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La Repubblica Rassegna Stampa
11.10.2024 Usa: Un uragano sulle elezioni
Editoriale di Maurizio Molinari

Testata: La Repubblica
Data: 11 ottobre 2024
Pagina: 25
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Un uragano sulle elezioni»

Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 11/10/2024, a pag. 25, con il titolo "Un uragano sulle elezioni", l'editoriale di Maurizio Molinari.

Molinari: “Le sorti dell'Italia sono decisive per quelle dell'Europa” -  Mosaico
Maurizio Molinari

Florida allagata e devastata dopo il passaggio dell'uragano. La tempesta si rifletterà sulla scelta degli elettori nelle prossime elezioni presidenziali. Harris e Trump sono statisticamente pari, sul filo del rasoio.

L’incertezza assoluta sulla sfida fra la vicepresidente uscente Kamala Harris e l’ex presidente Donald Trump è descritta dai sondaggi che li danno in parità statistica nei sette Stati in bilico — Arizona, Nevada, North Carolina, Georgia, Pennsylvania, Michigan e Wisconsin — e ciò significa che la Casa Bianca può dipendere da poche decine di migliaia di voti in una dozzina di contee disseminate fra gli Appalachi, i Grandi Laghi ed il Gran Canyon. Ovvero, ogni previsione è azzardata. Anche perché in alcuni Stati si sta già votando e in Georgia, Michigan, North Carolina e Nevada si inizierà a farlo dalla prossima settimana.

Come assicura E.J. Dionne delWashington Post, veterano delle campagne presidenziali, ci sono ben pochi precedenti di un match a tal punto imprevedibile da rendere futile ogni sondaggio. Ecco perché ogni piccolo o grande evento che avviene nel mese precedente all’Election Day può trasformarsi nella decisiva “sorpresa d’ottobre”.

Ed in una nazione che crede nelle metriche ed interpreta il presente sulla base dei precedenti, gli uragani sono conosciuti per essere spesso determinanti per la sorte di elezioni e presidenti. Il declino di popolarità di George W. Bush iniziò nel 2005 quando reagì tardi e male a Katrina che aveva sommerso New Orleans, arrivando a fare i complimenti al capo della Fema (Federal Emergency Management Agency, la Protezione civile) che divenne nell’arco di poche settimane il simbolo di tutto ciò che non aveva funzionato. E nel 1992 il padre, George H. W. Bush, gestì l’impatto del devastante Andrew in maniera talmente disorganizzata da essere ricordato come determinante per la sconfitta che subì da parte dell’allora governatore dell’Arkansas, Bill Clinton. Nel 2012 invece la “super-tempesta” Sandy giocò a favore della rielezione di Barack Obama perché — memore degli errori di Bush su Katrina — reagì in maniera a tal punto rapida, efficace e bipartisan alle devastazioni naturali da oscurare lo sfidante repubblicano Mitt Romney. Ed a ben vedere anche nel 2008 fu un uragano — Gustav — ad aiutare Obama perché il rivale repubblicano John McCain tentò di sfruttare l’emergenza per rivoluzionare all’ultima ora la Convention di Saint Paul, in Minnesota, immaginando che sitrattasse di un altro Katrina. Ma fu una scelta sbagliata perché l’impatto di Gustav si rivelò assai minore ed alla fine gli americani votarono con in mente la crisi finanziaria.

Nulla da sorprendersi dunque se Trump e Harris stanno facendo di tutto per trasformare l’impatto dei grandi uragani Milton ed Helene — anche se il totale complessivo arriva a 13 — nel fattore decisivo per mettere ko l’avversario. Trump gioca in maniera spregiudicata su due piani: da una parte martella con comizi e social network sulla Fema accusandola di ogni sorta di ritardi ed inefficienze nei soccorsi per contrapporla alle sofferenze degli abitanti degli Stati colpiti — non solo Florida ma anche North Carolina e Georgia — con una narrativa che esalta la difesa del territorio da parte dei rispettivi governatori, che sono tutti repubblicani; dall’altra diffonde, con ogni possibile mezzo ed alleato politico, una valanga di falsità sugli aiuti carenti ai civili colpiti, arrivando perfino a sostenere, con la deputata repubblicana Marjorie Taylor Greene, che il governo federale sarebbe in grado di «controllare il meteo». È una strategia di comunicazione che punta ad aggredire la Casa Bianca — Biden e anche Harris — con una miscela di motivazioni politiche ed irrazionali per demolirne la credibilità davanti agli elettori meno istruiti e più ai margini della vita pubblica, per ottenere in tempi stretti quell’“effetto Katrina” che travolse George W. Bush perché lo fece apparire incompetente.

La risposta di Biden è stata di liquidare come «ridicole» e «non americane» le bugie di Trump sugli uragani, dedicando piuttosto tempo e risorse alla collaborazione con i governatori degli Stati più colpiti, dove Harris si è recata in visita interrompendo la campagna elettorale. Anche perché per proteggere le popolazioni investite dagli uragani ciò che serve di più è la veloce ed efficace collaborazione sul territorio delle autorità locali e statali con la Fema, grazie al forte impulso — ed ai fondi — della Casa Bianca. Per Biden e Harris ciò che invece Trump sta facendo è, come spiegano i portavoce, «mentire sull’uragano come fa sempre su tutto» perché la sua finalità «non è risolvere i problemi» ma «giocare con la politica per ottenere ciò che serve solo a lui, e non certo agli altri».

Saranno le prossime settimane a dirci se a prevalere nel giudizio sulla “politica degli uragani” sarà per gli americani la razionalità di Biden e Harris oppure l’aggressività di Trump. Comunque vada, è possibile già dedurre che Milton ed Helene si sono guadagnati un ruolo da protagonisti nella sfida per assegnare la Casa Bianca.

 

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