Poliziotti razzisti, l’accusa insensata dell’Arcigay Contestazione a Mattarella
Testata: Libero Data: 24 ottobre 2024 Pagina: 4 Autore: A.V. Titolo: «L'Arcigay contro il Colle: 'Poliziotti razzisti'»
Riprendiamo da LIBERO di oggi 24/10/2024, a pag. 4, la cronaca dal titolo "L'Arcigay contro il Colle: 'Poliziotti razzisti'".
Con tatto, con rispetto, certo, ma la presa di distanza c’è. L’Arcigay ce l’ha nientemeno che con il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Oggetto del contendere: la solidarietà espressa dal capo dello Stato alla nostra Polizia dopo gli attacchi dell’Ecri, una commissione interna al Consiglio d’Europa. Mattarella ha espresso «stupore» per le affermazioni contenute in quel rapporto, ribadendo «stima e vicinanza» alla polizia. E qui entra in gioco Gabriele Piazzoni, il segretario generale di Arcigay, che non fa nulla per nascondere di non essere d’accordo con il Quirinale: «Spiace per il Capo dello Stato, il presidente Mattarella, che con incomprensibile stupore ha reagito ai rilievi mossi dalla Commissione contro il razzismo e l’intolleranza istituita dal Consiglio d’Europa. Noi invece quei fatti li abbiamo sempre denunciati, oggi perciò non ci stupiamo». Spiega Piazzoni: «Nel concreto dello stupore del Presidente, ricordiamo il pestaggio lo scorso anno di una persone transessuale a Milano, da parte degli agenti della polizia locale, tanto per citare il caso più clamoroso, che ha occupato per giorni le cronache e che traccia i contorni di una vera e propria violenza di Stato. Non solo: il Consiglio d’Europa, nel rapporto della Commissione, dice molte altre cose importanti: ad esempio, raccomanda che tutti i programmi scolastici obbligatori a tutti i livelli di istruzione includano le questioni relative all’uguaglianza Lgbti. Che è esattamente il contrario di quanto sostiene la risoluzione Sasso, approvata dalla Commissione Cultura del Parlamento». L’elenco dei rilievi alle posizioni di Mattarella è lungo. C’è, infatti, anche il tema dell’«identità di genere», sul quale il rapporto «raccomanda di garantire che il processo di riconoscimento giuridico del genere sia rapido, trasparente e accessibile e che non sia subordinato a requisiti scorretti, come procedure mediche e/o diagnosi di salute mentale. Anche in questo caso è evidente che l’Italia va in direzione opposta. Vogliamo stupirci se l’Europa ci bacchetta e ci richiama al pieno riconoscimento dei diritti umani e civili? No, noi non ci stupiamo, anzi ci arrabbiamo davanti allo stupore, perché tradisce la voglia di nascondere montagne di politica tossica sotto il tappeto». Conclusione: altro che «stupore», di quei temi «dobbiamo continuare a parlare, anche per valorizzare il lavoro di chi opera nelle istituzioni e nelle forze dell’ordine con correttezza e lealtà, e si trova a dover condividere oggi la stigmatizzazione delle istituzioni europee».
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