Tregua forse, ma Bibi visita le truppe Cronaca di Maurizio Stefanini
Testata: Libero Data: 18 dicembre 2024 Pagina: 14 Autore: Maurizio Stefanini Titolo: «Stretta per la tregua. Netanyahu va al fronte»
Riprendiamo da LIBERO di oggi, 18/12/2024, a pag. 14, con il titolo "Stretta per la tregua. Netanyahu va al fronte" l'analisi di Maurizio Stefanini.
Maurizio Stefanini
Le forze di Israele continueranno a restare sul versante siriano del monte Hermon «fino a quanto non verrà trovato un altro accordo che garantisca la sicurezza di Israele». Le parole pronunciate ieri dal primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, in visita ieri alle truppe.
Invece di accettare l’invito a seguire i negoziati del Cairo, il capo del governo di Gerusalemme torna dove ha servito la Patria in divisa. «Ero qui 53 anni fa con i miei soldati in una pattuglia Sayeret Matkal», ha detto, dicendo di pensarci con nostalgia. «Il posto non è cambiato, è lo stesso, ma la sua importanza per la sicurezza di Israele si è rafforzata negli ultimi anni, e specialmente nelle ultime settimane con i drammatici eventi che si stanno verificando qui sotto di noi, in Siria. Concluderemo l’accordo migliore che garantisca la nostra sicurezza», ha aggiunto.
Nei negoziati con Hamas, stando al portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale Usa Kirby, ci sarebbe un “cauto ottimismo” sul fatto che l’accordo sarebbe comunque «vicino», anche «siamo già stati a questo punto e non siamo riusciti ad arrivare al traguardo». Anche Hamas, che a parte le botte ricevute direttamente subisce il contraccolpo di quelle prese da Iran, Hezbollah e Assad, si riferisce ora ai colloqui in corso in Qatar come «seri e positivi», e dice che è possibile raggiungere un accordo «se Israele smetterà di porre nuove condizioni». Il quotidiano israeliano Haaretz anticipa che le parti hanno concordato che lo Stato ebraico formulerà un vago impegno per un «percorso verso lo Stato palestinese» invece del riconoscimento esplicito di uno Stato palestinese, richiesto dall’Arabia Saudita. Un alto funzionario palestinese, secondo cui i colloqui si trovano in una «fase decisiva e finale», ha delineato con la Bbc un piano in tre fasi che prevede il rilascio, entro 45 giorni, dei civili e delle soldatesse tenuti in ostaggio a Gaza, e il ritiro delle forze israeliane dai centri urbani, dalla strada costiera e dalla striscia di terra strategica lungo il confine con l'Egitto. Gli sfollati potrebbero poi tornare nel nord della Striscia di Gaza. Una seconda fase comporta la liberazione degli ostaggi residui e il ritiro delle truppe, prima che la terza fase ponga fine alla guerra.
Sulla Siria ha parlato anche l’ambasciatore israeliano a Roma Jonathan Peled, in un incontro con la stampa.
«Assad era un diavolo che conoscevamo, ora c'è un diavolo che non conosciamo», ha commentato Peled. «Ahmad Al-Jolani finora ha usato parole moderate, adatte alle orecchie occidentali, ma anche l'Ue ieri ha detto che giudicherà dalle azioni».
La sua speranza è comunque che si possa arrivare a «un futuro migliore per i siriani e anche i rifugiati», nella consapevolezza che l’arrivo al potere dei ribelli rappresenta «rischi e opportunità». «Abbiamo grandi speranze e basse aspettative». «Vorremmo molto una relazione pacifica ma dobbiamo assicurarci che la Siria non diventi un paradiso per il terrorismo.
Per questo abbiamo attaccato obiettivi, in modo che i nuovi governanti non entrino in possesso di missili a lunga gittata e armi chimiche. e abbiamo inviato altre forze al confine”.
Ma “c’è l'opportunità di aprire un nuovo capitolo per il Medio Oriente.
Staremo a vedere e non interferiremo”.
Sul Libano Peled ha osservato che «Unifil non è mai stato un problema.
Ci sono stati incidenti ma non intenzionali». Ha rimarcato però che «era lì per controllare il confine ma non è riuscita nel suo intento». Le forze della issione Onu in Libano, ha aggiunto, possono ora «giocare un ruolo molto importante nell'ambito del cessate il fuoco in vigore perla stabilizzazione del Paese e stavolta spero che faranno un lavoro migliore».
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