Il bilancio tombale della sinistra: 10 sconfitte su 11 Editoriale di Daniele Capezzone
Testata: Libero Data: 30 ottobre 2024 Pagina: 1 Autore: Daniele Capezzone Titolo: «Il bilancio tombale della sinistra: 10 sconfitte su 11»
Riprendiamo da LIBERO di oggi 30/10/2024, a pag. 1, con il titolo "Il bilancio tombale della sinistra: 10 sconfitte su 11", l'editoriale di Daniele Capezzone.
Daniele Capezzone
I numeri sono testardi e soprattutto posseggono un’eloquenza che non ammette repliche. Da quando il centrodestra ha vinto il voto politico del 2022, si sono tenute in Italia ben undici elezioni regionali o di province autonome: e in dieci casi ha nuovamente vinto l’alleanza formata da Fdi-Lega-Fi (Sicilia, Lazio, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Molise, provincia di Trento, Abruzzo, Basilicata, Piemonte, Liguria), mentre soltanto in un caso si è affermato il centrosinistra (la Sardegna nella scorsa primavera, come si ricorderà).
Il parziale, obiettivamente impressionante, è dunque di 10-1 a favore del centrodestra, che diventa addirittura di 11-1 se consideriamo l’altra competizione regionale che ha preceduto il voto politico (la Calabria, dove si votò nel 2021).
Non occorre un sofisticato esercizio di politologia per ricavare da questa univoca sequenza di dati almeno tre conseguenze logiche.
La prima. Esiste una evidente sintonia tra il centrodestra e una significativa maggioranza degli elettori. I quali (e fanno benissimo) vorrebbero di più dalla coalizione di governo, specie rispetto al trattamento economico e fiscale del ceto medio. Ma comunque non fanno mancare il proprio supporto elettorale. E questa tendenza dura ormai da anni, e continua anche mentre siamo arrivati quasi a metà legislatura: teoricamente il momento più delicato per un governo e una maggioranza, e – semmai – la fase più favorevole per un’opposizione che fosse minimamente in salute.
La seconda. La sinistra sa solo perdere: al Nord, al Centro, al Sud, con o senza i mitici centristi.
Tennisticamente parlando, i compagni perdono dappertutto: sull’erba, sul cemento e sulla terra rossa, giocando a rete oppure a fondo campo. Se ci fosse un po’ di lucidità, da quelle parti, comincerebbero a interrogarsi sulla sensazione inequivocabile che i giallorossi trasmettono agli elettori: quella di un’ammucchiata unita solo da elementi negativi e di contestazione, ma priva di una pars construens, di uno straccio di programma condiviso, di una prospettiva comprensibile.
La terza. Il modo di ragionare di politici e commentatori di sinistra è ormai involontariamente comico. Per un verso, perdono. Per altro verso, tentano di enfatizzare vittorie inesistenti (si pensi alla ridicola esultanza di queste ore per il Pd primo partito in Liguria, una ben magra consolazione). Per altro verso ancora, colpevolizzano gli elettori se non votano o se votano “male”.
DOPPIOPESISMO
Morale. Quando vota a sinistra, il popolo è descritto come saggio-democratico-antifascista: con il sottofondo di La storia siamo noi si può sperare in un “nuovo inizio”, anzi in un fresh start, perché yes we can. Se invece vota a destra o si astiene, il popolo viene immediatamente retrocesso a una torma di facinorosi sdentati, di “tifosi”, neanche a dirlo a rischio di populismo-razzismo-fascismo.
Verrebbe da ridere dinanzi a tanta presunzione di superiorità, e anche – peggio ancora – davanti a un simile tradimento della missione stessa della sinistra, che dovrebbe essere quella – a qualunque latitudine – di ascoltare gli ultimi e i penultimi, di comprenderne e interpretarne le ansie, di offrire a quelle richieste uno sbocco politico. E invece no: si preferisce giudicare e disprezzare il popolo.
Da questo punto di vista, mettiamoci nei panni di un elettore normale, quando torna a casa alla sera dopo una giornata di lavoro, alle prese con le preoccupazioni economiche e uno standard di vita che sente a rischio anche se – fortunatamente – ha ancora un lavoro. Ecco, accende la tv e trova i migliori cervelli della sinistra politica ed editoriale che, puntandogli il dito contro, lo trattano da analfabeta funzionale se non vota per loro, da razzista se vuole una qualche regolamentazione dell’immigrazione, da fascista se si distacca dai precetti etico-politici di quella élite progressista. Non serve un genio per capire come si comporterà quell’elettore: non solo confermerà e radicalizzerà le sue convinzioni politiche, ma accumulerà una motivatissima scorta di disprezzo verso quei politici e quegli opinionisti che l’hanno trattato così male, l’hanno offeso, l’hanno umiliato. È tanto difficile capirlo?
Per i cervelloni della sinistra parrebbe di sì.
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