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Libero Rassegna Stampa
12.12.2024 Iran accelera il programma atomico
Analisi di Carlo Nicolato

Testata: Libero
Data: 12 dicembre 2024
Pagina: 15
Autore: Carlo Nicolato
Titolo: «Khamenei accelera il programma atomico, per non finire come Assad»

Riprendiamo da LIBERO di oggi, 12/12/2024, pag. 15, con il titolo "Khamenei accelera il programma atomico, per non finire come Assad", l'analisi di Carlo Nicolato. 

Carlo Nicolato
Carlo Nicolato

Il regime iraniano starebbe accelerando il suo programma nucleare, per avere la bomba. Ha visto quanto è vulnerabile e ha assistito impotente alla rapida caduta dell'alleato Assad, quindi vuole la bomba come assicurazione sulla vita. Ma sarebbe una minaccia esistenziale inaccettabile per Israele e tutto il mondo democratico. Per questo deve essere fermato prima.

Dopo qualche giorno di riflessivo silenzio la guida suprema dell’Iran ha finalmente detto la sua sulla caduta di Assad. È una storia che si ripete, un film visto e rivisto in questi ultimi tempi dopo la sistematica eliminazione da parte di Israele dei principali alleati di Teheran, da Nasrallah a Sinwar, e in tutte le occasioni Khamenei ha ribadito il solito ritornello: l’Iran è più forte che mai e gli infedeli la pagheranno cara.
Ma sa benissimo, come abbiamo scritto ieri e come ha ribadito ieri anche il Wall Street Journal, che il prossimo della lista è proprio lui.
Khamenei dice appunto che la caduta di Assad in Siria non indebolirà l’Iran, riferendosi ai nemici di sempre sostiene che «ignari del significato della resistenza, immaginano che quando la resistenza diventa debole, anche l’Iran islamico diventerà debole...». «L’Iran è forte e potente e diventerà ancora più potente», ha sottolineato, aggiungendo che «nessuno dovrebbe dubitare che ciò che è accaduto in Siria sia il prodotto di un complotto congiunto Usa-Israele». Tra i colpevoli la guida suprema aggiunge anche «un governo vicino alla Siria», alludendo ovviamente in questo caso alla Turchia di Erdogan il cui supporto ai miliziani che hanno preso Damasco è noto. Khamenei tuttavia sembra anche lamentarsi del fatto che Assad avesse «un esercito che non resiste e fugge». La Siria avrebbe potuto essere aiutata, dice, se «le motivazioni all’interno del Paese fossero rimaste le stesse» di prima, cioè quelle della guerra durante la quale la collaborazione tra i due Paesi ha raggiunto il massimo grado.

RESISTENZA FINITA

Difficile immaginare che la guida suprema iraniana riesca a credere che il suo Paese possa ancora avere quel ruolo di “resistenza” che lui rivendica, tantopiù che, fa notare il Wall Street Journal, la fuga di Assad è una catastrofe strategica «che costringerà l’Iran a riconsiderare politiche di sicurezza vecchie di decenni, proprio mentre sarà messo a confronto con l’elezione del presidente eletto Donald Trump e le sue promesse di nuove pressioni su Teheran».
«La Repubblica islamica pensava che l’attacco di Hamas del 7 ottobre fosse un punto di svolta nella storia», ha detto Ali Vaez, direttore dell’Iran Project dell’International Crisis Group, «è vero, ma nella direzione completamente opposta a quella che sperava».
I pezzi del domino sul fronte occidentale sono caduti uno dopo l’altro e l’ultimo, la Siria, rivestiva un’importanza fondamentale in quanto unico alleato statale in Medio Oriente e unico accesso via terra a Hezbollah, il fulcro dell’“asse della resistenza”. Entrambi gli alleati sono stati cancellati rendendo praticamente l’Iran un paria nello scacchiere mediorientale e del Golfo.
RISCHIO NUCLEARE La Repubblica islamica rischia dunque l’implosione, innescata da una crisi economica senza precedenti e da una leadership sempre più vecchia, consunta e sempre meno credibile.
Ma il rischio, come fa notare anche il Wall Street Journal, è che messi alle strette gli ayatollah potrebbero decidere di accelerare il loro programma nucleare per cercare di ripristinare il loro prestigio militare e la deterrenza contro eventuali attacchi esterni. Il dibattito interno in proposito è più vivo che mai e il fatto che alla presidenza sia finito il riformista moderato Masoud Pezeshkian, ma comunque fedelissimo a Khamenei, è stato interpretato da molti come una copertura per piani che nulla hanno di moderato. I fatti dell’ultimo mese lo dimostrano. Un rapporto dell’intelligence statunitense pubblicato la scorsa settimana ha evidenziato crescenti rischi di una decisione iraniana di costruire la bomba. Venerdì scorso Rafael Grossi, direttore generale dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (AIEA), ha affermato che l'Iran sta aumentando le sue scorte di uranio arricchito al 60%, appena al di sotto del livello di purezza necessario per un'arma nucleare. Il governo iraniano stesso il mese scorso ha dichiarato che avrebbe lanciato centrifughe «nuove e avanzate» in risposta a una risoluzione dell’AIEA che censurava Teheran per quella che l’agenzia ha definito mancanza di cooperazione. Martedì in una dichiarazione congiunta Gran Bretagna, Francia e Germania hanno invitato il governo iraniano a «interrompere immediatamente l’escalation nucleare».

 

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