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Corriere della Sera Rassegna Stampa
14.01.2025 Giusi Fasano continua la cronaca di parte: terrorismo palestinese paragonato a Israele che si difende
Cronaca (faziosa) di Giusi Fasano

Testata: Corriere della Sera
Data: 14 gennaio 2025
Pagina: 3
Autore: Giusi Fasano
Titolo: «Le due fasi del patto e la «sospensione»: ma resta da definire il governo futuro»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 14/01/2025, a pag. 3, con il titolo "Le due fasi del patto e la «sospensione»: ma resta da definire il governo futuro" la cronaca di Giusi Fasano.

Quanta equidistanza e quanto equilibrio, per mettere sullo stesso piano terroristi e Israele, nella descrizione delle condizioni per il cessate il fuoco. Una nuova cronaca molto deludente di Giusi Fasano, sul quotidiano più diffuso d'Italia.

E adesso? Poniamo che, come sembra, l’accordo per il rilascio degli ostaggi e per il cessate il fuoco vada in porto. La domanda è, appunto: adesso che cosa succederà a Gaza?

In realtà non sono noti molti dettagli che riguardano le azioni post-accordo all’interno della Striscia. Ma una cosa sembra certa: l’eventuale intesa fra Hamas e Israele non coinciderà con la fine della guerra. Anche perché le due parti in causa hanno già tirato la palla oltre il campo in cui hanno giocato questa partita. Hamas ha già fatto sapere che, dopo questi 33 dell’accordo in arrivo, rilascerà gli ostaggi che restano soltanto se e quando finirà il conflitto. E il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha già promesso che la sua campagna anti-Hamas andrà avanti fino alla «vittoria totale», cioè finché il movimento islamista non sarà annientato.

In questa prima fase dell’intesa, in sostanza, non è mai stata sul tavolo delle trattative una discussione sul cessate il fuoco permanente. Si è sempre parlato soltanto di una sospensione temporanea dei combattimenti per consentire l’ingresso degli aiuti umanitari, l’uscita in sicurezza degli ostaggi e il ritorno dei residenti che lo vorranno nella parte Nord di Gaza, in gran parte devastata da 15 mesi di bombardamenti.

Non c’è certezza sulle modalità e sulle quantità di un ritiro di soldati israeliani che, secondo la richiesta di Hamas, dovrebbero andarsene dal cosiddetto corridoio Filadelfia, una striscia di terra lunga 14 chilometri che divide la Striscia dal deserto egiziano del Sinai. E poi c’è il corridoio Netzarim che separa il Nord dal Sud di Gaza: anche da lì si è discusso del ritiro delle forze di difesa israeliane e secondo la Cnn l’intesa prevederebbe un graduale ritiro dei soldati esclusa una presenza minima per «accordi di sicurezza»; in sostanza per controllare i palestinesi di ritorno verso nord.

I punti chiave

Il nodo del ritiro dei soldati israeliani e la guida futura della Striscia: spetterà all’Anp?

Ma anche se questo accordo (ammesso che si firmi) è la prima parentesi di non-guerra dall’8 ottobre a oggi, non è esattamente una promessa di pace. Semmai lo è (in teoria) quel che arriverà dopo.

Il cessate il fuoco di questa prima fase sarà lungo in tutto 42 giorni durante i quali saranno liberati ostaggi e detenuti (all’inizio, pare, 1.300). Il sedicesimo giorno di quei 42, però, comincerà la discussione della seconda fase e sarà quella trattativa che metterà a fuoco il futuro di Gaza. Israele pretenderà una sua presenza fissa nella striscia? Hamas sarà fuori gioco? E quanto sarà larga la nuova «area cuscinetto» che gli israeliani vorranno controllare militarmente?

Sul domani di Gaza l’Anp, l’autorità nazionale palestinese di Mahmoud Abbas, detto Abu Mazen, si è già candidata: «Dopo la guerra la gestione della Striscia tocca a noi».

Ma nella sua Ramallah, capitale della Palestina vissuta e di quella sognata, le forze di sicurezza che gli sono fedeli non riescono a tenere testa ai miliziani di Hamas e a controllare la situazione esplosiva in città come Nablus o Jenin. Le Brigate di Jenin accusano l’Anp di troppa vicinanza a Israele e sono convinte che le forze di sicurezza di Abu Mazen usino il pugno di ferro proprio per accreditarsi con Netanyahu e la comunità internazionale come capaci di gestire legge e sicurezza, in vista di un ruolo centrale nella Gaza post-conflitto.

L’argomento Anp per ora resta fuori da ogni discussione sul cessate il fuoco a Gaza. Troppo presto per pensare al «dopo». Nelle città ridotte in macerie il dopo è un sogno che nessuno osa sognare, adesso.

 

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