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Newsletter di Giulio Meotti Rassegna Stampa
29.01.2025 La banalità del bene
Newsletter di Giulio Meotti

Testata: Newsletter di Giulio Meotti
Data: 29 gennaio 2025
Pagina: 1
Autore: Giulio Meotti
Titolo: «Jedem das Seine: la banalità del bene»

Riprendiamo il commento di Giulio Meotti, dalla sua newsletter, dal titolo: "Jedem das Seine: la banalità del bene".


Giulio Meotti

La Croce Rossa siede impunemente al tavolo dei terroristi. Il male non è mai "banale", l'idea che dei criminali siano solo esecutori o grigi burocrati è un'idea che ci creiamo per rassicurarci.

In tutta Europa c’erano manifestazioni per Hamas il 7 ottobre. Non hanno aspettato l’8 o il 9. No, il 7 pomeriggio erano già per strada.

Gli ebrei hanno molti meno amici in Occidente di quanto ne avessero una generazione fa. Eppure oggi, ad Auschwitz e altrove, le cerimonie si ripetono, in questa Europa del dopoguerra dove l’Islam si è rivelato il più grande beneficiario della colpa dell’Olocausto.

Non c’è nulla di più facile, seducente e rassicurante che addomesticare un assassinio ideologico di massa imputandone i delitti a fantasmi domestici, disuguaglianza e a personalità grigie da burocrate (oggi lo stesso errore fatale è commesso sul terrorismo islamico).

Sono trascorsi più di cinquant’anni da quando Hannah Arendt, una delle più brillanti filosofe del Novecento, evocò la “banalità del male” come chiave interpretativa per penetrare il “mistero” dell’Olocausto. L’icona della sua tesi era Adolf Eichmann (“uomini come lui ce n'erano tanti e questi tanti non erano nè perversi nè sadici, bensì erano e sono tuttora terribilmente normali”). La Arendt seguì il processo a Gerusalemme come inviata della prestigiosa rivista New Yorker, ricavandone il profilo di un burocrate strumento di morte. Tranne che Eichmann era tutto tranne che banale.

A rimettere in discussione questa visione mainstream ci ha pensato la studiosa tedesca Bettina Stangneth, che ha lavorato sullo “stratega della soluzione finale” per oltre un decennio, scavando a fondo. Ne è uscito un libro straordinario, La verità del male. “Se a quell’epoca avessi potuto prevedere gli orrori ai quali sarebbe stato sottoposto il popolo tedesco, allora avrei obbedito agli ordini non solo con disciplina, ma anche con entusiasmo”, scriveva Eichmann. “Quando giunsi alla conclusione che fare agli ebrei quello che abbiamo fatto era necessario, lavorai con tutto il fanatismo che un uomo può aspettarsi da se stesso. Non c’è dubbio che mi considerassero l’uomo giusto al posto giusto”.

Stangneth dimostra che Arendt era stata ingannata da Eichmann che, contrariamente a quanto scrisse la filosofa, non solo sapeva cosa stava facendo, ma ne era persino profondamente e sinceramente orgoglioso.

“Per dirla tutta, io non mi pento di nulla”, confessa Eichmann nelle registrazioni audio argentine pubblicate da Stangneth. “Riderò quando salterò dentro la tomba al pensiero che ho ucciso sei milioni di ebrei. Mi dà molta soddisfazione e molto piacere”. E’ questa la scoperta più importante di Stangneth.

Che il male non è banale, ma “profondo”, come spiega Douglas Murray. E che oggi, come scrive Frank Furedi, “Auschwitz è stato svuotato di significato”.

“I cani dell’inferno possono passare all’interno del vuoto di un cerchio”, ha scritto quel maestro della drammaturgia contemporanea di Cormac McCarthy, che per Il passeggero si è ispirato alla Shoah.

Costrette a subire la parata dei terroristi islamici in diretta tv. I cani di Hamas e della Jihad islamica, insieme ai civili di Gaza, si sono radunati in Palestine Square a Gaza City prima del rilascio pianificato degli ostaggi israeliani Daniella Gilboa, Karina Ariev, Liri Albag e Naama Levy. Uno striscione con la scritta “Il sionismo non vincerà” è stato allestito per la diretta tv su al Jazeera e sulle tv italiane. Poi, in arabo, le ragazze sono costretta a ringraziare i terroristi. Una delle ragazze israeliane liberate aveva un proiettile conficcato nella gamba. Da quindici mesi.

Jedem das Seine. A ciascuno il suo.

Qualche settimana fa è uscito un rapporto del ministero della Salute israeliano presentato alle Nazioni Unite. Due adolescenti israeliane in ostaggio sono state costrette a compiere atti sessuali l’una sull’altra e i loro rapitori hanno abusato sessualmente di loro. Ostaggi ustionati e picchiati, affamati e umiliati. Ad alcuni sono stati strappati i capelli. Donne legate ai letti. I rapitori hanno anche torturato gli ostaggi feriti eseguendo procedure dolorose senza anestesia. Gli hanno negato l’accesso al bagno, costringendoli a defecare su se stessi. Gli ostaggi adulti hanno perso in media il 10-17 per cento del loro peso originale.

Intanto la Croce Rossa si sedeva al tavolo dei terroristi per firmare il “certificato” del rilascio. Giusto in tempo per gli 80 anni dalla commemorazione della liberazione di Auschwitz. Nessuno oggi ricorda che il 7 ottobre sono stati uccisi numerosi sopravvissuti alla Shoah, da Gina Semiatichova a Moshe Ridler

“Non siamo riusciti a scoprire alcuna traccia di installazioni per lo sterminio di prigionieri civili”. È quanto pubblicò la Croce Rossa il 22 novembre 1944, dopo aver visitato il campo di sterminio di Auschwitz, dove furono assassinate 1,1 milioni di persone.

La storia, a volte, si ripete.

La Croce Rossa ha visitato gli ostaggi americani nell’ambasciata statunitense occupata in Iran nel 1979 e ha fornito cibo e assistenza medica agli ostaggi giapponesi rapiti dalle forze della guerriglia in Perù. Hanno persino consegnato una lettera a un reporter del New York Times tenuto in ostaggio dai talebani. Eppure, per 473 giorni, il massimo che la Croce Rossa ha fatto per gli ostaggi ebrei a Gaza è stato fungere da servizio taxi al momento del loro rilascio in cambio di centinaia di terroristi.

Non è banale il male che impartisce l’ordine di uccidere e fare a pezzi i figli in braccio alle madri e le madri di fronte ai figli, di sterminare nel modo più crudele possibile, di sventrare e violentare le donne di qualsiasi età, anche bambine, da vive e da morte, in modo tale da spezzare il bacino e le gambe, di bruciare vive intere famiglie insieme al rogo dei loro oggetti, di tagliare le teste e di venderle, di entrare nei kibbutz e razziare anche i vestiti mentre si decapitava nella stanza accanto, per diventare così il leader dell’odio contemporaneo osannato da milioni di seguaci in Europa in un’orgia di odio mai visto prima nella storia recente.

Sono i video che non vogliamo vedere per non dover far i conti con la vera natura del male.

Il giorno prima lo scambio, sei “collaboratori di Israele” sono stati messi contro un muro e fucilati da Hamas. Nessuna protesta o scandalo. A novembre, un filmato agghiacciante che mostra agenti di Hamas mentre torturano detenuti palestinesi sotto interrogatorio. Il filmato, ripreso dalle telecamere a circuito chiuso all’interno di una base di Hamas a Jabaliya, contiene migliaia di ore di sessioni di interrogatorio. Detenuti incappucciati, legati a pavimenti e soffitti, bastonati.

No Jews no news.

In uno dei video agghiaccianti dello Stato Islamico del 2014 si allestivano mercati di ragazze yazide, riferendosi a loro come “sabaya”. Abu Bakr al Baghdadi era uno stupratore seriale. Aveva quattro schiave che violentava e che restavano a sua disposizione in una casa segreta. Allo stesso modo, il 7 ottobre, i terroristi di Hamas chiamarono le quattro soldatesse israeliane catturate come “sabaya”. “Queste sono le sabaya”, tradotto come “donne che possono rimanere incinte”, prima di dire a una delle prigioniere in inglese “sei bellissima”.

Naama Levy era la “ragazza della jeep”. Le manette ai polsi dietro le schiena, il cavallo dei pantaloni della tuta insanguinato, le ferite alle caviglie, i piedi nudi. È il momento in cui, il 7 ottobre, la diciannovenne israeliana Naama Levy veniva rapita da Hamas. L’ultima volta era stata vista così nel filmato che aveva fatto il giro del mondo, mentre i terroristi urlando “Allahu Akbar” l’afferravano per i capelli e la trascinavano dentro la jeep, per scomparire in un tunnel.

Dal 7 ottobre 2023, la questione degli ostaggi sarebbe dovuta diventare un’ossessione in Occidente. Non è stato così. Il solo atto di catturare vecchi, donne e neonati avrebbe dovuto suscitare indignazione. Non ho letto nulla del genere nella maggior parte della stampa progressista.

E le manifestazioni per gli ostaggi rapiti da Hamas andavano fatte di fronte all'Onu e alla Croce Rossa, non alla casa del premier israeliano. Le precedenti tre ragazze scambiate tra Israele e Hamas erano state tenute dai terroristi nelle strutture delle Nazioni Unite.

Inzuppati di terzomondismo, come di alcol stantio, ci si mobilita per i cani dell’inferno. L’Organizzazione per la cooperazione islamica elenca 57 paesi musulmani nel mondo. Gli ebrei hanno un solo stato che si estende su 25.000 chilometri quadrati. I musulmani costituiscono un quinto della popolazione mondiale, con più di un miliardo e mezzo di abitanti; gli ebrei sono in totale 15 milioni, di cui 7 in Israele. Più di 6 milioni di musulmani in Francia per 600.000 ebrei. In Italia, 2 milioni di musulmani per poco più di 20.000 ebrei.

“Grazie alla Repubblica federale tedesca…”. Il cadavere di Shani Louk - la ragazza simbolo del 7 ottobre - è stato trovato in un tunnel, all’apparenza normale, uno dei tanti di Hamas. Se non fosse che è all’interno di un palazzo dell’Unrwa, l’agenzia dell’Onu. E costruito con i soldi dei contribuenti tedeschi ed europei.

È questa stessa pusillanimità che ci impedisce di proteggere i nostri confini o di gridare forte per la liberazione di uno scrittore anziano in galera da due mesi in Algeri?

Nel romanzo (e poi nel film con Meryl Streep) dello scrittore americano William Styron, La scelta di Sophie, Sophie è costretta, ad Auschwitz, a scegliere quale dei suoi due figli sarebbe stato mandato nella camera a gas e quale sarebbe sopravvissuto. Se si fosse astenuta dallo scegliere, sarebbero morti entrambi. Questa è esattamente la natura della “scelta” che Israele deve affrontare nel negoziare accordi sugli ostaggi da quando 251 persone sono state rapite il 7 ottobre.

Oggi liberiamo trenta terroristi in cambio di uno dei nostri. Domani di chi sarà il figlio ucciso da uno di quei terroristi? Fra i terroristi usciti di prigione ci sono una decina di pianificatori di stragi condannati da 20 a 30 ergastoli.

Intanto nessuna straccia dei fratellini Bibas, scomparsi il 7 ottobre in braccio alla madre e che non smuovono giornalisti attivisti o umanitari disumanizzati i cui cuori sono stati atrofizzati e i cui cervelli piallati da decenni di ideologia woke. Sono morti? Nessuno sembra chiederselo sui giornali italiani.

Lo zoo di Buchenwald

Collina dell’Ettersberg. In basso, Weimar, e la foresta di Turingia. Su quella altura vennero meditando Herder, Bach, Liszt e Schiller. Qui i nazisti costruirono Buchenwald. Sul portone spicca, battuta in ferro, la scritta evangelica con la quale le SS irridevano cinicamente ai prigionieri in arrivo: “Jedem das Seine”, a ciascuno il suo. In un angolo del campo, davanti al ceppo di un albero, una targa ricorda che quella era la “Goethe Eiche”, la quercia di Goethe. Vicino si trova il “blocco 46” del campo. Lì alcuni fra i migliori medici della Germania, la nazione che fino ad allora aveva avuto il maggior numero di premi Nobel, commisero il più allucinante crimine che la storia della medicina ricordi.

A Buchenwald c’era anche uno zoo, con gli animali e i fiori e tutto il resto, dove le SS portavano i figli a vedere gli animali. Un “giardino zoologico” che ospitava scimmie, pesci rossi, voliere piene di uccelli, orsi. Uno spazio dedicato esclusivamente ai carcerieri e alle loro famiglie interamente costruito dai prigionieri del lager.Oggi in Occidente in tanti chiederebbero la chiusura del lager per sfruttamento degli animali, non perché ci si uccidevano gli ebrei.

Il 7 ottobre, insieme ai morti e ai rapiti, è scomparso anche un pezzo del mondo di cui pensavamo di far parte. Quello della banalità del bene.

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