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La Repubblica Rassegna Stampa
18.12.2024 Francia, cultura in rivolta per salvare Sansal
Cronaca di Anais Ginori

Testata: La Repubblica
Data: 18 dicembre 2024
Pagina: 36
Autore: Anais Ginori
Titolo: «Salvate Sansal. La cultura in rivolta»

Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 18/12/2024, a pag. 36, con il titolo "Salvate Sansal. La cultura in rivolta", la cronaca di Anaïs Ginori.

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Anaïs Ginori

Boualem Sansal, da un mese in carcere in Algeria, solo per quello che ha scritto. Aveva immaginato un regime totalitario islamico mondiale nel suo libro di fantapolitica "2084". Facile profezia. In Francia almeno c'è una mobilitazione di intellettuali per la sua liberazione. Ma Amnesty International tace. E in Italia il suo caso non fa notizia!

Un mese è già passato dall’arresto di Boualem Sansal, fermato all’aeroporto di Algeri dopo un soggiorno in Francia. Trentadue giorni in cui gli sforzi per ottenere la sua liberazione sono stati vani, nonostante gli appelli di intellettuali, a partire da Salman Rushdie, e Nobel come Annie Ernaux e Wole Soyinka, una mobilitazione sempre più internazionale, un attivismo diplomatico discreto per non provocare un’ulteriore escalation nel regime militare. Le poche notizie sullo scrittore algerino, che aveva ottenuto la nazionalità francese, sono sempre più preoccupanti. Una nuova domanda di scarcerazione è stata rifiutata qualche giorno fa, senza che i suoi avvocati potessero essere presenti all’udienza. Per l’ennesima volta in poche settimane ora Sansal è in un ospedale militare per accertamenti medici.

«È un uomo che sta male» allerta il suo avvocato francese François Zimeray, ospite all’evento di sostegno organizzato lunedì sera al Théâtre Libre, nome quanto mai appropriato. «Le biopsie che sono state fatte non sono buone» prosegue l’avvocato che aspetta sempre di ottenere un visto per poter entrare in Algeria e incontrare finalmente il suo cliente. «Mi appello alle autorità algerine affinché diano prova, molto semplicemente, di umanità in questa vicenda » dice Zimeray che è stato in passato ambasciatore. Secondo i media algerini, lo scrittore di settantacinque anni è accusato di «lesione all’integrità del territorio nazionale», considerato come atto diterrorismo, secondo l’articolo 87 bis del codice penale. I suoi difensori non hanno ancora potuto accedere all’atto d’accusa che potrebbe essere comunque legato a dichiarazioni rilasciate in un’intervista per la rivista di estrema destra Frontières , a proposito dell’evoluzione delle frontiere tra Algeria e Marocco nel periodo della decolonizzazione.

Difendere oggi l’autore di2084. La fine del mondo (tradotto in Italia da Neri Pozza) contro un regime che sembra in preda a una deriva orwelliana è come muoversi sulle sabbie mobili. «Molte cose avvengono in modo silenzioso, passo dopo passo, nell’ombra nera di informazioni che non sappiamo quanto vere» confida Antoine Gallimard che ha radunato alcuni giornalisti nella maison del settimo arrondissement per condividere una battaglia non più solo letteraria. «La letteratura è politica, che sia di destra, di centro o di sinistra » sottolinea l’editore francese che nel 1999 aveva pubblicato il primo libro di Sansal, Le serment des barbares , il giuramento dei barbari, romanzo profetico sulle pulsioni totalitarie dell’islamismo.

Sansal non ha mai risparmiato le critiche al regime di Algeri, indagando le zone d’ombra dell’indipendenza e dell’apparato di Stato di cui ha avuto una conoscenza diretta. Prima di diventare scrittore, è stato infatti dirigente del ministero dell’Industria. Per anni è riuscito a viaggiare tra la Francia e l’Algeria. «Viveva tra due Paesi, sentendosi molto libero, al punto di andare in Israele nel 2012» prosegue Gallimard.

Alle minacce era abituato. «Sono cominciate già all’inizio degli anni Duemila — ricorda Gallimard — lo trattavano da agente del Mossad e sua moglie insegnante è stata costretta a dimettersi». Sansal ha continuato la sua opera prolifica, tradotta in una trentina di Paesi, tra cui l’Italia, senza mai fare un passo indietro rispetto alle sue convinzioni. «Il nemico è chi vietale libertà, non chi ne abusa» sottolinea Gallimard a proposito del coraggio dimostrato dall’autore.

L’editore cita un libro di Sansal nel quale si immaginava già «in carcere ma con la testa libera di vagabondare». «Era consapevole delrischio che correva, gli è capitato anche di dormire qui» rivela Gallimard a proposito dell’ospitalità offerta nella sontuosa palazzina congiardino della casa editrice nell’omonima via, tramandata da generazioni. A differenza di Kamel Daoud, altro scrittore algerino della maison che da più di un anno ha scelto l’esilio a Parigi, rassegnandosi al fatto che non c’erano più le condizioni per lavorare serenamente, Sansal voleva poter tornare nel suo paese natale, affezionato al suo nome berbero — Boualem — che significa “portabandiere”.

«Eravamo preoccupati, e quasi piacevolmente stupiti che non gli succedesse nulla» racconta Gallimard che fa riferimento a un breve racconto di Sansal, intitolato Vivre: le compte à rebours. Un conto alla rovescia che il regime di Algeri ha deciso di accelerare. L’editore non può impedirsi di notare come l’arresto coincida con uno dei punti più bassi delle relazioni diplomatiche tra Parigi e Algeri, in coincidenza con la scelta della Francia di riconoscere la sovranità del Marocco sul Sahara occidentale. Gli esponenti del governo francese, e lo stesso presidente Emmanuel Macron, tentano di tenere un profilo basso. Ai ministri è stato chiesto di non intervenire per non accendere nuovi focolai di polemiche, di cui lo scrittore sembra ormai ostaggio. L’ambasciatore ad Algeri è stato convocato la settimana scorsa, ricevendo l’accusa di «operazioni destabilizzanti» da parte della Francia. «È bene essere prudenti» spiega Zimeray che però non esclude iniziative legali più forti. «Se ci renderemo conto che non c’è possibilità di un processo giusto, attiveremo apposite procedure internazionali per i ricorsi, incluso di fronte all’Alto commissariato per i diritti dell’uomo all’Onu, la Commissione giuridica dell’Unesco, e la Commissione africana dei diritti dell’uomo e delle popolazioni dell’Unione africana». La speranza è che non ce ne sia bisogno.

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