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Il Giornale Rassegna Stampa
14.12.2024 Trump e Netanyahu, obiettivi precisi. Al centro c’è l’Iran
Commento di Fiamma Nirenstein

Testata: Il Giornale
Data: 14 dicembre 2024
Pagina: 14
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «Trump e Netanyahu, obiettivi precisi. Al centro c’è l’Iran»

Riprendiamo dal GIORNALE di oggi 14/12/2024 a pag. 14 il commento di Fiamma Nirenstein dal titolo: "Trump e Netanyahu, obiettivi precisi. Al centro c’è l’Iran". 


Fiamma Nirenstein

Con il ritorno di Trump alla Casa Bianca, finirà finalmente l'ambiguità strategica degli Usa con l'Iran. Il regime di Khemenei è l'obiettivo principale del presidente eletto, perfettamente d'accordo con Netanyahu

Al centro del cerchio di fuoco che esso stesso aveva costruito, adesso, ironia della sorte, si trova l’Iran: la Repubblica Islamica non sa quale sarà il suo destino, neppure il tiranno Assad ha ritenuto opportuno andarsi a rifugiare a Teheran, preferendo nascondere la sua vergogna a Mosca. Trump alla vigilia del suo mandato ne minaccia direttamente, come non mai, le aspirazioni atomiche; Israele disegna un nuovo terreno mediorientale sminato dall’odio jihadista avendone smontato tutti i piani.  Due paragoni storici valgono a capire la situazione attuale; tutti e due spiegano la vittoria di Israele, e la sconfitta iraniana. Il primo è quello dell’attacco preventivo del 1967 con la Guerra dei Sei Giorni, quando l’aviazione israeliana attacco le forze aeree egiziane ancora a terra prevenendone l’attacco programmato per distruggere Israele insieme ai siriani e ai giordani. Da là, più avanti, dopo la sconfitta subitanea del nemico, nacque la pace con Egitto e Giordania.

La veloce distruzione delle armi siriane e le truppe sul Golan indicano questo: un futuro in cui i jihadisti sia sciiti (gli Hezbollah), che sunniti, i nuovi padroni della Siria, siano costretti alla pace. Il secondo paragone mette audacemente insieme il collasso di Assad con la caduta del Muro di Berlino. Siamo nel 1989. Cade il muro, e poco dopo l’Unione Sovietica cessava di esistere. Evoca la storia Mehrdad Marty Yussefiani, iraniano e americano, membro del Jerusalem Center for Security and Foreign Affairs. Adesso, è il regime iraniano che può fare la fine dell’URSS. Netanyahu in un messaggio di giovedì al popolo iraniano lo ha invitato all’azione e alla speranza: ha ricordato che venti miliardi di dollari, mentre in Iran manca tutto, sono stati spesi per i piani imperialisti dei loro tiranni. La guerra di aggressione, ha detto, caratterizza la loro politica, Israele ha vinto nel verticale crollo del disegno di appropriarsi del Medio Oriente e di distruggere Israele. Il Primo Ministro ha detto in persiano “donna, vita, libertà”, unendosi al movimento di liberazione dei tiranni e annunciando eventi che, dice, verranno prima di quanto ci si aspetti. Netanyahu non parla nel vuoto. Sa che Khamenei minaccia ma è di fatto in difficoltà come non mai: tutti i piani sono saltati, fu lui a dire che “il 7 ottobre era l’evento più importante della storia della resistenza”, e adesso il suo “asse della resistenza” è smantellato.

Gli Hezbollah, il suo braccio destro, sono stati sgominati insieme a Hamas; adesso, è stata stroncata con un’azione mai vista prima ogni possibilità che le armi accumulate in Siria, la roccaforte del piano di dominio sciita, passino nelle loro mani. Tutto è stato prosciugato dall’attacco fulmineo di Israele almeno per l’80 per cento: i missili antiaerei coi sistemi più avanzati, SA22 e SA17, gli squadroni di aerei SU22 e SAAU24, il 100 per cento dei droni esplosivi, altri 390 obiettivi fra cui sistemi di attacco, radar, ogni accumulo di armi chimiche e di altro tipo, fabbriche e depositi… Iraniani e libanesi sono spariti dalla scena che era fino a ieri casa loro, solo un passaggio di frontiera col Libano esiste ancora ed è ben sorvegliato. I cieli sono liberi: un aereo israeliano o di altro tipo che sorvolasse adesso Damasco, avrebbe poco da temere dai nuovi padroni, i sunniti di Hayat Tahrir al Sham. Erdogan che li ha spinti e protetti osserva per ora le possibilità che persegue di trasformare in dominio ottomano l’arma pesantemente jihadista di al Julani.

L’avvento di Trump però vale anche per lui, il fallimento di Khamenei è un’indicazione potente che la partita deve essere conclusa per garantire la pace che Trump chiede con determinazione a tutti prima di prendere possesso della Casa Bianca. Vale anche per i sunniti, ed è dalla parte di Israele. Per questo ha detto che intende prevenire la bomba iraniana, molto prossima secondo tutte le osservazioni dell’IAEA. C’è la possibilità che se ne occupi Israele, ma anche che i suoi aerei debbano alzarsi in volo. Si può fermare, dice, Khamenei, con sanzioni, regole, navi, armi a Israele, bombe “bunker busting”. Se non funzionasse… si vedrà. Ma ha già detto abbastanza, mentre Israele dimostrava, sul terreno, che è finito il tempo per la jihad di credere che un interlocutore credulo e moscio cada in trappola e diventi di nuovo la vittima designata del prossimo massacro. Per ora sgomberare dalla bomba iraniana per un nuovo Medioriente è l’obiettivo. Prima l’Occidente se ne rende conto, prima perseguirà la pace che desidera.   

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