Negli Stati in bilico ebrei e arabi saranno decisivi Reportage di Maurizio Molinari
Testata: La Repubblica Data: 04 novembre 2024 Pagina: 4 Autore: Maurizio Molinari Titolo: «Negli Stati in bilico la grande caccia ai voti di ebrei e arabi. Saranno decisivi»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 04/11/2024, a pag. 4, con il titolo "Negli Stati in bilico la grande caccia ai voti di ebrei e arabi. Saranno decisivi", il reportage di Maurizio Molinari.
Maurizio Molinari
«Noi arabo-libanesi faremo vincere Trump». Dall’ufficio con vista mozzafiato sulla Baia dell’Hudson, il poco più che quarantenne uomo d’affari Ali Hussein non ha dubbi su come finirà l’Election Day. Allunga il polso per sfoggiare uno degli orologi ambiti di Manhattan per mostrare la lettera che ha ricevuto da Trump. «L’ha mandata a me e a tanti altri arabo-libanesi perché sa che noi voteremo per lui in Michigan, facendogli conquistare la Casa Bianca». La lettera è su carta intestata di Trump e vi si legge: «I problemi causati da Kamala e Biden stanno causando sofferenza e distruzione in Libano, le vostre famiglie meritano la pace, votate “Trump for Peace”».
Sono le stesse parole che Massad Boulos, imprenditore libanese genero di Tiffany Trump, ha ripetuto a Dearborn, Michigan, la città simbolo degli arabo-americani in uno Stato dove oltre centomila democratici si sono rifiutati di sostenere alle primarie Biden e Kamala perché accusati di essere troppo vicini a Israele. Boulos è uno stretto collaboratore di Richard Grenell, possibile Segretario di Stato se Trump vincerà, ed è riuscito ad ottenere in Michigan il sostegno di una raffica di sindaci e imam. Con il risultato più importante a Dearborn, dove il sindaco democratico non sosterrà alcun candidato. «Trump capitalizza in Michigan sugli errori fatti da Kamala», assicura Nazita Lajevardi, docente di Scienze Politiche all’Università del Michigan. E l’imam yemenita Belal Alzuhiry, del centro islamico di Detroit, aggiunge: «Noi musulmani stiamo con Trump perché promette pace e non guerra». È Ali Husseini a dare la chiave di lettura di quanto sta avvenendo fra gli arabo-americani: «Conosciamo il Medio Oriente, solo Trump può fermare Netanyahu, Harris non ci riuscirà mai». Ovvero, ciò che conta è la forza dei leader e «Kamala è debole e incerta come lo è stato Biden» riassume Boulos.
Giocando esattamente la stessa carta, la campagna di Trump è convinta di assicurarsi in Pennsylvania una percentuale di voto ebraico capace di strapparla a Harris. In questo Stato ci sono quasi 400 mila ebrei, vivono quasi tutti nelle aree urbane di Philapeldia e Pittsburgh, sono da sempre democratici ma ora qualcosa cambia. Rona Kaufmann,di Pittsburgh, lo dice così: «Non ho mai votato repubblicano ma questa volta nessuno nella mia famiglia sceglierà Harris». Steven Rosenberg, di Philadelpia, aggiunge: «Nel 2016 scelsi Trump, nel 2020 Biden ed ora tornerò a Trump». Se a livello nazionale, per il Pew Research Center, due terzi degli ebrei americani voteranno per Kamala - quattro anni fa il 70% aveva scelto Biden - i sondaggi locali spiegano che in Pennsylvania il 17% degli ebrei democratici voterà Trump contro il 9% degli ebrei repubblicani che farà la scelta opposta. Il motivo è l’ondata di antisemitismo seguita al pogrom di Hamas de 7 ottobre, con le Università di Philadelpia e di Pittsburgh teatri di innumerevoli episodi di intolleranza che hanno causato shock e paura fra gli ebrei locali. Per questo la “Repubblican Jewish Coaliton” ha inviato 500 volontari in questo Stato per un’operazione porta a porta senza precedenti, sfidando i democratici di “J Street” sul fronte opposto. «Credo che alla fine molti ebrei della Pennsylvania non voteranno - osserva Guy Klein, che vive a Manhattan ma viene dalla Bucks County - e ciò può nuocere soprattutto a Harris». Cheperò un errore su questo fronte lo ha fatto rinunciando a nominare vicepresidente il popolare governatore Joshua Shapiro cedendo alle pressioni della base liberal pro-Gaza, contrarie alle sue posizioni sul Medio Oriente.
Ma anche Kamala è convinta di poter conquistare Michigan e Pennsylvania, per ragioni uguali e contrarie a Trump. In Michigan dalla sua parte ha Nabil Ayad, presidente della Lega arabo-americana sui diritti civili, che rappresenta una moltitudine di leader civili e religiosi di Detroit, ed assicura: «Daremo ai democratici la possibilità di cambiare l’America perché Israele ha superato tutte le linee rosse e solo Harris comprende il nostro dolore per le vittime di Gaza». Nella contea di Wayne c’è una roccaforte del fronte arabo pro-Harris, a cui dà voce Assad Turfe, vice capo dell’amministrazione locale: «Votare per lei è l’unica maniera per evitare di tornare all’islamofobia che ci fu dopo l’11 settembre ». Da Kamala si aspettano di mantenere la promessa dell’«autodeterminazione per i palestinesi». Ed anche in Pennsylvania c’è un mondo ebraico, di vecchia fede democratica, che resta attorno a Harris perché teme più di ogni altra cosa «il suprematismo bianco dei sostenitori di Trump». Jonathan Greenblatt, ceo dell’Anti-Defamation League, lo spiega così: «Attorno all’ex presidente vi sono personaggi di estrema destra antisemiti ed anche lui è portatore spesso di stereotipi».
Proprio per consolidare la capacità di fare breccia fra gli arabi del Michigan come fra gli ebrei della Pennsylvania, Harris ha confezionato negli ultimi giorni due spot tv con immagini identiche e contenuti opposti. In quello destinato al Michigan afferma: «Quanto avvenuto a Gaza è devastante, non resterò in silenzio, la sofferenza deve finire ed i palestinesi devono realizzare i loro diritti». Mentre nello spot per la Pennsylvania dice: «Sarò sempre a favore del diritto di Israele di difendersi e farò sempre in maniera che possa proteggersi da organizzazioni terroriste come Hamas che ha causato il 7 ottobre ». È la fotografia più fedele di un’altra delle sorprese di questa campagna elettorale: tanto Trump che Harris sono convinti di poter conquistare la Casa Bianca grazie ai voti di due minoranze decisive, gli arabi in Michigan e gli ebrei in Pennsylvania.
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