Cambio di civiltà. L'ONU è complice Diario di guerra di Deborah Fait
Testata: Informazione Corretta Data: 24 settembre 2024 Pagina: 1 Autore: Deborah Fait Titolo: «Cambio di civiltà. L'ONU è complice»
Cambio di civiltà. L'ONU è complice Diario di guerra di Deborah Fait
Molte persone per bene si chiedono se il mondo è impazzito, se l’odio viscerale contro gli ebrei è una nuova forma di follia collettiva dopo gli anni bui che hanno visto l’Europa complice del parossismo nazista che ha portato fino ad Auschwitz e all’assassinio di un terzo degli ebrei d’Europa. Si pensava fosse abbastanza, che sarebbe finita là, con le ceneri delle vittime calpestate dai loro carnefici e i loro nomi urlati nei venti di Polonia. I sopravvissuti non hanno mai chiesto vendetta, si sono rialzati, e hanno camminato, in molti casi rincorsi ancora dall’odio eterno che non li voleva in nessun paese di quell’Europa vigliacca e cattiva. Hanno camminato fino a raggiungere le navi che li avrebbero portati verso la Terra Promessa, verso Erez Israel. Anche in questo caso inseguiti dagli inglesi che non volevano “infastidire” gli arabi e l’ideologia nazista dell’islam. Furono di nuovo rinchiusi in campi di concentramento a Cipro, dal 1946 al 1949. Si stima che questo obbrobrio consumato contro i sopravvissuti della Shoah, sia costato la vita per malattie a 2.200 bambini e a più di 400 adulti. Quando finalmente gli ebrei riuscirono ad arrivare nell’allora Palestina Mandataria dovettero vedersela con gli inglesi e con gli arabi e incominciarono a lottare. Ragazzini, donne, uomini lavorarono una terra ostile e arida difendendosi contemporaneamente dagli attacchi delle tribù arabe e dando generosamente lavoro a musulmani che arrivavano dalla Siria e da paesi arabi circostanti. Non potevano sapere come sarebbero stati ripagati. Quando l’ONU ( che non era la schifezza di oggi)votò quasi all’unanimità per la creazione dello stato di Israele e di uno stato per gli arabi (non palestinesi, arabi, perché i primi non erano ancora stati inventati da Arafat e dall’URSS), gli ebrei accettarono subito e gli arabi rifiutarono. Se avessero accettato non ci sarebbe stato nessun 7 Ottobre. Nessuna guerra. Invece sei ore dopo la votazione e la formazione del governo di Israele proclamato da David Ben Gurion, il 14 maggio 1948, 5 paesi arabi attaccarono per distruggere il paese e completare la Shoah nazista. Oggi, 76 anni dopo, gli stessi arabi e gli stessi occidentali che non si opposero alla Soluzione Finale degli ebrei, la reclamano urlando “dal fiume al mare” che significa la distruzione di Israele. Il 7 Ottobre, quando ci si preparava a festeggiare l’ultimo giorno di Sukkot, Sheminì Atzeret, dedicato i bambini, e pensavamo a tutto meno che alla guerra, orde di belve invasero il sud del paese e fecero scempio di tutti quei valori che dovrebbero distanziare il genere umano dalle belve. Alle stragi e agli stupri con macelleria, arti tagliati, teste staccate dai corpi ancora vivi a suon di badilate, bambini decapitati e poi bruciati nei fornetti di casa. A questo orrore parteciparono anche alcuni impiegati dell’URNWA, la oscena agenzia dell’Onu che si è occupata per decenni di rendere, con Hamas, i civili palestinesi simili a belve sanguinarie. Adesso l’ONU ha il coraggio indecente di chiedere l’immunità per i suoi 12 demoni asserendo che godono dell’immunità giudiziaria. Il 10% dei dipendenti URNWA è affiliata a Hamas o alla Jihad palestinese, un’agenzia ONU fatta dunque di delinquenti assassini antisemiti. La Israel National News scrive che il documento presentato a un tribunale statunitense recita: "Poiché l'ONU non ha revocato la loro immunità in questo caso, la sua organizzazione sussidiaria, l'UNRWA, continua a godere di un'immunità assoluta dai procedimenti giudiziari e la causa dovrebbe essere archiviata”. Ecco perché il mondo è impazzito e stiamo assistendo a un cambio di civiltà. Se un’organizzazione che era stata fondata per difendere gli esseri umani dalla barbarie, si è imbarbarita essa stessa, se il mondo inneggia ai carnefici e odia le vittime, non c’è più niente da salvare. Auguriamoci che la speranza che cantiamo nell’Inno nazionale di Israele, non ci abbandoni mai.