L’anno 2024, che volge al termine, è stato caratterizzato da un’ondata di odio contro lo Stato ebraico. Ciò si è manifestato nelle condanne provenienti sia dai massimi organismi internazionali che dai leader dei cosiddetti Paesi liberali. Di cosa non lo si biasima? Accusato di genocidio, di pulizia etnica, di violazione delle leggi di guerra e del diritto umanitario, ora viene trascinato davanti alla Corte penale internazionale. Questo tribunale ha emesso mandati di arresto e lui è chiamato a recarsi all'Aia per difendersi dall'aver commesso crimini di guerra e crimini contro l'umanità. Tutte queste accuse, esacerbate da una copertura mediatica deliberatamente tendenziosa, hanno infiammato le masse su entrambe le sponde dell’Atlantico.
Decine di milioni di persone, giovani e meno giovani, hanno scandito degli slogan che negano la legittimità dell’esistenza di Israele e si appellano alla sua distruzione. Si potevano sentire studenti di prestigiose università che esponevano dei cartelli con la scritta “Noi siamo tutti Hamas” o più tardi “Noi siamo tutti Hezbollah.”
Considerati il volume e la portata di queste imprecazioni e di questi clamori, non sorprende che essi abbiano soffocato il suono di altre angosce: le grida di aiuto e il pianto dei bambini israeliani martirizzati il 7 ottobre, dei sopravvissuti traumatizzati dalla perdita dei propri cari assassinati dai cosiddetti eroici combattenti per la libertà lodati dalle folle. Un'intera popolazione terrorizzata da allarmi incessanti, notte e giorno. Soffocati, o non percettibili, sono anche i lamenti degli ostaggi privati di cure, sottoposti a torture fisiche, sessuali e psicologiche, senza che la Croce Rossa si sia mai presa la briga di visitarli. Molti di loro sono stati anche assassinati a sangue freddo. Dopotutto sono così pochi che lo spessore dei cunicoli bui non ha difficoltà a bloccare le loro grida disperate. Comunque si può placare la nostra coscienza dicendoci che la colpa è di Israele.
Ma cosa possiamo dire della strana indifferenza dei leader e delle masse nei confronti delle nefandezze che il regime siriano stava commettendo nello stesso periodo? Eppure sapevamo cosa stava succedendo nelle spaventose celle e nelle sinistre prigioni sotterranee di Bashar al-Assad. Non c'era nessuno che ascoltasse le grida di agonia dei prigionieri suppliziati con congegni d'altri tempi, quegli stessi strumenti di tortura resi tristemente famosi dagli eccessi dell'Inquisizione? Che dire delle lacrime dei familiari delle migliaia di “scomparsi” di cui non avevano più notizie? Queste persone sfortunate non meritavano un’ondata di solidarietà e di sostegno internazionale? Delle marce bianche? Delle proteste davanti alle ambasciate siriane? Come si spiega che Bashar al-Assad, l'uomo che non ha esitato a usare le armi chimiche contro il suo stesso popolo, sia sempre stato il benvenuto nelle capitali europee? Dovremmo concludere che questa mancanza di interesse era dovuto al fatto che non si poteva incolpare gli ebrei o Israele? Questa indifferenza verso tali abusi non costituisce di per sé il reato di complicità in crimini contro l’umanità?