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Libero Rassegna Stampa
05.11.2024 Per capire le elezioni americane
Analisi di Tommaso Montesano

Testata: Libero
Data: 05 novembre 2024
Pagina: 5
Autore: Tommaso Montesano
Titolo: «Dieci cose che bisogna sapere per capire le elezioni americane»

Riprendiamo da LIBERO di oggi, 05/11/2024, a pag. 5, con il titolo "Dieci cose che bisogna sapere per capire le elezioni americane", l'analisi di Tommaso Montesano.


Tommaso Montesano

Oggi negli Usa si vota per il presidente. Il rischio di analisi superficiali è alto, se non si conosce il complesso sistema di voto americano.

Il voto popolare e gli swing states, il collegio dei grandi elettori, l’ordine di chiusura dei seggi, il rinnovo del Congresso. Ci siamo: l’election day è arrivato. Stanotte gli Stati Uniti decidono a chi affidare la loro 47esima presidenza: se vincerà Donald J.
Trump, che è già stato alla Casa Bianca, il numero degli inquilini dello Studio Ovale resterà invariato: 45. Se, invece, a prevalere sarà la vicepresidente uscente, Kamala Harris, il numero delle persone presidenti salirà a 46.
Lo scarto tra presidenze e capi della Casa Bianca è dovuto al fatto che, ricorda Marco Respinti nella sua guida per l’elezione americana (Come si Usa), Grover Cleveland alla fine dell’Ottocento fu presidente per due mandati non consecutivi. Come potrebbe accadere a “The Donald”. Dipenderà dalla piega, man mano che chiuderanno le urne dei singoli Stati, che prenderà la corsa. Ecco un vademecum per seguire la notte elettorale.

1 Come si elegge il presidente? Il primo aspetto da chiarire è che formalmente gli elettori americani non eleggono direttamente il capo della Casa Bianca. Oggi si recheranno ai seggi - parte di loro, peraltro, ha già effettuato la scelta con il voto anticipato- per designare i delegati del loro Stato che faranno parte del “collegio dei grandi elettori” che in seguito, sulla base delle indicazioni ricevute dal voto, procederà all’elezione del presidente e del suo vice. Ecco perché le indicazioni dei consensi a livello nazionale servono solo per un calcolo statistico: per capire in che direzione sta andando la “gara”, bisogna tenere d’occhio i singoli Stati.

2 Come è composto il collegio dei grandi elettori? Il Collegio è composto da 538 delegati designati, appunto, dagli Stati il giorno dell’elezione in ossequio all’architettura costituzionale federale dell’Unione. Per assicurarsi la vittoria, e l’elezione alla presidenza, il numero magico da raggiungere è 270. La cifra di 538 non è casuale: essa rappresenta la somma del numero dei senatori degli Stati Uniti (100), dei deputati della Camera dei rappresentanti (435) e dei tre delegati del distretto di Columbia, il territorio della capitale Washington.

3 Come sono ripartiti i 538 grandi elettori del Collegio? Ogni Stato ha un numero di grandi elettori corrispondente, in proporzione, alla sua popolazione. Un numero, per questo, soggetto anche a variazione. Ad esempio la Pennsylvania, uno degli Stati chiave di queste presidenziali, oggi mette in palio 19 voti elettorali, mentre nel 2020 erano 20. Il sistema per assegnare i delegati è un maggioritario secco: chi arriva prima, prende tutto. Con due eccezioni: il piccolo Stato del Maine, sulla costa orientale, e il Nebraska, che adottano il metodo della circoscrizione congressuale. Ovvero il criterio con cui sono eletti i deputati della Camera.

4 Quindi il voto popolare non conta nulla? Brutalmente: sì, non conta nulla. Del resto in passato è già accaduto che sia stato eletto presidente un candidato battuto nel voto popolare. Ad esempio nel 2000, quando il repubblicano George W. Bush sconfisse il democratico Al Gore, e nel 2016, quando lo stesso Trump ebbe la meglio su Hillary Clinton. Il consenso su scala nazionale serve unicamente a misurare, in campagna elettorale, l’andamento della corsa: una buona performance è spia di quanto accade, seppur in minima parte, nei singoli Stati.

5 Perché si parla di swing states? A dispetto della vastità del Paese, di fatto le Presidenziali si decidono in un numero ristretto di Stati (sette, sorprese permettendo, nell’election day di oggi). Questo perché il resto dei territori della mappa politica americana è da tempo assegnato all’uno o all’altro candidato. Ad esempio: Trump e i repubblicani sono storicamente forti negli Stati centrali e del Sud, Harris e i democratici lungo le due coste. In base alle rilevazioni più attendibili, restano da assegnare i “grandi elettori” dei tre Stati del Midwest (Pennsylvania, appunto, con 19 voti elettorali; Michigan con 15; Wisconsin con 10); della cosiddetta “sun belt” del Sud (North Carolina e Georgia con 16 ; Arizona con 11) e del Nevada (6).

6 Quale sarà l’ordine di scrutinio delle schede elettorali? Dipende dall’orario in cui chiudono i seggi dei singoli Stati, che sempre in virtù della natura federale degli Stati Uniti varia a seconda dei territori e anche del fuso orario. Tenendo a mente la mappa degli Stati decisivi per la vittoria di quest’anno, per una prima indicazione bisognerà quantomeno aspettare che finiscano di votare - alle 19 ora locale, l’una del mattino in Italia - Georgia e New Hampshire. La Georgia è uno dei battlegrounds states che Trump punta a strappare ai democratici, il piccolo Stato della costa orientale è il più a rischio per Harris, perché esprime un governatore repubblicano e a volte vota per il Gop. Se Trump conquistasse questi due Stati, sarebbe già indicativo. Importante: ai fini del conteggio arrivano prima i voti espressi via posta o in anticipo, tendenzialmente più favorevoli ai democratici, e poi quelli espressi la giornata al seggio, che tradizionalmente premiano di più il Gop.

7 È possibile prevedere quale sarà il momento decisivo? Mezz’ora dopo, quindi all’una del mattino italiana, toccherà a Ohio, West Virginia e, soprattutto North Carolina. E sarà un altro momento significativo. Probabile che il momento clou arrivi alle 20 ora locale, le due italiane, quando chiuderanno i seggi di Michigan e Pennsylvania, altri due Stati contesi tra i due candidati. Se non altro si avranno le idee più chiare su quali siano le strade rimaste a Trump e Harris di arrivare a quota 270, perché nel frattempo altre caselle saranno andate a posto (contestazioni permettendo). Alle tre ora italiana, poi, toccherà a 15 Stati tra cui spiccano Arizona, Wisconsin e Minnesota, lo Stato di cui è governatore il candidato vicepresidente di Kamala, Tim Walz.

8 Come verranno diffusi i dati? Premessa: negli Stati Uniti non esistono leggi come quelle italiane che vietano la diffusione dei sondaggi alla vigilia o durante le operazioni di voto. Anche oggi è possibile consultare ogni tipo di rilevazione sui portali di informazione e sui social. Né è previsto alcun “silenzio elettorale” per i leader. Negli Stati Uniti non esistono neanche gli exit poll per come li intendiamo in Italia. Le rilevazioni ci sono, ma i risultati non sono diffusi e i media attendono di avere i dati reali. Le emittenti televisive effettuano proiezioni e quando sono certe che un candidato abbia prevalso, all’inizio nei singoli Stati, poi su scala generale, effettuano lo cosiddetta “chiamata” con la quale assegnano la vittoria.

9 Quando si riunisce formalmente il collegio dei grandi elettori per eleggere il presidente? All’inizio il calendario era variabile. Poi la legge federale ha fissato le date: l’election day si tiene il martedì successivo al primo lunedì di novembre (retaggio dell’antica società agricola americana per salvaguardare le tradizioni religiose della domenica); la riunione del collegio elettorale per l’elezione formale del presidente si terrà il lunedì che segue il secondo mercoledì di dicembre (quindi tra il 13 e il 19 del mese). A quel punto i voti espressi - in base a quanto deciso dagli elettori - saranno sigillati e inviati dai singoli Stati al presidente del Senato federale, ovvero il vicepresidente degli Stati Uniti (quindi la stessa Harris). Oggi si vota solo per la Presidenza?

10 No, gli elettori statunitensi sono chiamati a eleggere tutti i 435 deputati della Camera dei rappresentanti e un terzo del Senato (34 componenti su 100). La previsione è che i repubblicani conquistino il controllo della “camera alta”, oggi in equilibrio, mentre la composizione della futura Camera è più incerta. Il Congresso diventerebbe decisivo nel caso, improbabile, i due candidati ottenessero 269 voti elettorali ciascuno. In quel caso la scelta del presidente spetterebbe alla Camera dei rappresentanti, che però voterebbe per delegazione di Stati e non per singoli deputati.

 

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