Yigal Carmon (MEMRI): il Qatar non è un mediatore, sta con l’Iran Intervista di Francesco Semprini
Testata: La Stampa Data: 20 gennaio 2025 Pagina: 4 Autore: Francesco Semprini Titolo: «Questo accordo è una sconfitta per Israele. Il Qatar non è un mediatore, sta con l'Iran»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 20/01/2025, a pag. 4, l'intervista di Francesco Semprini a Yigal Carmon dal titolo "Questo accordo è una sconfitta per Israele. Il Qatar non è un mediatore, sta con l'Iran''.
Francesco Semprini
«Gli Stati Uniti puntano ad avere un rapporto privilegiato con il Qatar invece di rafforzare le relazioni con l'Arabia Saudita e gli Emirati, i loro veri alleati in Medio Oriente. Questo accordo sul cessate il fuoco, che rappresenta una sconfitta, è il risultato della scelta di Washington». È lapidario Yigal Carmon, già colonnello dell'Aman, il servizio segreto militare israeliano, e poi consigliere antiterrorismo dei primi ministri israeliani Yitzhak Rabin e Yitzhak Shamir. Fondatore del Middle East Media Research Institute (Memri), è l'unico ad aver previsto l'attacco del 7 ottobre 2023.
Come vede questo accordo?
«È meno fragile rispetto ai precedenti tentativi, sebbene non ci si possa ancora fidare del Qatar, che è tutto fuorché un onesto mediatore, rappresenta l'altro volto di Hamas e con l'Iran ha lavorato per stabilire un "polo islamico". L'esperienza di Israele con Gaza dovrebbe servire da monito per tutti».
Non è un passo in avanti?
«L'accordo è una resa nei confronti di Hamas destinata al fallimento, figlia delle pressioni americane. Israele ha provato a combattere contro i terroristi per quanto da loro compiuto il 7 ottobre 2023 con l'uccisione, lo stupro, le violenze e il sequestro di oltre un migliaio di persone, ma essere una nazione occidentale con dei valori occidentali, impone di mettere la vita dei civili innanzi a tutto e questo è giusto. Almeno, abbiamo riportato a casa alcuni ostaggi, il che è fantastico, anche se dovrebbero essere tutti gli ostaggi insieme a essere liberati ».
E come?
«La strada sta nell'esercitare una massiccia pressione sul Qatar e sui suoi leader, anche attraverso gli Usa, smascherandolo per quello che è uno stato sponsor del terrorismo. Doha non è un mediatore, è un finto mediatore. L'Occidente non ci ha aiutato in questo senso e il premier Netanyahu è stato costretto ad agire in maniera diversa. Oltre al fatto che gli Usa stanno puntando ad avere un rapporto privilegiato con il Doha invece di rafforzare le relazioni con l'Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti, i loro veri alleati in Medio Oriente. Questo accordo sul cessate il fuoco rappresenta una sconfitta: è il risultato della scelta di Washington».
Cosa ne pensa dell'arrivo di Donald Trump in vista degli effetti sul Medio Oriente?
«Le nomine di Trump sono un bene per il Medio Oriente ed è chiaro che il presidente non voglia la guerra, lo ha detto più volte. Lui vuole la pace, il punto è "come si fa la pace?". Io ho la mia idea, occorre indebolire il regime iraniano che è il generatore dei mali della regione».
Indebolirlo senza fargli una guerra?
«La risposta è assolutamente sì. L'Iran è composto per il 50 per cento da persiani. Alcuni di loro sono oppositori del regime, molti, e alcuni sono la guardia del regime, la guardia dell'Ayatollah, gli sciiti islamici. L'altro 50% sono le minoranze etniche, i Baloch, gli Ahwazi, i Curdi e gli Azeri, che lottano per la libertà, per i diritti, per l'autonomia. E vengono repressi sistematicamente da anni senza che l'Occidente li aiuti. Non capisco perché Teheran possa armare le sue procure e l'Occidente non possa sostenere le legittime ambizioni di libertà delle minoranze in Iran. L'Occidente non aiuta i combattenti per la libertà».
Parla di diritti delle minoranze, e i diritti dei palestinesi?
«Non ho nulla contro i palestinesi. Preferisco non parlare dei loro diritti sino a quando non metteranno da parte rivendicazioni come quella di volere uno Stato i cui confini si estendo "dal fiume al mare" dal Giordano al Mediterraneo».
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