Il PD attacca i nazisti di ieri, non gli antisemiti di oggi Cronaca di Fausto Carioti
Testata: Libero Data: 30 settembre 2024 Pagina: 1/3 Autore: Fausto Carioti Titolo: «La sinistra condanna la strage del 1944 e non i nazisti di oggi»
Riprendiamo da LIBERO di oggi, 30/09/2024, a pag. 1/3 il commento di Fausto Carioti dal titolo “La sinistra condanna la strage del 1944 e non i nazisti di oggi”
Fausto Carioti
Ci sono giorni, come ieri, in cui è giusto voltarsi indietro, guardare ciò che è accaduto e riflettere.
Ottocento furono uccisi tra il 29 settembre e il 5 ottobre del 1944 dai nazisti a Marzabotto, Monzuno e Grizzana Morandi. Poco meno di duecento erano bambini, neanche i sacerdoti furono risparmiati. Sergio Mattarella, tornato nei luoghi dell’eccidio insieme al presidente tedesco Frank -Walter Steinmeier, ha ragione quando dice che «i fantasmi dell’orrore non hanno lasciato la Storia». E coglie il punto più importante quando ammonisce che «sbagliamo se pensiamo che il razzismo, l’antisemitismo, il nazionalismo aggressivo, la volontà di supremazia, siano di un passato che non ci appartiene».
Le prove di quanto ciò sia vero si trovano da molte parti, anche non lontano da lì. Alla manifestazione di Milano, sabato, sono apparsi cartelli con la scritta «Agente sionista», accanto ai volti di Liliana Segre, Guido Crosetto, Marco Carrai ed altri. E' il riscaldamento muscolare in vista di ciò che intendono fare il 5 ottobre a Roma, nel corteo vietato dal questore eppure confermato dagli antisionisti filo-palestinesi, che intendono festeggiare lì, due giorni in anticipo, l’anniversario di un’altra strage, quella compiuta un anno fa in Israele. Intanto il compagno chef Rubio, tra gli applausi, invita «chi non dorme la notte» a «selezionare dei muri dove sa che all’interno di quelle case abitano degli agenti sionisti» e marchiarli con la bomboletta spray. Magari disegnando una bella stella a sei punte, con «Palestina libera» al posto di «Juden raus». La comunità ebraica di Milano denuncia che «siamo a un passo dalla caccia all’ebreo» e vengono alzate ulteriormente le misure di sicurezza nel ghetto ebraico di Roma e in quello di Venezia, mentre i nostri 007 si preparano al rischio di attentati terroristici in prossimità del 7 ottobre.
L’errore, insomma, sarebbe illudersi che le uniche forme di razzismo e antisemitismo che oggi bisogna temere sono quelle di matrice nazista e fascista, e infatti Mattarella non ha detto nulla del genere. Altri che erano lì con lui, però, hanno questo problema. Per una parte della sinistra (non certo quella di Carrai) simili argomenti sono importanti se strumentali alla polemica politica e al tentativo di delegittimare degli avversari, ma non meritano sdegno quando a farsene campioni sono i frequentatori di quel coacervo al confine con la violenza extraparlamentare rossa nel quale spera di pescare voti.
E' il caso di Elly Schlein, andata a Marzabotto per lanciare l’ennesimo allarme contro «i nazionalismi», che nella sua ossessione significa i governi di destra dell’Unione europea, iniziando da quello italiano di Giorgia Meloni e quello ungherese di Viktor Orbán. La segretaria del Pd si è guardata bene da accennare a tutto ciò che sta accadendo attorno agli ebrei in Italia: le liste degli «agenti sionisti» e dei «complici dei sionisti» pubblicate dal nuovo Pci, il corteo dell’odio andato in scena a Milano e quello che i filo-palestinesi vogliono fare nella capitale (lei cosa ne pensa? Lo autorizzerebbe?).
Anche gli esponenti del Pd e i loro alleati intervenuti per commentare i fatti di Milano mostrano la stessa mentalità. La loro unica preoccupazione è difendere Liliana Segre: così Laura Boldrini («Nessuna solidarietà con la tragedia che sta vivendo il popolo palestinese può giustificare i disgustosi cartelli contro la senatrice Segre»), Dario Parrini («Suscitano profondo disgusto e grave preoccupazione i cartelli antisemiti contro Liliana Segre»), Angelo Bonelli («Liliana Segre è il simbolo della resistenza al nazifascismo, attaccarla è sbagliato e grave») e altri.
Prese di posizione obbligate per ragioni di appartenenza e convenienza, in favore di una persona che è giusto difendere, ma alla quale tengono perché bandiera dell’antifascismo e dell’antinazismo. Da loro nemmeno una parola, infatti, in difesa degli altri ritratti su quei cartelli: Crosetto, Carrai, Riccardo Pacifici e il resto degli «agenti sionisti» non meritano solidarietà.
Soprattutto, nelle loro parole nulla rivela preoccupazione per i pericoli che gli ebrei che non si chiamano Segre corrono oggi nel nostro Paese (chi ritiene la «caccia all’ebreo» un’esagerazione faccia una passeggiata indossando la kippah, magari all’interno di una di quelle università in cui la kefiah è indumento diffuso, e poi racconti l’esperienza).
Spinta all’eccesso, è la stessa trama che si ripete ogni anno il 27 gennaio, giorno della Memoria: tanta meritata attenzione per gli ebrei morti, consegnati dai fascisti ai nazisti e da questi uccisi nei campi di sterminio, nessuna solidarietà verso gli ebrei vivi, quelli che Hamas promette di cancellare «dal fiume al mare» e ai quali i suoi supporter italiani vogliono marchiare le case.
Sentimenti che in certi luoghi della sinistra hanno sempre abitato, ma che dopo il 7 ottobre e la reazione di Israele sono esibiti senza più imbarazzi. Come se i civili palestinesi e libanesi mandati da Hamas ed Hezbollah a morire sotto il fuoco di Israele fossero il pretesto atteso per legittimare quell’odio, rendendolo finalmente libero di mostrarsi al mondo.
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