Ucraina, non ci arrenderemo a chi ci vuole cancellare Reportage di Monica Perosino
Testata: La Stampa Data: 14 gennaio 2025 Pagina: 5 Autore: Monica Perosino Titolo: «Valerya, le urla dal silenzio»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 14/01/2025, a pag. 5 con il titolo "Valerya, le urla dal silenzio" la cronaca di Monica Perosino.
Monica Perosino
L'ultimo messaggio di Valerya ci ha messo tre settimane ad arrivare. Parola dopo parola, dai territori occupati di Zaporizhzia, è comparso per intero sul telefono della figlia Marija, sfollata a Varsavia: «Cuore mio, siamo vivi, resistiamo all'occupazione con i sabotaggi. Ma le nostre sono ormai urla dal silenzio». Valerya, nome in codice "Numero 27", sembra un personaggio uscito da un film di spie. Se non fosse che la sua vita non è un film, è che dietro la sua paura di essere scoperta ci sia un'insegnante di matematica di 60 anni, attualmente "netturbina free-lance" come si definisce lei, e membro di una delle numerose reti di resistenza presenti nei territori occupati. «Anche qua arrivano le terribili notizie da fuori - dice - e la rabbia di sentire che Stati Uniti e Europa vorrebbero convincere l'Ucraina a cedere territori alla Russia è tanta. I territori non sono un concetto astratto, non sono mucchi di terra, sono persone, milioni di persone, che voi state per abbandonare al loro destino e alla violenza di un esercito straniero».
Dall'inizio dell'invasione su larga scala le forze del Cremlino hanno occupato circa il 18% dell'Ucraina, se si contano anche le parti del Lugansk, Donetsk e Crimea occupate dal 2014. Porzioni delle regioni del Kherson, di Zaporizhzhia, di Kherson e di Kharkiv sono controllate dal Cremlino dai primi mesi del 2022. Si tratta di un'area che, prima dell'ultima guerra, era chiamata casa da circa 24 milioni di persone. Molte sono fuggite nei primi mesi dell'offensiva russa: «Ma altri milioni sono rimasti - dice Valerya - e non perché fossero felici di essere sotto lo stivale di Mosca, ma perché se ce ne fossimo andati tutti chi avrebbe ricordato che l'Ucraina è degli ucraini?».
Quando il suo villaggio è stato occupato, le hanno dato una scelta: continuare a insegnare seguendo i programmi russi o licenziarsi. "Numero 27" oggi non ha più un lavoro regolare e per mettere insieme qualche soldo raccoglie spazzatura sperando nella solidarietà dei concittadini. «Per il "lavoro" che faccio in realtà è perfetto, così sono invisibile. La prima regola per non finire in cantina (in gergo le "prigioni" irregolari dei russi, dove finiscono senza processo i sospetti sabotatori, ndr) è essere il più anonimi possibile». Valerya ha raccontato alla figlia che ha paura di essere scoperta, ma l'idea di vivere per sempre sotto occupazione la spinge a continuare. Ha iniziato quasi tre anni fa scrivendo «Ucraina libera» sulla panchina di un parco, poi comunicando le posizioni di truppe, infrastrutture militari e depositi di armi russi a «contatti fidati». Alcuni di questi sono saltati in aria, colpiti da droni o da azioni dei «compagni della resistenza». Valerya si identifica con il Numero 27, ma non ha mai conosciuto Numero 26 e Numero 28: «Per motivi di sicurezza solo una persona sa chi fa parte della rete, e non sta nei territori occupati». Sa che le sue informazioni e le sue azioni hanno provocato morte e distruzione, e in almeno tre occasioni ha rischiato di essere scoperta: «Mio marito è stato preso due settimane dopo l'inizio della guerra, non ho idea di dove sia. Mia figlia è al sicuro in Polonia. Rischio da sola e non mi pento certo di quello che faccio. E poi, chi sospetterebbe di una signora di sessant'anni che raccoglie spazzatura?». Nessuno, per ora.
Molti dei movimenti clandestini ucraini sono cresciuti in numero e in territori coperti, nonostante gli arresti, le torture e le sparizioni dei propri membri. Sono spontanei, anonimi, creativi e innovativi e operano in modo indipendente, con collegamenti informali, per lo più digitali e su canali sicuri. Alcuni conducono azioni di lotta armata, altri praticano la nonviolenza. Uno dei gruppi più attivi è Atesh, che prende il nome dalla parola tartara di Crimea che significa fuoco. Fondato nel settembre 2022, ha diverse migliaia di membri, di cui circa 500 attivi. Il gruppo è impegnato in ricognizioni, azioni partigiane dirette e campagne di informazione e ha svolto un ruolo significativo nel successo degli sforzi ucraini volti a indebolire le capacità della Russia in Crimea e nel Mar Nero. Un altro movimento è il Gruppo del Nastro Giallo (Yrg), nato nel Kherson occupato. Uno dei più noti e attivi resta "Zla Mavka", movimento di resistenza non violenta tutto al femminile, nato nella città occupata di Melitopol all'inizio del 2023. Il gruppo prende il nome dallo spirito femminile della mitologia popolare ucraina. Mavka vive nella foresta e adesca giovani uomini nei boschi, per poi fargli il solletico fino a farli morire. «Ci battiamo contro l'occupazione e le aggressioni sessuali che le donne ucraine subiscono costantemente», dice una delle tre fondatrici, Mavka Uno. La loro è una resistenza creativa: hanno prodotto finte banconote da 50 rubli con messaggi anti-russi, stampano un giornale che viene lasciato nelle buche delle lettere e nei parchi, attaccano post-it sui lampioni. Rischiano la vita a ogni volantino: «Gli occupanti si infuriano per qualsiasi riferimento alla cultura ucraina, vogliono imporre la loro lingua e il loro stile di vita con la violenza, sono brutali ma poi si spaventano quando vedono scritto su un muro le lettere «?» e «?» (uniche assenti nell'alfabeto cirillico russo, ndr ). Ed è quello che vogliamo, farli spaventare e ricordargli che sono solo visitatori sgraditi». Molte delle giovani donne nei territori occupati si vestono con abiti larghi, non si fanno più i capelli, evitano trucco e unghie laccate, e qualsiasi atteggiamento potenzialmente "troppo femminile": «Viviamo con la paura di essere stuprate, toccate, umiliate. Cercano di ucciderci fisicamente e nell'animo, vogliono cancellare l'identità ucraina, brutalizzare le donne fa parte del piano», dice Larysa, 35 anni, attivista di Kherson, pittrice. Il Ministero della Difesa russo investe miliardi di rubli nella costruzione di nuove infrastrutture militari nelle regioni occupate, di reti di approvvigionamento e per riforme educative progettate per instillare un ethos pro-militare tra i residenti. «Il nostro compito è sostenere gli sforzi dell'esercito ucraino. Prima arriveranno a liberarci, meglio sarà», aggiunge Larysa, che da 28 mesi cerca suo marito, arrestato mentre andava al lavoro: «È questo il compromesso che sta preparando Trump? Milioni di persone in cambio di una tregua che Mosca infrangerà subito? L'Occidente è pronto a venderci a barbari assetati di sangue senza neanche chiedersi che cosa volgiamo noi?».
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