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Libero Rassegna Stampa
04.12.2024 Francia: disastro Macron
Commento di Giovanni Sallusti

Testata: Libero
Data: 04 dicembre 2024
Pagina: 1/14
Autore: Giovanni Sallusti
Titolo: «Disastro Macron: per gli analisti ora la Francia è la nuova Grecia, Cenerentola nell'Ue»

Riprendiamo da LIBERO di oggi, 04/12/2024, a pag. 1/14 con il titolo "Disastro Macron: per gli analisti ora la Francia è la nuova Grecia, Cenerentola nell'Ue" il commento di Giovanni Sallusti.

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Giovanni Sallusti

Crisi di governo in Francia. Il piano di Macron per restare in sella è fallito. E per Parigi si apre uno scenario di crisi economica, in stile greco. Per il Wall Street Journal solo adesso gli analisti si stanno rendendo conto del disastro nei conti pubblici d'oltralpe.

La crisi francese sta tutta in una domanda retorica, che è anche un titolo del Wall Street Journal: «La Francia è la nuova Grecia sulla Senna?». L’editoriale chiarisce quanto il punto interrogativo sia un orpello: «Gli investitori temono che la Francia possa essere sul punto di innescare una nuova crisi dell’Eurozona, e la cosa sorprendente è che ci è voluto così tanto tempo prima che tutti si accorgessero che le finanze pubbliche del Paese, e la sua economia, sono un disastro».
Un disastro: niente male, dopo sette anni e mezzo di presidenza Macron, il competente, il filosofo che ha studiato all’Ena (dove si screma, o si scremava, l’élite funzionariale della République), ha lavorato da Rothschild, è stato membro della Commissione Attali, sempre al posto giusto con la pettinatura giusta, su su fino all’Eliseo. E giù giù fino a scenari da crac ellenico: nei giorni scorsi il costo del debito pubblico francese ha superato per la prima volta nella storia quello della Grecia. I rendimenti dei titoli di Stato transalpini a 10 anni (Oat) hanno raggiunto il 3,02% contro il 3,01% dei titoli greci. Ma non sono i decimali ad essere rilevanti, è la soglia psico-simbolica, che peraltro è la materia di cui i mercati finanziari si nutrono: Parigi sta peggio di Atene. La locomotiva nella sua versione francofona sbanda più del vagone di coda, il Tgv arranca più del regionale del Peloponneso. Una disfatta, per Monsieur le Président, e il fatto che il ministro delle Finanze Armand abbia dovuto affrettarsi a precisare pubblicamente una (teorica) ovvietà, per cui la Francia è «un Paese economicamente e demograficamente più forte» della Grecia è l’ennesimo, inquietante segnale di debolezza.
Alla disfatta economica si aggiunge la disfatta politica, o meglio “sistemica”, perché coinvolge l’intero assetto della Quinta Repubblica francese, almeno per come Macron l’ha interpretato nel suo doppio mandato. Il governo di minoranza Barnier si regge fondamentalmente sull’astensione collaborativa del Rassemblement National, che poi è il capolavoro all’incontrario di Macron: dopo aver tessuto le trame più bizantine per escludere Marine Le Pen dal governo, le ha comunque consegnato le chiavi della legislatura (tutti i nostri giornaloni in coro, sia detto en passant, celebrarono la mossa come una genialata). E nella giornata di oggi, o al massimo domani, l’esecutivo rischia seriamente di cadere, sotto il fuoco incrociato della doppia mozione di sfiducia: quella del cartello gauchista di Mélenchon e quella del Rassemblement.
È il tramonto dell’illusione macroniana, l’idea di congelare all’infinito la dialettica politica sull’asse destra-sinistra nel laboratorio della tecnocrazia (presuntamente) illuminata. Barnier, in questo senso, era l’uomo perfetto: due volte commissario europeo e capo negoziatore Ue per l’attuazione della Brexit. Ma la politica rifiuta il congelamento, e Le Pen ha chiarito che di fronte al doppio rifiuto di continuare a indicizzare le pensioni all’inflazione anche a partire da gennaio e di cancellare gli aiuti medici gratuiti per gli immigrati clandestini, rien ne vas plus.
Del resto, quella conduzione economica che il Wall Street Journal ha sintetizzato nell’immagine del “disastro” è tra le ragioni delle fortune politiche del lepenismo: Marine ha un elettorato a cui rispondere, piagato dalla combinazione tagli&tasse sul ceto medio a fronte della moltiplicazione della spesa pubblica “ideologica”, dedicata appunto a minoranze specifiche. Due numeri soltanto, che equivalgono a una pietra tombale su un’intera stagione: sette anni e mezzo di Macron, quasi mille miliardi accumulati di debito.
Veniva dall’Ena, ma con vista sul Partenone, e oggi è il grande malato d’Europa. Complimenti.

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