ieri hanno studiato Gaza sul terreno, e anche questo è molto inusuale. Non si va a Gaza in visita da Israele e dagli USA facilmente. Poi, l’incontro di Witkoff con Bibi, un’enciclopedia di punti da discutere. Un paio di cose sono evidenti anche se c’è chi non vuole vederle: Israele vuole i suoi rapiti indietro; però non sopporterà mai che Hamas resti al potere a Gaza, quali che siano le sceneggiate dei miliziani sul terreno. Lo tzir Philadelphi sarà sgomberato solo a tratti, e nella terza fase, quando davvero siano tornati tutti i rapiti, o quasi. Israele ha imparato la lezione del 7 di ottobre, ha dovuto impegnarsi per difendere la sua vita, ora non lascerà ricostruire Gaza con l’egida di Hamas o dei suoi amici dell’Autorità nazionale palestinese. Ci vorrà un marchingegno educativo, economico, tecnologico perché si ricostruisca Gaza senza Hamas. L’esodo palestinese dal nord al sud di Gaza è pericoloso, dalle finestre dei kibbutz e di Sderot si vedono i cittadini di Gaza, fra loro quelli che vennero al seguito della Nukba.  Trump ha un suo scopo conclamato: un vasto, ambizioso disegno di pace per cui Israele deve consentire lo scorrere di un suo programma strategico Mediorentale in cui entrano in scena con l’Arabia Saudita, gli Emirati e altri paesi moderati, col beneplacito dell’Egitto e della Giordania. Trump sa che Netanyahu non vuole dirgli no se non è indispensabile, quindi offrirà una soluzione ingegnosa per l’indispensabile sparizione di Hamas, e questo forse salverà anche il governo Israeliano in bilico Intanto ha avanzato l’idea che i palestinesi che vogliano si spostino in Giordania o altrove per consentire il ripristino della Striscia e della calma. L’idea della Giordania è storica, la Giordania era l’occupante della Giudea e della Samaria fino alla guerra dei sei giorni. Ma si vedrà: per ora sia da Gaza che dai Paesi interpellati vengono dei no Israele non consentirà altro che una soluzione che veda sparire Hamas dalla gestione di Gaza, e qui entra in scena un forte, determinato Patto di Abramo con soluzioni tecnologiche, economiche, educative, umanitarie che Netanyahu ascolterà e su cui dirà la sua.

È chiaro che in cima alla discussione, come prezzo fondamentale per la seconda fase della tregua, resta l’Iran. Trump, sa bene che non ci può essere nessun accordo con gli Ayatollah. Questo sarà il vero tema dell’incontro, insieme agli aiuti umanitari, la ricostruzione delle case, la riabilitazione del territorio. Israele non lascerà che Gaza risorga se non è sicuro che da là non verrà un nuovo sette ottobre, e Trump ci sta certamente lavorando sopra anche se solo “to make America great again”. Netanyahu non dovrà scegliere fra Trump e il suo governo che minaccia il crollo se prosegue il piano di pace.

 

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