L’Occidente dovrebbe comportarsi come dice Jason Brodsky, ma è debole, tutto Commento di Greta Privitera
Testata: Corriere della Sera Data: 13 gennaio 2025 Pagina: 6 Autore: Greta Privitera Titolo: «Qui Iran: «Un malinteso risolto». Ayatollah soddisfatti, la rabbia dei dissidenti»
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 13/01/2025, a pag. 6, con il titolo "Qui Iran: «Un malinteso risolto». Ayatollah soddisfatti, la rabbia dei dissidenti" il commento di Greta Privitera.
Greta Privitera
Il copione è stato seguito alla perfezione. Nessun colpo di scena. Certo è che per una larga parte del popolo iraniano che conosce a memoria la sceneggiatura, queste rimangono battute difficili da rileggere: «L’arresto del signor Abedini è stato un malinteso risolto con l’intervento del ministero degli Esteri della Repubblica islamica e le trattative tra il ministero dell’Informazione dell’Iran e i servizi segreti italiani che ha portato al rilascio».
La chiosa del comunicato pubblicato sui giornali del regime è la parte che fa più arrabbiare chi sogna di liberarsi per sempre dalla teocrazia: «Nei giorni scorsi i media italiani hanno menzionato anche i rapporti positivi e in espansione tra i servizi segreti iraniani e italiani». «Malinteso», «rilascio», «rapporti positivi» sono tutte parole percepite da molti come tradimenti della nostra democrazia verso quella parte del popolo iraniano che sogna di vivere in un Paese libero, democratico.
Era chiaro sin dall’inizio che l’arresto e la scarcerazione della giornalista Cecilia Sala fossero legati alla sorte dell’ingegnere dei droni fermato a Milano per conto degli Usa.
Nessuno ha mai creduto alle smentite né di Roma né di Teheran di questa palese connessione, e dall’Iran ci scrivono: «Sapevamo tutto, ma questa vicenda ha dato l’ennesima conferma ad Ali Khamenei che la strategia degli ostaggi è ancora efficace».
I commenti di molti iraniani sotto gli articoli che danno la notizia del ritorno di Abedini sono furiosi: «Ci state rispedendo un terrorista»; «A nessuno importa di noi»; «Collusi»; «Perché venite qui?». L’avvocata e attivista Nasrin Sotoudeh, simbolo della lotta delle donne contro la Repubblica islamica, spiega al Corriere che «è molto complicato dire “non trattate”: le democrazie hanno l’obbligo di riportare a casa i loro cittadini. In mezzo a questa vicenda c’era la vita di una donna innocente che speravamo tutti fosse liberata al più presto. Ma dobbiamo trovare un modo per porre fine alla presa di ostaggi da parte del governo». Secondo Sotoudeh il punto non è neanche «trattare o non trattare»: «È necessario che i Paesi democratici non abbiano rapporti economici o politici — anche sotterranei — con gli ayatollah».
Jason Brodsky, direttore di United Against Nuclear Iran e studioso del Middle East Institute, ha un’idea che condivide con il Corriere: «La diplomazia degli ostaggi è uno strumento di ricatto fondamentale per la Repubblica islamica. Gli Stati Uniti e i loro alleati dovrebbero costruire un’architettura a livello internazionale perché la teocrazia paghi duramente questa sua politica e che diventi un deterrente per portarla avanti».
Come? Secondo Brodsky alzando le sanzioni e ritirando gli ambasciatori. «Cecilia Sala viene arrestata? Via tutti gli ambasciatori europei dall’Iran e subito aumento delle sanzioni. Stessa cosa deve succedere con la Russia, la Cina. E bisogna ridurre il più possibile i viaggi verso Teheran. Capisco la necessità di raccontare, ma il rischio che comporta questo racconto — spesso poi filtrato dal regime — rischia di essere troppo alto. Ci sono altri 20 europei ancora nelle carceri iraniane».
E ci avverte di non leggere questo scambio come una vittoria del presidente riformista Masoud Pezeshkian: «Non ha alcun potere. Abedini è un uomo importante per i pasdaran, lo volevano portare a casa a ogni costo».
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