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israele.net Rassegna Stampa
15.12.2024 Quando la sarabanda cesserà, resterà a lungo traccia dell’ubriacatura antisionista
Commento di Catherine Perez Shakdam

Testata: israele.net
Data: 15 dicembre 2024
Pagina: 1
Autore: Catherine Perez Shakdam
Titolo: «Quando la sarabanda cesserà, resterà a lungo traccia dell’ubriacatura antisionista»

Riprendiamo dal sito www.israele.net - diretto da Marco Paganoni - un articolo di Catherine Perez Shakdam tradotto da Times of Israel, dal titolo "Quando la sarabanda cesserà, resterà a lungo traccia dell’ubriacatura antisionista".

Catherine Perez Shakdam

Ah, lo Zeitgeist del momento! Come prospera nel suo stesso senso della moda, intellettuale e non. L’ultimo grido della moda sulla passerella delle sfilate ideologiche, a quanto pare, è l’inebriante mix di antisemitismo ammantato di antisionismo: una ribellione chic esibita come rettitudine morale.

È tutto così terribilmente in voga, vero? Denunciare Israele con ampie generalizzazioni, lanciare accuse di apartheid e genocidio, il tutto sorseggiando un latte d’avena crogiolandosi nell’ardore dell’approvazione online.

Ma ecco l’inghippo. Quando la sarabanda cesserà, quando le urla si placheranno e gli hashtag cadranno in disuso, rimarrà traccia delle posizioni intellettuali oggi così di moda. Congelate nell’ambra di internet, resteranno le testimonianze di un’epoca in cui la postura moraleggiante e l’indignazione performativa hanno messo in ombra la ragione, le sfumature e la verità. E che lascito inquietante sarà.

1936: la folla saluta Adolf Hitler in visita ad Amburgo. Catherine Perez-Shakdam: “La storia, come sappiamo, non è tenera con i collaborazionisti. Chiederà semplicemente: siete stati dalla parte della giustizia o dalla parte di coloro che volevano cancellare il diritto di un popolo a esistere?”

Sono finiti i tempi in cui si poteva sproloquiare in un bar ed essere dimenticati entro sera. Ora ogni tweet, ogni editoriale, ogni slogan resta inciso nell’eterno archivio digitale.

Le saccenti bravate di oggi, amplificate dagli applausi e dai retweet, resteranno molto più a lungo di quanto i loro autori potrebbero gradire.

Tra qualche decennio, quando lo sguardo sobrio della storia si poserà su quest’epoca, porrà domande difficili a coloro che hanno fatto dell’antisionismo il loro sport intellettuale.

Perché avete prestato la vostra voce a un movimento che cercava di delegittimare lo stato ebraico, sorvolando sulle atrocità dei suoi nemici giurati? Perché avete vilipeso una democrazia che si difendeva dal terrorismo, mentre romanticizzavate coloro che proclamavano orgogliosamente l’intento di annientarla?

L’era digitale non dà scampo. Ogni parola, ogni slogan, ogni fiancheggiamento resterà conservato in modo nitido affinché le generazioni future possano analizzare e giudicare.

La storia, come sappiamo, non è tenera con i collaborazionisti. Ha poca pazienza per coloro che, intenzionalmente o per ostinata ignoranza, si sono schierati dalla parte di ideologie oppressive con il pretesto del progresso.

Dai condiscendenti “pacifisti” degli anni Trenta ai tanti apologeti delle tirannie successive, le mode intellettuali di un’epoca diventano una disfatta morale agli occhi di quella successiva.

L’antisionismo di oggi, lungi dall’essere l’integerrima critica che pretende di essere, scivola spesso e volentieri nella negazione del diritto del popolo ebraico alla sovranità.

Peggio ancora, si allinea con forze che sostengono apertamente il terrorismo. Hamas, ad esempio, non nasconde le proprie intenzioni. Il suo statuto invoca la distruzione di Israele e celebra l’assassinio degli ebrei: non solo degli israeliani, si badi bene, ma degli ebrei ovunque si trovino.

Adottare la retorica dell’antisionismo senza riconoscere queste realtà significa giocare un gioco pericoloso, che difficilmente gli storici del futuro considereranno con indulgenza.

Le critiche a qualsiasi stato, Israele compreso, sono lecite. Anzi, sono essenziali. Ma quella che vediamo ora non è una critica. E’ la negazione totale del diritto all’esistenza dello stato ebraico, presentata come una nobile virtù morale.

Catherine Perez-Shakdam: “Quella che vediamo ora non è una critica, è la negazione totale del diritto all’esistenza dello stato ebraico: una funesta menzogna che incoraggia l’antisemitismo e giustifica la violenza”

Non è solo un errore: è una funesta menzogna che incoraggia l’antisemitismo e giustifica la violenza.

Si considerino le acrobazie intellettuali che comporta. Israele, una piccola democrazia circondata da nemici che ne chiedono apertamente la distruzione, viene vilipeso per essersi difeso. Le sue azioni vengono scandagliate con un feroce accanimento quale nessun’altra nazione deve subire, mentre i crimini dei suoi nemici – spaventosi attentati terroristici, anni di razzi lanciati sui civili, uso spietato di scudi umani e ostaggi – vengono minimizzati o ignorati.

Coloro che abbracciano questa narrazione lo fanno quasi sempre con la certezza di essere moralmente virtuosi. Ma quando la storia rivisiterà quest’epoca, come apparirà questa loro certezza? Non apparirà, nel migliore dei casi, come ingenua e, nel peggiore, come complice?

Quando cesserà la sarabanda, quando gli hashtag svaniranno nell’oscurità e le passioni di questo momento saranno analizzate con il senno di poi, molti degli odierni autoproclamati critici di Israele dovranno affrontare una scomoda resa dei conti.

Scopriranno che le loro posture, i loro slogan, la loro solidarietà con i promotori del terrorismo avranno lasciato un marchio permanente: non su Israele, ma su loro stessi.

Ciò che oggi sembra così coraggioso e alla moda, domani potrebbe rivelarsi da vili e complici.

La storia non chiederà il contesto dei loro tweet o l’umore che prevaleva nelle loro marce. Chiederà semplicemente: siete stati dalla parte della giustizia o avete prestato la vostra voce a coloro che cercavano di cancellare il diritto di un popolo a esistere?

A coloro che si abbandonano all’hobby intellettuale dell’antisionismo, un avvertimento cortese ma fermo: la sicumera virtuosa di questo momento non vi metterà al riparo dal giudizio della storia.

Impegnatevi piuttosto sulle complessità del conflitto israelo-palestinese, cercate di vedere la differenza tra criticare le politiche e negare la sovranità, cercate di capire che schierarsi dalla parte di coloro che glorificano il terrorismo non è un atto di giustizia, ma una resa all’ingiustizia.

La storia ci giudicherà tutti. Ma giudicherà più severamente coloro che, messi di fronte a una scelta, hanno preferito la strada facile dell’indignazione alla moda a quella più difficile della verità e della ragione.

Quando la sarabanda si fermerà, su che strada vi troverete? Scegliete con saggezza. Perché documenti e testimonianze rimarranno a lungo, dopo che gli applausi saranno svaniti.

(Da: Times of Israel, 5.12.24)

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