La vera lezione del voto americano Commento di Daniele Capezzone
Testata: Libero Data: 08 novembre 2024 Pagina: 1/8 Autore: Daniele Capezzone Titolo: «La gente vuole meno tasse e stop all'immigrazione»
Riprendiamo da LIBERO di oggi 08/11/2024, a pag. 1/8, con il titolo "La gente vuole meno tasse e stop all'immigrazione ", l'editoriale di Daniele Capezzone.
Daniele Capezzone
Ma quale discarica: i canali social possono rivelarsi un’autentica miniera. E proprio come ad un antico cercatore d’oro, può capitarti la fortuna di scorgere una pepita nascosta tra la terra, il fango e la sabbia del fondo di un fiume.
Devo all’utente @nonexpedit su Twitter (anzi, su X: non offendiamo Elon Musk) una delle analisi più lucide e sintetiche del risultato elettorale americano. A prima vista vi sembrerà uno sberleffo, ma in realtà– in quella rasoiata sarcastica – c’è un giudizio politico fine e acuto rivolto alla sinistra: «No, non avete perso per la scelta della candidata, non avete perso per il voto degli ispanici, non avete perso per Musk. Avete perso perché avete rotto i coglioni».
Sbam.
Che cosa intende, a mio avviso, l’autore del tweet, al di là della battuta fulminante? Spiega che è parziale, e pure troppo comodo dal punto di vista dei dem, cercare capri espiatori o anche solo singole e specifiche cause (tutte vere peraltro, tutte corresponsabili della sconfitta): l’impresentabilità psicofisica di Joe Biden negata per mesi, l’inadeguatezza di Kamala Harris, il clima di paura e rabbia che si evoca sempre quando si perde un’elezione, e via elencando.
No, dice bene questo tweet: il problema è più grave, è ontologico, direbbero i filosofi (o i ministri della Cultura): riguarda ciò che siete, ciò che siete diventati, cari compagni, più ancora delle vostre singole azioni.
La realtà è che servirebbe a sinistra - l’esercizio doloroso di guardarsi finalmente allo specchio: è tutto il profilo degli attuali progressisti a essere oggi largamente rigettato dagli elettori. È questo mix – ormai tossico – di statalismo tassatore e ossessivamente regolatore in economia, di dirittismo ideologico, di presunzione di superiorità morale e intellettuale, più l’immancabile appiccicosa spruzzata woke. È tutto questo che è stato respinto con forza dagli elettori.
I cittadini chiedono interventi su economia e immigrazione, e voi rispondete a colpi di leggi Zan, dispute sul terzo bagno, frontiere aperte, e strilli contro un inesistente fascismo. E allora - immancabilmente - scatta la “vendetta” degli elettori, che non ne possono più. E che – com’è noto – usano per “vendicarsi” gli attrezzi che di volta in volta hanno a disposizione: negli Usa Trump, in Germania AfD, insomma quello che trovano. E non sempre ci sono circostanze fortunate in cui lo strumento della riscossa elettorale abbia anche la capacità di incanalare l’incazzatura in una direzione coerentemente libertaria (si pensi al caso argentino di Milei). Morale: vi si manda a casa come si può.
E allora – ecco il passaggio ulteriore – questa vicenda porta con sé un monito anche per i vincitori. È un discorso che vale per Washington e pure per la nostra Italia: non è vero, o almeno a me non pare realistico, che la maggioranza degli elettori americani abbia integralmente sposato il “catechismo trumpiano”, aderendo a una peraltro inesistente “ideologia Maga”. Allo stesso modo, non è vero che gli italiani che votano centrodestra siano per ciò stesso convinti di ogni virgola o di ogni singola sillaba contenuta nei programmi di Fdi, Lega e Forza Italia.
Per capirci, molto più che un’adesione ideologica “a destra”, c’è il rifiuto - insieme viscerale e ragionato, istintivo e motivatissimo- della sinistra e dei suoi eccessi. In primo luogo, c’è dunque il rigetto dell’altra parte, considerata il pericolo maggiore. Poi, naturalmente, c’è anche l’atto di fiducia e di speranza politica verso la destra, l’investimento verso chi è sentito dagli elettori come meno lontano o come più vicino.
E allora il vincitore di destra dovrebbe tenere ben a mente questa esigenza di pragmatismo: negli Usa come da noi, si richiedono interventi su tasse-immigrazione-sicurezza.
Non manifesti ideologici, ma atti concreti su pochi temi ben precisi. Naturalmente, siccome gli elettori conservatori sono persone serie ed equilibrate, nessuno pretende che ciò avvenga istantaneamente, con un colpo di bacchetta magica. Ma tanti si aspettano – questo sì – di vedere progressi di semestre in semestre, e anche di constatare nei propri eroi un’attitudine combattiva rispetto all’altra parte e rispetto aquella “mucillagine” di poteri teoricamente neutri (in realtà ostili: chiamateli “mandarini”, “apparati”, “stato profondo”) che istintivamente sono contro la destra, che intorbidano le acque, che complicano ogni singola scelta.
Rispetto a tutto ciò, l’esperimento-Trump va studiato con attenzione. Trump non è un uomo giovane, ma – magicamente – ha un suo “tocco”, ha una sua connessione con l’America reale. In questa campagna elettorale, mentre gli “esperti” gli rimproveravano di tutto, ha invece sollecitato esattamente le corde più sensibili degli elettori.
Adesso deve proseguire su quella linea di identificazione con i problemi concreti delle persone. Se potessimo, gli sconsiglieremmo una sorta di “sistematizzazione ideologica” del trumpismo (esercizio congeniale al suo vice J.D. Vance), e gli consiglieremmo invece di seguire i suoi istinti di imprenditore superpop e anche l’attitudine libertaria di un meraviglioso “irregolare” come Elon Musk, che le imprese le gestisce e sa di cosa abbiano bisogno.
Mutatis mutandis, vale lo stesso anche qui in Italia. Non c’è da chiedere agli elettori di centrodestra di schiacciarsi su piattaforme ideologizzate estranee alle loro esigenze concrete: e per fortuna, mi pare che i tre partiti della coalizione si stiano tenendo alla larga da questo genere di derive. Resta però vivissima l’altra esigenza: quella di dare risposte reali su tasse-immigrazione-sicurezza, anche sapendo di doversi scontrare, come già ampiamente accade, con resistenze scatenate (politiche, mediatiche, giudiziarie). Avanti, dunque, a maggior ragione.
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