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Informazione Corretta Rassegna Stampa
17.09.2024 Dopo un anno è necessario un cambio di strategia
Commento di David Elber

Testata: Informazione Corretta
Data: 17 settembre 2024
Pagina: 1
Autore: David Elber
Titolo: «Dopo un anno è necessario un cambio di strategia»

Dopo un anno è necessario un cambio di strategia
Commento di David Elber 

Truppe israeliane a Gaza. La guerra ha quasi compiuto un anno. Serve urgentemente un cambio di strategia. Perchè finora non si vede un vero obiettivo militare risolutivo.

Ormai la guerra, scatenata dall’eccidio del 7 ottobre per opera dei palestinesi, si sta avvicinando al primo anniversario senza che si intravveda un vero obiettivo militare risolutivo. Quella attuale è la più lunga guerra che ha dovuto affrontare lo Stato di Israele dalla sua nascita.

Le divergenze, sulla condotta delle operazioni militari e sugli obiettivi della guerra, sono molto ampi sia tra i politici (non solo tra governo e opposizione ma tra gli stessi membri dell’esecutivo) che tra i vertici militari e all’interno degli apparati di intelligence. Il caso più eclatante che si trascina, ormai, da troppi mesi è l’enorme divergenza tra Netanyahu e il ministro della difesa Gallant (che dovrebbe essere sostituito al più presto per il bene del paese). Ma oltre a questo, non passa settimana nella quale, una dichiarazione di un membro dell’esecutivo, non venga smentita o respinta da un altro membro del consiglio di sicurezza o da un generale o da un membro dell’intelligence. Oltre a tutto questo, già di per sé molto imbarazzante, c’è il continuo stillicidio di manifestazioni per la liberazione degli ostaggi e per un accordo per il cessate il fuoco (che significa la capitolazione di Israele e la vittoria di Hamas). Queste continue manifestazioni sono sempre più apertamente delle richieste di dimissioni di Netanyahu e del suo governo, al pari delle manifestazioni che fino al 7 ottobre agitavano le piazze contro la proposta di legge per la riforma della giustizia. In pratica, l’opposizione vede in Netanyahu il vero nemico da abbattere e non Hamas, che di fatto è scomparso dagli slogan e al quale non è chiesto niente e ormai non è più colpevole di niente: se c’è ancora la guerra e se ci sono ancora 100 ostaggi a Gaza la colpa è unicamente di Netanyahu. Ma questa non è la cosa peggiore dopo un anno di guerra. La cosa più grave è la grande disarticolazione che esiste tra parte politica da un lato e la parte militare e di intelligence dall’altro. Questa enorme divergenza sulla condotta della guerra si traduce in una incertezza delle operazioni militari, oltre che, nella strategia complessiva sulle finalità della guerra stessa. A causa di ciò, Israele, da almeno 9 mesi si trova costantemente sulla difensiva rispetto agli attacchi iraniani portati avanti dai suoi alleati: Hezbollah in Libano, Houti in Yemen e Jihad Islamica e Hamas in Giudea e Samaria o condotti direttamente dall’Iran come il 14 aprile scorso. È l’Iran che detta i tempi della guerra, la sua intensità e i modi con i quali avvengono gli attacchi contro Israele. È anche vero che Israele è messo sotto pressione dagli “alleati” (gli USA in primis) che non vogliono un’escalation, ma come può continuare uno Stato piccolo come Israele a combattere una guerra d’attrito che non ha una fine? Giunti a questo punto si aprono due scenari: il primo vede la capitolazione dello Stato ebraico nella forma accomodante del cessate il fuoco; il secondo vede Israele finalmente prendere l’iniziativa della guerra dettandone i tempi e l’intensità sia nei confronti di Hezbollah che direttamente dell’Iran. Per prima cosa Israele deve lanciare un ultimatum al Libano: o smettono definitivamente i lanci di razzi che hanno causato decine di morti, centinaia di feriti e l’evacuazione di oltre 60.000 persone dalle loro case, o Israele inizierà le operazioni di terra per debellare, una volta per tutte, la presenza di Hezbollah dal sud del Libano come previsto dalla Risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza. Visto che UNIFIL in 18 anni non ha fatto nulla, spetta, legittimamente, ad Israele farlo e porre tutto il nord del paese in sicurezza. Questo che piaccia o no all’inviato/marionetta USA Amos Hoschstein (anche oggi in Israele per l’ennesima volta).

Se un’operazione militare in grande stile in Libano non dovesse portare ad una efficace deterrenza militare, Israele non deve avere paura a colpire direttamente l’Iran. L’Iran è un gigante (con i soldi fornitigli dall’amministrazione Biden) dai piedi di argilla. Cioé ha un apparato militare nettamente inferiore a quello di Israele. Questo lo si è visto in occasione dell’attacco del 14 aprile e del “non attacco” di agosto, minacciato ma mai portato avanti dopo l’eliminazione di Haniyeh a Teheran. In merito all’attacco iraniano del 14 aprile scorso, iniziano ad emergere i contorni reali di quanto accaduto quella notte. A differenza di quanto dichiarato a caldo da Israele e dai suoi “alleati” della coalizione (oltre il 90% dei missili e droni abbattuti), la realtà dei fatti, ci dice che ben oltre il 50% del totale dei missili e droni è caduto da solo ben distante da Israele senza l’intervento di nessuno. In pratica è stato un fallimento colossale iraniano che ha portato l’Iran a non ripetere l’operazione ad agosto per non palesare definitivamente la propria debolezza tecnologica. Per questa ragione, Israele deve rompere gli indugi (anche se gli USA si oppongono strenuamente) e prendere definitivamente l’azione: da difensiva ad offensiva per porre fine allo stillicidio di attacchi da numerosi fronti che l’Iran sta portando avanti da troppo tempo.


David Elber


takinut3@gmail.com

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