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Il Foglio Rassegna Stampa
10.12.2024 Il nemico di ieri, quello di oggi
Analisi di Micol Flammini

Testata: Il Foglio
Data: 10 dicembre 2024
Pagina: 1/III
Autore: Micol Flammini
Titolo: «L’Iran senza l’Asse»

Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 10/12/2024, a pag. 1/III, con il titolo "L’Iran senza l’Asse", l'analisi di Micol Flammini.

Micol Flammini
Micol Flammini
La caduta di Damasco, la fuga di Assad e i colloqui di Ginevra ora per ora.  Ecco che cosa è successo - Il Sole 24 ORE
Quando l’intelligence dei Pasdaran diceva: “Se perdiamo Damasco, non terremo Teheran”. Eppure, nonostante la debacle iraniana, in Siria non vedremo l’avvento della democrazia o qualche forma di ampliamento delle libertà, si passa solo da un regime dittatoriale a uno jihadista

Roma. “La spina dorsale dell’Asse della resistenza è la sua autostrada siriana” che, procedendo da est verso ovest, collega la testa – Teheran – al braccio meglio organizzato per colpire Israele, Hezbollah in Libano. “La Siria è l’anello d’oro”, proseguiva Ali Akbar Velayati, consigliere fidato della Guida suprema Ali Khamenei. “Non siamo come gli americani. Non abbandoniamo gli amici”, diceva il generale iraniano più famoso, Qassem Suleimani, parlando di Bashar el Assad.

I patti vecchi non esistono più, vanno prese le misure con la Siria che cambia e il cui cambiamento è legato a un nome, Julani (in ebraico Golani), ma a molte anime, quelle che hanno contraddistinto la sua carriera da combattente e quelle di tutti i gruppi che seguendo la scia di Hayat Tahir al Sham sono avanzati contro l’esercito inutile, corrotto e impreparato di Assad.

C’è il nemico che Israele conosce, Assad, e il nemico ancora da decifrare, ma con delle pessime credenziali, come Julani. Nei suoi discorsi passati, Julani aveva apertamente dichiarato la sua lotta contro Israele: è un estremista islamico, per lui lo stato ebraico è il nemico per antonomasia. Oggi va parlando di relazioni di buon vicinato e tra i suoi vicini c’è sempre Israele. Più espliciti sono stati alcuni degli estremisti al seguito di Julani, che mentre domenica scorsa festeggiavano nella Damasco da cui aveva appena cacciato, senza sparare un colpo, gli ultimi uomini di Assad, si sono messi davanti alle telecamere per registrare le loro prossime intenzioni: proseguire fino a distruggere lo stato ebraico. Domenica Israele ha colpito alcuni siti contenenti armi chimiche e anche depositi di missili a lungo raggio, l’obiettivo degli attacchi è togliere il prima possibile dalle mani dei ribelli armi che potrebbero essere usate contro lo stato ebraico. Israele aveva l’obiettivo di spingere il dittatore siriano Assad ad allontanarsi dalla Repubblica islamica dell’Iran, di pressarlo affinché smettesse di offrire le sue strade al passaggio delle armi verso il Libano dove venivano consegnate al gruppo Hezbollah per far guerra a Israele. Lo stato ebraico, dopo aver visto l’avanzata dei ribelli, aveva calcolato che potesse servire a fare pressione su Assad per rompere la sua alleanza con l’Iran. Non si sa fino a che punto l’intelligence israeliana, che per prima ha parlato I patti vecchi non esistono più, vanno prese le misure con la Siria che cambia e il cui cambiamento è legato a un nome, Julani (in ebraico Golani), ma a molte anime, quelle che hanno contraddistinto la sua carriera da combattente e quelle di tutti i gruppi che seguendo la scia di Hayat Tahir al Sham sono avanzati contro l’esercito inutile, corrotto e impreparato di Assad. C’è il nemico che Israele conosce, Assad, e il nemico ancora da decifrare, ma con delle pessime credenziali, come Julani. Nei suoi discorsi passati, Julani aveva apertamente dichiarato la sua lotta contro Israele: è un estremista islamico, per lui lo stato ebraico è il nemico per antonomasia. Oggi va parlando di relazioni di buon vicinato e tra i suoi vicini c’è sempre Israele. Più espliciti sono stati alcuni degli estremisti al seguito di Julani, che mentre domenica scorsa festeggiavano nella Damasco da cui aveva appena cacciato, senza sparare un colpo, gli ultimi uomini di Assad, si sono messi davanti alle telecamere per registrare le loro prossime intenzioni: proseguire fino a distruggere lo stato ebraico. Domenica Israele ha colpito alcuni siti contenenti armi chimiche e anche depositi di missili a lungo raggio, l’obiettivo degli attacchi è togliere il prima possibile dalle mani dei ribelli armi che potrebbero essere usate contro lo stato ebraico. Israele aveva l’obiettivo di spingere il dittatore siriano Assad ad allontanarsi dalla Repubblica islamica dell’Iran, di pressarlo affinché smettesse di offrire le sue strade al passaggio delle armi verso il Libano dove venivano consegnate al gruppo Hezbollah per far guerra a Israele. Lo stato ebraico, dopo aver visto l’avanzata dei ribelli, aveva calcolato che potesse servire a fare pressione su Assad per rompere la sua alleanza con l’Iran. Non si sa fino a che punto l’intelligence israeliana, che per prima ha parlato I patti vecchi non esistono più, vanno prese le misure con la Siria che cambia e il cui cambiamento è legato a un nome, Julani (in ebraico Golani), ma a molte anime, quelle che hanno contraddistinto la sua carriera da combattente e quelle di tutti i gruppi che seguendo la scia di Hayat Tahir al Sham sono avanzati contro l’esercito inutile, corrotto e impreparato di Assad. C’è il nemico che Israele conosce, Assad, e il nemico ancora da decifrare, ma con delle pessime credenziali, come Julani. Nei suoi discorsi passati, Julani aveva apertamente dichiarato la sua lotta contro Israele: è un estremista islamico, per lui lo stato ebraico è il nemico per antonomasia. Oggi va parlando di relazioni di buon vicinato e tra i suoi vicini c’è sempre Israele. Più espliciti sono stati alcuni degli estremisti al seguito di Julani, che mentre domenica scorsa festeggiavano nella Damasco da cui aveva appena cacciato, senza sparare un colpo, gli ultimi uomini di Assad, si sono messi davanti alle telecamere per registrare le loro prossime intenzioni: proseguire fino a distruggere lo stato ebraico. Domenica Israele ha colpito alcuni siti contenenti armi chimiche e anche depositi di missili a lungo raggio, l’obiettivo degli attacchi è togliere il prima possibile dalle mani dei ribelli armi che potrebbero essere usate contro lo stato ebraico. Israele aveva l’obiettivo di spingere il dittatore siriano Assad ad allontanarsi dalla Repubblica islamica dell’Iran, di pressarlo affinché smettesse di offrire le sue strade al passaggio delle armi verso il Libano dove venivano consegnate al gruppo Hezbollah per far guerra a Israele. Lo stato ebraico, dopo aver visto l’avanzata dei ribelli, aveva calcolato che potesse servire a fare pressione su Assad per rompere la sua alleanza con l’Iran. Non si sa fino a che punto l’intelligence israeliana, che per prima ha parlato della possibile caduta del regime, ne avesse intuito la portata dall’inizio: sulle prime mosse, Israele aveva ritenuto l’avanzata di Julani uno strumento di pressione. Julani, senza voler fare favori a Israele, ha spazzato via da Damasco i nemici iraniani, dall’ambasciata di Teheran in Siria, i manifestanti hanno stracciato le immagini del generale che aveva sancito l’unione tra l’Iran e la Siria, Qassem Suleimani, e di Hassan Nasrallah, il leader di Hezbollah che del canale siriano si era servito per ingrossare i suoi depositi di armi e aveva mandato i suoi uomini a combattere per mantenere vivo il regime di Assad. L’Iran si è allontanato da Israele, ma rimane sempre Julani, il nemico da decifrare che per anni è stato vicino a Hamas. Nei primi anni della guerra in Siria, i leader del gruppo della Striscia di Gaza sventolavano le bandiere a tre stelle della rivoluzione usate dai ribelli e che oggi sono diventate il vessillo ufficiale. La maggior parte dei gruppi, incluso quello di Julani, sono sunniti, proprio come Hamas e non è detto che, esattamente come Hamas, non decidano tra qualche anno di costituire un asse contro Israele tornando proprio da Teheran. Il vuoto in medio oriente si riempie a una velocità sempre quadruplicata rispetto ad altre zone, e al posto dell’Iran c’è chi già può manovrare i gruppi agguerriti contro Israele: la Turchia di Recep Tayyip Erdogan, il nuovo ospite di alcuni dei leader di Hamas. Il Jerusalem Post scrive in un commento molto pacato: Ankara non è Teheran, con Ankara Israele ha canali di comunicazione, è meglio che inizi a usarli.

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