Testata: Libero Data: 12 dicembre 2024 Pagina: 14 Autore: Amedeo Ardenza Titolo: «Israele entra in Siria e prende il monte Hermon. I paesi arabi protestano: Via dalla zona cuscinetto»
Riprendiamo da LIBERO di oggi, 12/12/2024, a pag. 14, con il titolo "Israele entra in Siria e prende il monte Hermon. I paesi arabi protestano: Via dalla zona cuscinetto", l'analisi di Amedeo Ardenza.
La Siria e Gaza. Anche ieri il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha ricordato che dallo scorso 7 ottobre il suo Paese sta combattendo su sette fronti (Gaza e Siria appunto, e poi Cisgiordania, Libano, Iran, Iraq e Yemen). Ma in queste ore l’enclave palestinese e il Paese arabo il cui regime è appena crollato rappresentano le principali sfide perla sicurezza dello stato ebraico.
Con una grande differenza: mentre le ostilità dalla Striscia non cessano, in questa fase la guerra d’Israele in Siria è tutta in discesa. La ragione è semplice: le Israel Defense Forces (Idf) non stanno combattendo contro il nuovo governo messo in piedi dal jihadista sunnita Mohammed al Jolan ma contro ciò che resta di quello di Bashar Assad, l’ormai ex presidente siriano riparato all’estero come già diverse milioni di siriani hanno dovuto fare per fuggire al suo regime sanguinario.
SULLA CIMA
Così le Idf hanno consolidato la presa sulla cima del Monte Hermon che con i suoi 2.814 metri di altezza permette a Israele non solo di dominare Damasco dall’alto ma di avere pieno controllo radar su tutto ciò che si alza in volo sul versante siriano della montagna.
Forze di terra israeliane sono avanzate oltre la zona smilitarizzata al confine tra Israele e Siria segnando il primo ingresso sul suolo siriano dalla Guerra del Kippur (1973), ha scritto il New York Times citando due funzionari israeliani rimasti anonimi. Il duplice obiettivo non cambia: assicurarsi posizioni di forza in attesa di capire quale sarà l’atteggiamento del governo di Damasco verso lo Stato ebraico e completare la distruzione di ogni armamento strategico di proprietà siriana. La campagna militare israeliana, evidenzia il Nyt, è stata «eccezionale per forza e portata», nel tentativo di «assicurare che chiunque finisca al potere in Siria sia significativamente disarmato». Gli analisti sottolineano come i bombardamenti su vasta scala di questa settimana abbiano s colpito anche l'infrastruttura in Siria che l'Iran ha utilizzato per trasferire armi a Hezbollah in Libano.
I meno sorpresi sono probabilmente gli ex governanti siriani: ieri Sky News Arabia ha riferito di messaggi inviati negli scorsi mesi dal governo di Gerusalemme a quello di Damasco in cui un non meglio identificato “agente Moses” avrebbe avvertito il ministro della Difesa della Siria Ali Mahmoud Abbas (e per il suo tramite lo stesso Assad) che Israele non avrebbe più tollerato né la presenza né gli attacchi dell’Iran e dei suoi alleati dal territorio siriano. Un esempio: l’8 aprile 2023, sei mesi prima del massacro nel sud d’Israele a opera di Hamas, l'agente Moses aveva avvertito il ministro che Hamas aveva lanciato razzi contro Israele dalle alture del Golan. «Tre razzi sono stati lanciati dal Golan su ordine del leader di Hamas Khaled Meshaal: fermate questi attacchi.
Siete responsabili di ciò che accade sul vostro territorio: se non vi fermerete pagherete un prezzo senza precedenti».
A esprimere sorpresa e condanna oggi sono invece una serie di Paesi arabi e islamici – su tutti la Turchia sostenitrice del nuovo corso siriano – molto poco entusiasti all’idea di un Israele più forte di quando c’era Assad. Al coro antisraeliano al quale hanno partecipato l’Egitto, l’Arabia Saudita (a dispetto del fatto che Israele sta facendo fuori uno alla volta nemici di Riad nella regione), l’Iran (il grande sconfitto), e la Russia (la protettrice del deposto Bashar Assad), ieri si è unita a Francia di Emmanuel Macron. «Israele deve ritirare le forze dalla zona cuscinetto che separa le alture del Golan annesse dal territorio siriano», ha affermato mercoledì il ministero degli Esteri francese.
«Qualsiasi dispiegamento militare nella zona di separazione tra Israele e Siria è una violazione dell'accordo di disimpegno del 1974». Molto più cauti gli Stati Uniti secondo i quali le manovre israeliane nel Golan siriano hanno «carattere temporaneo». E ieri a Tel Aviv è atterrato il comandante del comando centrale Usa (Centcom) generale Michael Kurilla per uno scambio di vedute sulla Siria con il numero uno delle Idf, generale Herzi Halevi.
GAZA E LIBANO
Se a nordest Israele non trova resistenza e a nord continua seppur in modo sporadico a scontrarsi con Hezbollah, a Gaza le Idf hanno ancora a che fare con Hamas: dalla Sriscia ieri sono partiti due missili, caduti nei pressi del confine, mentre un bombardamento israeliano su Nuseirat, nel centro della Striscia, avrebbe fatto 16 vittime.
In questo clima di guerra senza fine è ripresa la mediazione del Qatar perché le parti arrivino a una che passi dalla liberazione di almeno una parte dei 100 ostaggi da oltre 14 mesi nelle mani dei loro sequestratori. Un’opzione che i familiari degli ostaggi respingono con forza chiedendo che siano liberati tutti. Tanti di loro però non sarebbero più in vita né Hamas sarebbe in grado di localizzare i loro corpi.