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israele.net Rassegna Stampa
30.10.2024 Perché l’archeologia rappresenta un grosso problema per l’antisionismo palestinese
Analisi di Moshe Philips

Testata: israele.net
Data: 30 ottobre 2024
Pagina: 1
Autore: Moshe Philips
Titolo: «Perché l’archeologia rappresenta un grosso problema per l’antisionismo palestinese»

Riprendiamo dal sito www.israele.net - diretto da Marco Paganoni - un'analisi di Moshe Philips di jns.org dal titolo "Perché l’archeologia rappresenta un grosso problema per l’antisionismo palestinese".

Moshe Philips
Monte del Tempio - Wikipedia
Nella zona del Monte del Tempio a Gerusalemme è stato rinvenuto di recente un sigillo in pietra di 2.700 anni fa con incisa in caratteri paleo-ebraici la scritta “LeYeho’ezer ben Hosh’ayahu”, cioè: Per Yeho’ezer figlio di Hosh’ayahu. Nessuna traccia palestinese!

A fine agosto gli archeologi israeliani hanno trovato a Gerusalemme, vicino al Monte del Tempio, un sigillo di pietra risalente a 2.700 anni fa. E’ un oggettino di soli pochi centimetri di diametro, eppure è una cosa grossa per il sionismo. E un altro duro colpo all’antisionismo su cui si basa la causa araba palestinese. La scoperta sottolinea l’importanza dell’incessante lavoro svolto dagli archeologi che da anni setacciano tonnellate di detriti scaricati fuori dalle mura di Gerusalemme dalle autorità islamiche, quelle che controllano la spianata delle moschee sul Monte del Tempio. Quei detriti provengono da lavori di ristrutturazione intrapresi dai funzionari islamici sulla spianata del Monte del Tempio, il luogo più sacro dell’ebraismo. In totale spregio della sacralità del sito, e del suo inestimabile valore archeologico, le autorità islamiche hanno buttato letteralmente nella spazzatura tonnellate di materiale asportato durante i lavori di ristrutturazione. Spesso si discetta dello “status quo” sul Monte del Tempio, con rappresentanti di governo e opinionisti furibondi che trattano lo “status quo” come se fosse intoccabile. La questione archeologica è l’aspetto mai discusso dello “status quo” sul Monte del Tempio. I funzionari islamici hanno ampiamente sfruttato lo status privilegiato che conferisce loro lo “status quo” per seppellire, letteralmente, le voluminose testimonianze delle radici ebraiche del sito. Sogillo in pietra di 2.700 anni fa con incisa in caratteri paleo-ebraici la scritta “LeYeho’ezer ben Hosh’ayahu”, cioè: Per Yeho’ezer figlio di Hosh’ayahu Perché le autorità islamiche vogliono nascondere i detriti dei loro lavori di ristrutturazione? Perché gli archeologi israeliani che passano al setaccio quei detriti scartati trovano continuamente pezzi del passato che riconfermano i millenni di storia ebraica in Terra Santa. Il lavoro del progetto è iniziato nel 2005 sotto gli auspici dell’Università Bar-Ilan e le scoperte non fanno che confermare che il legame arabo con il sito e il paese è recente e debole. Il sigillo di pietra appena scoperto non presenta nessuna iscrizione che faccia riferimento alla “Palestina”. Non fa riferimento a nessuna festività autoctona araba palestinese, né riporta alcun simbolo antico arabo palestinese, perché non esiste nulla di tutto questo. La scrittura sul sigillo è ebraica, non araba. Il nome scritto su di esso – Yeho’ezer ben Hoshayahu – è un nome ebraico, non un nome arabo o musulmano. Il sigillo di pietra nera è stato trovato vicino al muro meridionale del Monte del Tempio e il nome che reca è molto simile al nome di uno dei guerrieri di re Davide menzionati nella Torah. Non è simile al nome di un guerriero di qualche re “arabo palestinese”, che non è mai esistito. È anche molto simile a un nome ebraico menzionato nel libro biblico di Geremia. Non è simile a nessun nome menzionato nel Corano. In effetti, la stessa città di Gerusalemme non è menzionata nel Corano. Non è affascinante? Nonostante tutti i luoghi comuni che si sentono ripetere su Gerusalemme come la “città delle tre fedi monoteiste”, in realtà Gerusalemme non compare nemmeno una volta nel Corano. Filip Vukosavovic, dell’Israel Antiquities Authority, spiega che il sigillo da poco scoperto, che risale circa al 700 a.e.v., era utilizzato da qualcuno che “ricopriva una posizione di rilievo nell’amministrazione del Regno di Giuda”. Si prenda nota: Regno di Giuda, non Regno di Palestina. Solo 1.400 anni dopo la creazione di quel sigillo, nel VII secolo e.v., i musulmani della penisola arabica invasero e occuparono la Terra di Israele. Gli occupanti musulmani non chiamavano il paese “Palestina”. Complessivamente, gli archeologi del Temple Mount Sifting Project (Progetto di Setacciamento del Monte del Tempio) hanno scoperto diverse migliaia di oggetti correlati al periodo biblico. E nessuno di quegli oggetti – nessuno – fa riferimento ai “palestinesi”. Non c’è da stupirsi che le autorità religiose islamiche trattino i detriti delle loro ristrutturazioni come spazzatura. Sanno che ogni palata di terra può svelare ulteriori prove che gli abitanti autoctoni di Gerusalemme e della Terra d’Israele sono gli ebrei. Altro che “colonialismo di insediamento”. I funzionari islamici sul Monte del Tempio vorrebbero nascondere il passato. Fortunatamente, però, gli archeologi di Israele sono venuti in soccorso, ovvero in soccorso della storia nazionale ebraica, e della vera storia di questa terra. Semplicemente adempiendo al nobile scopo scientifico dell’archeologia, riaffermano le profonde radici del popolo ebraico in Terra d’Israele.

(Da: jns.org, israele.net, 3.9.24)

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