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Libero Rassegna Stampa
12.01.2025 La sinistra in silenzio continua a delegittimare le forze dell’ordine
Analisi di Fausto Carioti

Testata: Libero
Data: 12 gennaio 2025
Pagina: 3
Autore: Fausto Carioti
Titolo: «La sinistra in silenzio continua a delegittimare le nostre Forze dell’ordine»

Riprendiamo da LIBERO di oggi, 12/01/2025, a pag. 3 l'analisi di Fausto Carioti dal titolo “La sinistra in silenzio continua a delegittimare le nostre Forze dell’ordine”


Fausto Carioti

Dopo Milano e Torino, anche a Roma assaltano la polizia, per protesta contro la morte dell'egiziano Ramy Elgaml, a Milano, durante un inseguimento dei Carabinieri. Ad alimentare questi scontri sono anche le dichiarazioni della sinistra parlamentare (e di Gabrielli, ex capo della Polizia)

C’è una nuova questione politica in Italia, che riguarda le forze dell’ordine e chi delinque nelle strade. L’ha creata la sinistra, dove nessuno interviene per difendere poliziotti e carabinieri, e chi parla lo fa per prendere le distanze da chi indossa una divisa. Come il sindaco di Milano Giuseppe Sala, che è stato silente sulle denunce per abusi sessuali in piazza Duomo, ma ha commentato l’inseguimento in cui è morto Ramy Elgaml con parole che suonano già come una condanna per i carabinieri. O come il suo consulente Franco Gabrielli, ex capo della Polizia che ora nutre ambizioni politiche, il quale sostiene che in quella vicenda è stato violato «un elementare principio di civiltà giuridica», perché è stata messa in pericolo la vita del fuggitivo: come se la scelta di scappare non fosse stata del ragazzo egiziano, ed esistesse un inseguimento senza rischi per chi scappa e chi rincorre.
Non parlano quando la «civiltà giuridica» imporrebbe di farlo, ad esempio dopo quello che è avvenuto l’altra sera a Busto Arsizio, dove i poliziotti di una volante, intervenuti per fermare due nordafricani irregolari che stavano fracassando un’automobile, sono stati circondati e insultati da una quarantina di immigrati: cori in difesa di Ramy Elgaml e contro la Polizia, contro l’Italia e contro il governo. Sarebbe finita malissimo, se non fossero arrivate altre pattuglie. Scene che eravamo abituati a vedere nei servizi dei telegiornali sulla downtown di Los Angeles, sulle banlieue francesi e sulle strade di Molenbeek, il brodo di coltura dei terroristici islamici in Belgio: si iniziano a vedere anche qui. La cassandra Oriana Fallaci ci aveva avvertiti, ma in troppi l’hanno presa per pazza.
Quando chi parla lo fa solo per deresponsabilizzare i delinquenti e incolpare gli uomini in divisa, e nessuno ricorda a chi è in Italia i doveri elementari imposti dalla convivenza, significa che siamo davanti a una precisa strategia politica. Che consiste nel cercare consensi accarezzando il sentimento di ostilità verso lo Stato e chi lo rappresenta indossando una divisa. Chi occupa le università e impedisce agli altri di parlare lo fa perché esasperato dal «genocidio» di Gaza, gli antagonisti che cercano lo scontro con i reparti anti-sommossa della Polizia difendono il diritto a manifestare, chi ruba e scappa dai carabinieri è stato costretto a farlo dalle proprie condizioni sociali e, se immigrato, dal fatto che l’Italia non ha saputo offrirgli un’integrazione degna di questo nome. Dietro a ogni reato c’è una colpa collettiva o istituzionale, che vale come esimente per chi delinque e sposta la responsabilità su chi interviene per far rispettare la legge.
È la filosofia di chi pretende che l’attività delle forze dell’ordine sia fatta di sola prevenzione: i reati non devono avvenire e se sono perpetrati non è colpa dei loro autori, bensì dello Stato che ha fallito prima, perché non ha sorvegliato né ha rimosso le cause che stanno “a monte”. Ogni repressione è sbagliata, sbagliato è usare la violenza per fermare chi vorrebbe scappare, sbagliato è chiuderlo in cella se - puta caso - viene preso. A pensarla così sono gli stessi che bollano come «cileni» i metodi usati dagli agenti delle forze dell’ordine italiane, le cui regole e abitudini d’ingaggio sono tra le più “morbide” del mondo, di certo più di quelle dei loro colleghi francesi, spagnoli e americani.
Si capisce così perché nessuno, da quella parte, abbia commentato il passaggio del discorso di fine anno in cui Sergio Mattarella ha elogiato le forze dell’ordine, «presidio della libertà dei cittadini, per il contributo decisivo che recano alla cornice di sicurezza in cui vive il nostro Paese». Non erano frasi fatte: servivano a far capire a coloro che indossano una divisa che al vertice delle istituzioni c’è chi ha presente il momento difficile che stanno vivendo e si schiera dalla loro parte. Pochissimi, a sinistra, le hanno apprezzate.
Altri uomini dello Stato, con la toga da magistrato, contribuiscono a isolare poliziotti e carabinieri che hanno la sventura di sparare su chi sta compiendo un’aggressione. C’è una legge, del resto, per cui la loro iscrizione nel registro degli indagati è un «atto dovuto». Pochi giorni fa Giorgia Meloni ha promesso di fare «un approfondimento» su quella legge, per cambiarla. Sarebbe la risposta giusta, il modo migliore di prendere posizione in una partita politica che in un Paese civile nemmeno sarebbe dovuta iniziare.

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