Il diario di Navalny: ucciso da Putin, non 'deceduto' Estratto dal diario di Aleksej Navalny
Testata: La Repubblica Data: 13 ottobre 2024 Pagina: 12 Autore: Aleksej Navalny Titolo: «Il diario di Navalny»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 13/10/2024, a pag. 12, con il titolo "Il diario di Navalny", un estratto dal diario di Aleksej Navalny.
17 gennaio 2022
Esattamente un anno fa sono tornato a casa, in Russia. Non ho potuto fare un solo passo da uomo libero sul suolo del mio Paese: mi hanno arrestato prima ancora dei controlli di frontiera. Il protagonista di uno dei miei libri preferiti,Resurrezione di Lev Tolstoj, dice: «Sì, attualmente l’unico posto che si convenga a un uomo onesto in Russia è la prigione!». Suona bene, ma era sbagliato allora ed è ancora più sbagliato oggi. Ci sono un sacco di persone oneste in Russia: decine di milioni. Le autorità, però, che erano ripugnanti allora e oggi ancora di più, non temono le persone oneste, ma quelle che non hanno paura di loro. Anzi, quelle che potrebbero avere paura, ma la superano. […] In ogni periodo, l’essenza della politica è stata che uno zar da quattro soldi che vuole arrogarsi il diritto di esercitare un potere personale arbitrario ha bisogno di intimidire le persone oneste che non lo temono. E queste, a loro volta, hanno bisogno di convincere tutti attorno a loro che non dovrebbero avere paura, che le persone oneste superano in modo esponenziale i meschini scagnozzi dello zar. Perché vivere per tutta la vita nella paura, e nel frattempo farsi derubare, se tutto potrebbe andare in modo diverso e più giusto? [...] Dopo aver passato il mio primo anno in carcere, voglio dire a tutti la stessa, identica cosa che ho gridato alle persone radunate davanti al tribunale quando le guardie mi stavano portando al cellulare. Non abbiate paura di nulla. Questo è il nostro Paese ed è l’unico che abbiamo. L’unica cosa di cui dovremmo avere paura è di cedere la nostra madrepatria al saccheggio di una banda di bugiardi, ladri e ipocriti. Di cedere senza lottare, di buon grado, il nostro stesso futuro e il futuro dei nostri figli.
22 marzo 2022
Nove anni di regime restrittivo. Oggi è stato annunciato il nuovo verdetto. […] Comunque la si guardi, nove anni, soprattutto in condizioni «restrittive», sono una pena lunghissima. In Russia la condanna media per omicidio è di sette anni. […] Sapevo fin dall’inizio che sarei rimasto dentro a vita, o per il resto della mia o per il resto di quella del regime. I regimi come questo sono resistenti, e la cosa più folle che potrei fare è dare ascolto alle persone che dicono: «Ljoš, certo, il regime durerà almeno un altro anno, ma l’anno dopo, massimo due, crollerà e tu sarai un uomo libero». O cose su questa falsariga. Me lo scrivono spesso. L’Unione Sovietica è durata 70 anni. I regimi repressivi in Corea del Nord e a Cuba sopravvivono tuttora. Il regime cinese non dà segni di cedimento. La verità è che sottovalutiamo la resilienza delle autocrazie nel mondo moderno. Con rare, rarissime eccezioni, sono protette dall’invasione esterna dall’Onu, dal diritto internazionale, dai diritti di sovranità. La Russia, che al momento sta combattendo una classica guerradi aggressione contro l’Ucraina (che ha aumentato di dieci volte le predizioni sull’imminente crollo del regime), è ulteriormente protetta in qualità di membro del Consiglio di Sicurezza dell’Onu e dalle sue armi nucleari. [...] Avevo bisogno di regolare il mio pensiero in modo che, quando avessero esteso la mia pena, mi sarei sentito ancor più sicuro di aver fatto la cosa giusta quando mi sono imbarcato sull’aereo per tornare a Mosca. Ecco le tecniche che ho elaborato. La prima si trova spesso nei manuali di auto-aiuto: immagina la cosa peggiore che potrebbe accadere e accettala. […] Io passerò il resto della mia vita in prigione e morirò qui. Non ci sarà nemmeno qualcuno a cui dire addio. Oppure, mentre io sono ancora in carcere, le persone che conosco fuori moriranno e io non riuscirò a dir loro addio. Mi perderò i diplomi e le lauree. I tocchi verranno lanciati in aria in mia assenza. Tutti i compleanni verranno festeggiati senza di me. Non conoscerò mai i miei nipoti. Non sarò il protagonista di nessuna storiella famigliare. Mancherò da tutte le foto. […] E se succedesse davvero? Capitano cose peggiori. Ho 45 anni. Ho una famiglia, dei figli. Ho avuto una vita da vivere, ho lavorato a cose interessanti, fatto cose utili. Ma adesso c’è una guerra in corso. [...] In questo stesso momento, civili morti giacciono sulle strade di Mariupol, i corpi divorati dai cani, e molti di loro saranno fortunati se finiranno in una fossa comune, senza che ne abbiano alcuna colpa. Io ho fatto le mie scelte, ma queste persone stavano solo vivendo le loro vite. Avevano un lavoro. Mantenevano la famiglia. Poi, una sera come un’altra, un delirio livoroso alla tv: il presidente di un Paese confinante annuncia che siete tutti “nazisti” e dovete morire perché l’Ucraina è stata inventata da Lenin. Il giorno dopo una granata entra dalla finestra e non hai più una moglie, un marito o dei figli… e magari nemmeno tu sei sopravvissuto. E quanti carcerati innocenti ci sono! Se tu sei seduto c ol tuo sacco di lettere, altri detenuti non hanno mai ricevuto una lettera. Alcuni di loro si ammaleranno e moriranno nell’ospedale del carcere. Soli. Dunque anche il peggior scenario immaginabile in realtà non è così malvagio. Mi sono rassegnato e l’ho accettato.
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