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La Repubblica Rassegna Stampa
19.12.2024 Trump e la mediazione possibile
Commento di Maurizio Molinari

Testata: La Repubblica
Data: 19 dicembre 2024
Pagina: 1/31
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Trump e la mediazione possibile»

Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 19/12/2024, a pag.1/31, con il titolo "Trump e la mediazione possibile", il commento di Maurizio Molinari.

Molinari: “Le sorti dell'Italia sono decisive per quelle dell'Europa” -  Mosaico
Maurizio Molinari

Zelensky e Trump, il presidente ucraino prende molto sul serio la proposta di pace del futuro presidente americano. Un'occasione concreta di arrivare alla pace: Trump è interlocutore sia di Putin che di Zelensky.

A trentadue giorni dall'insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca il conflitto in Ucraina è in bilico fra fermarsi con un cessate il fuoco e innescare una guerra calda globale, lasciando intendere che in entrambi gli scenari sarà l'Europa a doversi assumere responsabilità strategiche di primo piano. Il perno attorno a cui ruotano entrambe le opzioni è il presidente eletto degli Stati Uniti perché sta dimostrando di essere interlocutore di entrambi i contendenti.

Se il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, dice in pubblico di “apprezzare” tanto la “volontà” che “le parole” di Trump sulla volontà di arrivare ad una composizione del conflitto è perché il leader del Cremlino, Vladimir Putin, la pensa allo stesso modo; se il presidente ucraino Volodymyr Zelensky coglie l’opportunità della cerimonia di Notre-Dame per consegnare di persona a Trump la “volontà di arrivare a un accordo” è perché, anche lui, prende molto sul serio la promessa di “The Donald” agli americani di “porre termine ai conflitti infiniti”. Tanto Putin che Zelensky considerano Trump un interlocutore credibile ed è questa la novità che, rispetto al periodo precedente le elezioni Usa, innesca la possibilità di raggiungere un cessate il fuoco. Anche perché i più stretti collaboratori di Trump, con il tacito avallo del presidente uscente Joe Biden, fanno trapelare in maniera disordinata i dettagli del compromesso su cui lavorano: la Russia manterrebbe il controllo delle “regioni che occupa” che però non sarebbero riconosciute da Kiev e Washington, dando vita ad un cessate il fuoco lungo gli oltre mille km di fronte che verrebbero sorvegliati da un contingente internazionale, consentendo all’Ucraina di entrare nella Ue e di iniziare un assai lungo percorso di avvicinamento alla Nato.

È proprio Trump tuttavia che, nell’intervista concessa aTime Magazine, spiega come “l’Ucraina è più difficile del Medio Oriente” senza aggiungere ulteriori dettagli ma facendo una fotografia fedele della realtà perché restano molti nodi da sciogliere. Ad esempio, fra i “territori occupati” sotto il controllo russo vi saranno solo Crimea e Donbass o anche la regione di Mariupol che li collega, presa da Mosca dopo l’attacco del febbraio 2022? E ancora: Putin può accettare il principio dell’adesione di Kiev alla Nato, anche se rinviato nel tempo, e più in generale può rinunciare al disegno strategico di cambiare l’equilibrio di sicurezza in Europa?

Da qui il bivio fra cessate il fuoco e guerra calda globale descritto da quanto avvenuto nelle ultime 36 ore. Ad avvalorare il primo scenario ci sono le parole di Zelensky aLe Parisien sul fatto che l’Ucraina “non ha le forze per riconquistare Crimea e Donbass”, persi entrambi prima dell’invasione russa del 2022, e ciò implica una concessione territoriale a Putin accompagnata dalla fiducia per “riottenere questi territori” grazie alla “diplomazia internazionale” in maniera analoga a come i Paesi Baltici riottennero l’indipendenza da Mosca con l’implosione dell’Urss del 1991 dopo essere stati occupati dall’Armata Rossa per ben 51 anni con un’azione di forza che gli Stati Uniti non riconobbero mai.

Ma ci sono anche elementi che spingono verso il conflitto aperto fraNato e Russia perché l’ex premier Dmitry Medvedev, stretto collaboratore di Putin, minaccia di “colpire direttamente alti funzionari della Nato coinvolti negli aiuti all’Ucraina” per reagire all’attentato con cui gli 007 ucraini hanno eliminato a Mosca il generale Igor Kirillov, capo delle forze nucleari. Ed è evidente che se la Russia dovesse uccidere un generale della Nato sarebbe un punto di non ritorno, capace di sommarsi all’uso ucraino di missili Usa per colpire il territorio russo come anche all’impiego di droni iraniani e soldati nordcoreani nei ranghi delle truppe di Putin, spingendo il conflitto verso la dimensione di una guerra a tutti gli effetti globale.

Da qui il doppio scenario davanti al quale si trovano i Paesi europei. Se avremo il cessate il fuoco servirà un importante contingente per sorvegliarlo e la dichiara indisponibilità di Trump a inviare soldati significa che la maggiore responsabilità ricadrà sulle spalle degli alleati della Nato, almeno sul lato ucraino del fronte. Il ministro della Difesa, Guido Crosetto, parlando con il nostro giornale ha accennato a tale eventualità perché di questo si sta parlando, in maniera assai concreta, a Bruxelles. Mettere assieme un contingente di almeno 20-30 mila uomini richiederebbe ai Paesi Ue della Nato un impegno, logistico e politico, assai più impegnativo di quanto avvenuto in Afghanistan ed il fatto che tutto ciò potrebbe materializzarsi in tempi non lunghi spiega il nervosismo che si respira da Parigi a Londra, da Roma a Berlino, dove peraltro si voterà in febbraio.

Se invece Trump dovesse fallire, il conflitto aperto Nato-Russia investirebbe l’Europa in forme destinate a imporre da subito la sicurezza collettiva come priorità assoluta.

Ma non è tutto perché, in entrambi i casi, che le armi tacciano o no in Ucraina, possono esserci pochi dubbi sul fatto che l’Europa ha bisogno di dotarsi in fretta di uno scudo anti-missile capace di intercettare droni e vettori di ogni tipo, assai simile all’ “Iron Dome” con cui Israele si è protetto, per ben due volte negli ultimi mesi, dagli attacchi di Teheran. Chi in Occidente ha studiato quei due attacchi balistici “a strati e con intensità crescente” è arrivato alla conclusione che i vettori erano iraniani (e forse anche in minima parte nordcoreani) ma la mente dell’attacco era mutuata dai manuali di guerra russa. Perché il fine è mettere l’avversario sotto un fuoco crescente al fine di arrivare a identificare il suo punto di rottura.

La Nato sa che quel pericolo ora incombe potenzialmente sull’Europa che può certo contare sulle difese antiaeree ed antimissilistiche di Usa, Gran Bretagna e Francia ma deve trasformarle in fretta in uno scudo collettivo. Ecco perché, quale che sia il corso degli eventi fra Kiev e Mosca, per la Commissione europea della riconfermata Ursula von der Leyen il terreno più urgente sul quale operare è la sicurezza comune.

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