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Linkiesta Rassegna Stampa
11.01.2025 Cosa fare davvero con gli ayatollah iraniani
Analisi di Gianni Vernetti

Testata: Linkiesta
Data: 11 gennaio 2025
Pagina: 1
Autore: Gianni Vernetti
Titolo: «Che cosa fare davvero con gli ayatollah iraniani, ora che Sala è tornata»

Riprendiamo da LINKIESTA, con il titolo "Che cosa fare davvero con gli ayatollah iraniani, ora che Sala è tornata", l'analisi di Gianni Vernetti.

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Gianni Vernetti

Cecilia Sala appena liberata dal carcere di Evin, in Iran. Adesso che fare del regime degli ayatollah? L'esito della trattativa che ha portato alla liberazione della giornalista non deve farci dimenticare l'orrore della Repubblica Islamica, di cui lei è stata testimone.

La liberazione di Cecilia Sala dal terribile carcere di Evin, come hanno già rilevato in molti, non solo rende felice l’intero paese, ma dimostra che, almeno per una volta, l’Italia ha saputo fare bene la sua parte: governo, intelligence, opposizione, media hanno dato il meglio, nella consapevolezza che salvare la vita di una giovane, brave e coraggiosa giornalista era più importante di qualche tweet in grado di concedere mezz’ora di effimera notorietà.

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha fatto anche qualcosa in più, riuscendo a usare al meglio la finestra temporale di pochi giorni fra l’amministrazione uscente di Joe Biden e quella entrante di Donald Trump, mettendosi direttamente in gioco con la visita lampo nella residenza privata del nuovo presidente in Florida, assolutamente inusuale nella tradizione diplomatica consolidata, ma in questo caso decisamente utile per raggiungere l’obiettivo. Tutto bene dunque.

Liberata Cecilia Sala, rimane ora il problema dell’Iran e della politica estera italiana in Medio Oriente. E il tema non è certo Mohammed Abedini, il cui rilascio differito credo sia oramai cosa fatta, ma il rapporto fra il nostro paese e la Repubblica Islamica dell’Iran. L’esito positivo della liberazione della nostra connazionale non deve farci però dimenticare l’orrore di un regime che ha sequestrato e incarcerato illegalmente una giornalista italiana con un regolarissimo visto d’ingresso rilasciato dall’ambasciata del regime stesso.

I ventuno giorni di detenzione di Cecilia Sala, con la tortura della luce ventiquattro ore al giorno, l’assenza di minime condizioni igieniche, un’alimentazione non sufficiente, l’impossibilità di vedere un legale o un rappresentante della nostra ambasciata per i primi nove giorni, l’assenza di occhiali, libri e di normali generi di conforto rappresentano purtroppo la norma per le migliaia di detenzioni illegali nel paese e un vulnus per l’Italia che non sarà facile cancellare.

Ora si tratta di decidere quale sarà l’atteggiamento da tenere, per l’Italia e per l’Europa, nei confronti di un regime che non solo sequestra i giornalisti occidentali, ma che ha sequestrato da troppo tempo un intero paese e un’intera generazione, sacrificandola sull’altare dell’esportazione sistematica di terrorismo e instabilità in tutto il Medio Oriente: armi e risorse ad Hamas, Hezbollah, Bashar Al Assad e Houthi per vent’anni che hanno depauperato in modo drammatico le risorse dello Stato. L’inflazione insostenibile, l’economia a pezzi, le infrastrutture decadenti, i continui black-out di gas ed elettricità, sono il risultato del sostegno ad avventure belliche fallimentare, oggi sconfitte in tutto il Medio Oriente e l’indicatore primo di un regime in fase terminale.

Come sostiene tutta l’opposizione in esilio, a cominciare dai due Premi Nobel Shirin Ebani e Narges Mohammadi, le differenze fra i sedicenti riformisti del presidente Masoud Pezeskhian e gli ultraconservatori della Guida Suprema Ali Khamenei non sono rilevanti in un paese dove praticamente tutto il potere è accentrato nelle mani della guida religiosa e nelle organizzazioni militari dei Guardiani della Rivoluzione, che oggi, dopo le sconfitte sul campo nei molti teatri mediorientali, scommettono sull’unica carta che gli è rimasta: il programma illegale di arricchimento dell’uranio con scopi civili e militari. Quelle stesse opposizioni ci chiedono a gran voce di scommettere sul cambio di regime e non sul mantenimento dello status quo in Iran e credo che sarebbe saggio, per l’Italia e per l’Europa, dare retta alle voci di dissidenti e oppositori che raccontano un regime in fase terminale e un paese pronto al cambiamento.

Non è mai facile fare previsioni quando si tratta del Medio Oriente, ma il drammatico indebolimento militare dell’Iran, la caduta del regime di Assad in Siria, il crollo di Hamas ed Hezbollah, sono solo l’inizio di una stagione di grandi mutamenti per l’intera regione che investirà direttamente la tenuta del regime stesso degli ayatollah.

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