Testata: Il Foglio Data: 10 dicembre 2024 Pagina: 1/4 Autore: Giulio Meotti Titolo: «Solitudine di Sansal»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 10/12/2024, a pag. 1/4, il commento di Giulio Meotti dal titolo: "Solitudine di Sansal".
Roma. “Le informazioni secondo cui József Mindszenty è detenuto unicamente in connessione con l’esercizio del suo diritto alla libertà di espressione sono molto preoccupanti, ma non avendo potuto verificare autonomamente gli elementi relativi all’arresto chiediamo alle autorità ungheresi di indicare i motivi della sua detenzione e di accusarlo rapidamente di un reato legittimo riconosciuto dal diritto internazionale o di rilasciarlo immediatamente”.
Immaginiamo cosa sarebbe successo se Amnesty International avesse rilasciato questa dichiarazione sulla figura- simbolo della resistenza anticomunista ungherese, il cardinale József Mindszenty, primate d’Ungheria, arrestato, denudato e vestito da pagliaccio, torturato per un mese e mezzo. Al tempo, Amnesty si batteva per Mindszenty e gli altri prigionieri culturali e politici. Oggi la famosa ong ha davvero scritto queste parole sulla detenzione dello scrittore franco-algerino Boualem Sansal da parte della “giustizia” algerina. Abbiamo dovuto aspettare due settimane dopo che Sansal è stato messo in isolamento da Amnesty, specializzata nella difesa dei diritti umani, per sentir parlare di lui sul social della ong, interrogata da un utente sorpreso dal loro silenzio sulla detenzione arbitraria del romanziere di “2084”. Al momento non esiste ancora alcun comunicato stampa sul sito di Amnesty che riguardi lo scrittore. E’ di ieri la notizia che all’avvocato di Sansal, François Zimeray, è impedito l’ingresso in Algeria. Amnesty International tramite l’account della sua filiale francese riconosce che “le informazioni secondo le quali Sansal sarebbe detenuto unicamente per l’esercizio del suo diritto alla libertà di espressione sono preoccupanti”, ma la ong precisa di “non aver potuto verificare autonomamente gli elementi relativi all’arresto” e che si accontenta quindi di chiedere “alle autorità algerine di indicare i motivi della detenzione e di accusarlo di un reato legittimo riconosciuto dal diritto internazionale o di rilasciarlo”.
E’ incomprensibile che Amnesty si dimeni in questo modo. Se, come dice la ong, la libertà di espressione “è sempre stata al centro della sua azione”, Amnesty dovrebbe esigere la liberazione di Sansal.
Molto meglio Neri Pozza, la casa editrice italiana di Sansal, che si rivolge all’ambasciatore algerino in Italia, Mohamed Khelifi: “Crediamo tutti nell’importanza della libertà di espressione, della giustizia e della difesa dei diritti umani, prìncipi fondamentali che dovrebbero essere rispettati da ogni governo. Le azioni intraprese nei confronti di Sansal violano questi diritti universali. In qualità di ambasciatore dell’Algeria in Italia, che ci vede come partner strategico nel processo di modernizzazione del suo paese, siamo certi che Lei possa fare pressioni sul Suo governo affinché Sansal venga liberato immediatamente e senza condizioni, e che vengano garantiti i suoi diritti civili e politici. Nella nostra Costituzione è scritto ‘Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione’, e noi sentiamo la necessità di chiedere che tali valori vengano rispettati e difesi anche per gli scrittori che abbiamo l’onore di pubblicare”.
Dunque per Amnesty è più facile informarsi a Gaza, nel mezzo della guerra tra Israele e Hamas (che Amnesty International si rifiuta di definire un movimento terroristico, anche per quanto riguarda il suo ramo militare) che in Algeria. C’è da sperare che una ong che proclama che “quando sono in gioco i diritti umani, ogni lotta merita una vittoria” non diventi uno strumento al servizio di lotte che hanno poco a che fare con la difesa dei diritti umani, ma molto con un’agenda politica antioccidentale. Il fatto che Amnesty si rifiuti di qualificare Hamas come terrorista purtroppo lo suggerisce e il fatto che si rifiuti di difendere Sansal come fa con altri prigionieri politici lo conferma.
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