Teheran Italia: così la Sharia avanza nel nostro paese Newsletter di Giulio Meotti
Testata: Newsletter di Giulio Meotti Data: 12 novembre 2024 Pagina: 1 Autore: Giulio Meotti Titolo: «Teheran Italia: così la Sharia avanza nel nostro paese»
Riprendiamo il commento di Giulio Meotti, dalla sua newsletter, dal titolo: "Teheran Italia: così la Sharia avanza nel nostro paese".
Giulio Meotti
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Qualche mese fa in una scuola italiana i campioni italiani di relativismo e inclusione hanno organizzato un “laboratorio di hijab” allo scopo di “favorire l’integrazione”. A sentire il preside, “le ragazze italiane hanno chiesto alle coetanee arabe di vedere come si indossa il velo”.
Eravamo in una scuola di Abbiategrasso, anche se sembrava più una scuola di Teheran, dove le studentesse si denudano per sfidare l’obbligo del velo, sapendo di andare incontro al carcere e alla sofferenza? I nostri campioni di relativismo dove potrebbero collocarle le ragazze che vengono picchiate e uccise a scuola in Italia per essersi rifiutate di indossarlo, questo velo “simbolo di integrazione”? E perché non fare come nel nord Europa, dove nelle scuole si chiede qualche velo anche alle insegnanti di scuola, o in quella scuola media in Svizzera che ha autorizzato gli alunni musulmani a non stringere la mano all’insegnante perché donna?
E pensare che, appena un anno fa, un’accademica della Sorbona diceva alla mia newsletter: “L’Italia ha poco tempo per evitare l'islamizzazione già in corso in diverse paesi”.
Intanto anche in Italia una sorta di “ministero della Promozione della virtù e della Repressione del vizio”, come nella Kabul dei Talebani, agisce alla luce del sole.
Modena. Una studentessa di 15 anni aveva appena deciso, in accordo con la propria famiglia, di non indossare più il velo. Voleva vivere in modo più occidentale e per questo è stata picchiata da alcune sue coetanee islamiche all’uscita della scuola.
Come la tredicenne Samara, picchiata all'uscita della scuola media Arthur Rimbaud di Montpellier. “Samara si trucca un po’ – ha dichiarato la madre della ragazza, Hassiba Radjoul – E questa ragazzina che l’ha aggredita ha il velo. La chiamavano kouffar (miscredente.) Mia figlia si veste in stile europeo. Ci sono stati insulti, kahba (puttana)”. Samara è stata ricoverata in coma artificiale. Ad Achenheim, in Alsazia, una ragazzina di 13 anni è stata picchiata da quattro musulmani, accusata di non aver osservato il digiuno del Ramadan, mentre scendeva da un autobus diretta al scuola.
Eppure, le nostre femministe hanno scelto il relativismo, spingendo l’iraniana Marjane Satrapi, l’autrice di Persepolis, a rispondere loro: “Che non capiate la situazione e che siate stupide, va bene. Tutti hanno il diritto di essere stupidi. Ma a questo punto è meglio tacere”.
L’attivista olandese Shirin Musa, fondatrice di Femmes for Freedom, racconta a Le Figaro: “Nei Paesi Bassi si è sviluppata una società parallela. La libertà di religione è uno degli ideali fondamentali dei Paesi Bassi. Ma la tolleranza è diventata eccessiva. A L'Aia c'è la più grande moschea dei Paesi Bassi, una moschea salafita. Una serie di indagini hanno rivelato che, in opuscoli educativi o sermoni, predica la poligamia e il matrimonio infantile. Questa stessa moschea insegna gli hadith che raccomandano la mutilazione genitale femminile. La cosa più rivoltante è che le mutilazioni genitali femminili non vengono più giustificate in Arabia Saudita o Kuwait, ma nei Paesi Bassi! Non siamo solo in una società multiculturale, ma in una società ‘multi-legale’, dove coesistono diversi diritti! È questo quello che vogliamo in Europa?”.
È questo quello che vogliamo in Europa?
Quella da Modena non è semplice cronaca: è il grande, terribile racconto di uno sconvolgimento culturale e sociale in corso nel nostro paese, mentre giornali come La Stampa sono impegnati a pubblicizzare libri su una ragazzina col velo stanca della nostra “islamofobia”.
A Bologna, una ragazza è stata rapata a zero dalla famiglia, perché in questo caso non volevano che si togliesse il velo.
A Udine, picchiata dalla madre perché non porta il velo islamico. “Ti brucio i capelli”.
A Ostia non è il velo, ma il burqa.
E si inizia sempre prima. In alcune nostre scuole abbiamo bambine di dieci anni già velate.
Intanto in Iraq stanno per approvare una legge che abbassa a nove anni l’età del consenso sessuale (è l’età in cui Maometto consumò con Aisha).
Intanto Benetton lancia una furbissima campagna pubblicitaria del velo “unisex” colorato. Un “hijab inclusivo”.
E non c’è legga che ci possa proteggere dall’islamizzazione rampante. Un’insegnante di un liceo di Tourcoing, nel nord della Francia, è stata appena schiaffeggiata in classe da una studentessa che le aveva chiesto di togliere il velo. L’insegnante aveva semplicemente applicato la legge.
Ci stiamo iranizzando.
Sara Shirazi è una bambina iraniana di 9 anni. Tornava a casa dopo essere uscita dalla scuola elementare Isfahan. Ha incontrato una donna agente del regime, Razieh Haftbaradaran, che l’ha rimproverata perché il suo velo non le copriva il capo. Così è stata picchiata al volto e spinta a terra.
Intanto un’altra ragazza che ha detto “no” all’oppressione del regime teocratico dell’Iran. Arezoo Khavari aveva 16 anni e si è tolta la vita lanciandosi da un palazzo dopo le molestie subite per la sua decisione di vestirsi liberamente, rifiutando l’hijab islamico. La sua storia la racconta Masih Alinejad, giornalista, dissidente iraniana esule negli Usa, sotto scorta.
“Nel nostro Corano c'è scritto che se una smette di essere musulmana, deve essere sepolta viva con la faccia fuori dalla terra e poi uccisa”. Queste le parole terribili pronunciate dal fratello di Saman Abbas, la ragazza uccisa e fatta sparire perché voleva essere occidentale. Nel suo caso, come in tutti gli altri, il pudore censorio dei media e della politica si manifesta nell’oblio di parole come “Islam”, “sharia” e “delitto d’onore”, a favore di “femminicidio”, “patriarcato” e “violenza domestica”. Saman non voleva portare il velo e sottostare al matrimonio combinato in Pakistan.
Hina Saleem è stata sgozzata e sepolta nell'orto di casa a Brescia. La testa rivolta verso la Mecca. Hina aveva rifiutato un matrimonio forzato voluto dal padre. Il fratello ha staccato anche la foto della ragazza che era stata messa sulla lapide ritenendola “non rispettosa”: “Hina indossava una canottiera rosa non è rispettoso apparire così su una tomba”.
A Pordenone, Sanaa Dafani è stata uccisa dal padre in un bosco, mentre era in compagnia del fidanzato, italiano.
E poi Bouchra, 24 anni, uccisa a Verona, a coltellate, dal marito perché si rifiutava di portare il velo e viveva “da occidentale”. E Kabira, 28 anni, accoltellata a morte dal marito, esibiva abiti occidentali e “offendeva l'islam”. E Malka, 29 anni, strangolata dal marito per i suoi atteggiamenti “occidentali”. E Fatima Ksis, 20 anni, uccisa a coltellate dal fidanzato per averlo disonorato con il suo comportamento “troppo indipendente”. E Sobia, avvelenata dai familiari, perché non si dimostrava “sufficientemente sottomessa”. E Fouzia, strangolata dal marito sotto gli occhi della figlia di tre anni, il corpo abbandonato in un giardino pubblico, considerata “infedele” perché aveva cominciato a seguire uno stile di vita moderno. O Amal, investita dal marito semplicemente solo perché voleva andare dal parrucchiere.
Maschere mortuarie occidentali che confutano chi tenta di negare che vi sia una connessione tra violenza e Islam. Intanto in una scuola primaria di Torino, il Parini, alcuni crocifissi sono stato gettati dalla finestra da un gruppo di studenti. Si tratta di un “istituto multiculturale”. Il preside della scuola elementare ha detto: “Bisogna capire quali fossero le motivazioni, se una bravata o un’inquietudine più profonda”.
Motivazioni? Si tratta della stessa scuola che lo scorso 27 marzo ha accolto gli imam per una discussione sull’“educazione in contesti multiculturali” e per la cena di rottura del digiuno Iftar.
L’islamizzazione è un processo ovunque in tutti i paesi. Il preside di scuola austriaco Christian Klar ha appena scritto in un libro a partire dalla sua scuola nel distretto viennese di Floridsdorf, dove “il 60 percento degli studenti è musulmano e il 90 percento proviene da contesti migratori”. In un caso, uno studente ha dovuto affrontare minacce da parte dei compagni di classe dopo aver “insultato il profeta Maometto”. Altri incidenti includono “la distruzione di un crocifisso e di una Bibbia. L’Islam sta cambiando la nostra società in modi che non vogliamo”.
Molti sembrano volerlo eccome.
E perché non coprire i nudi nei nostri musei?
Il museo di Amsterdam dedicato a Van Gogh si chiede se sia “appropriato” esporre un quadro di Degas, la Bagnante. La nuova direttrice del museo, Emilie Gordenker, si domanda “se i nudi femminili siano adatti alle persone di tutte le culture”.
I crocifissi faranno la fine delle studentesse senza velo e della statua del generale greco Epaminonda, avvolta in un lenzuolo rosso per risparmiare la “sensibilità” dei musulmani in un teatro in Liguria?
Talebani e ayatollah sembrano diventati una sezione del Progressismo.